Oltre alla religione popolare, nel mondo pre-cristiano esisteva la religione “segreta” degli eletti. Plutarco parla del terrore degli iniziandi, confrontando la loro esperienza mistica con quella di coloro che si stanno preparando alla morte. Una particolare disciplina doveva accompagnare l’iniziando, uno stile di vita idoneo a sottoporre la sensualità al potere dello Spirito: si trattava di una forma di ascesi basata su pratiche che oggi la Scienza dello Spirito ad orientamento antroposofico ha metamorfosato sul piano dell’Io autocosciente.
Per colui che era stato in grado di trasmutare le sue sensazioni e i suoi sentimenti nei riguardi della realtà, quest’ultima perdeva la sua solidità, il suo assoluto valore con le sue unilaterali certezze. Il mondo dello Spirito cominciava ad animare tale spazio. Chiunque arrivava a una conoscenza mistica, finiva per realizzare, prima o poi, tale condizione.
«Giungerà a un punto dove lo Spirito gli dirà che per lui ogni vita è morte. A quel punto egli non si trova piú nel mondo: è al di sotto del mondo, è agli inferi. Sta compiendo il viaggio agli inferi, all’Ade. Buon per lui, se a quel punto non annega, se gli si schiude un mondo nuovo. O soccombe, o si ritrova come rinnovato. In questo caso, gli stanno davanti un nuovo Sole, una nuova Terra. Dal fuoco spirituale il mondo intero è rinato per lui» (R. Steiner, Il Cristianesimo quale fatto mistico – O.O. N° 8).
Menippo di Gadara, filosofo greco della scuola cinica, affermava che nelle sue peregrinazioni mistiche nuotò attraverso la grande acqua, e attraverso il fuoco e i ghiacci. Gli iniziandi erano terrorizzati, testimonia Menippo, da una spada sguainata: «…era corso del sangue…». Parole come queste indicano la trasformazione della conoscenza sensibile in visione mistica. Tutto quanto era prima sperimentato vivente, era stato ucciso. Come una spada trafigge il corpo caldo, cosí lo Spirito aveva trafitto la vita dei sensi, si vedeva finalmente scorrere il sangue della sensualità inferiore. Solo a questo punto, gli Iniziati si sentivano autorizzati a parlare dell’immortalità, potendo dire a se medesimi: ho scoperto in me un Io superiore, il quale oltrepassa i limiti del divenire materiale.
Quell’Io superiore ha creato dall’eternità e in eterno continuerà a creare, in quanto le forze naturali e l’elemento divino primordiale che operano nella natura, operano anche nell’iniziato, producendo in lui idee e concetti delle entità divine. In termini tecnici mistici, l’iniziando concepiva Dio come amore: lo Spirito si è dileguato nella molteplicità delle cose della natura. Il Padre rimane stabile e immobile nel Mondo Spirituale, ma nell’uomo è nato dalla propria anima il Figlio.
L’immobilità metafisica si faceva ondata creatrice sul piano macrocosmico, su quello microcosmico umano la conoscenza mistica è un processo reale nel divenire universale, è la nascita di un rampollo di Dio: «Soltanto il rampollo di Dio viene concepito ad opera dell’eterno, occulto Dio-padre» (op.cit.).
La stessa sapienza filosofica greca poggiava sopra un fondamento originario con la conoscenza mistica. Si possono comprendere i grandi filosofi greci solamente se ci si accosta a loro con i sentimenti ricavati alla luce dell’idea dei Misteri. Rudolf Steiner ha sempre, sia negli scritti sia nelle conferenze, accordato una grande considerazione al pensiero di Eraclito da Efeso.
È ben percepibile un’autentica devozione di Rudolf Steiner verso il filosofo greco. I pensieri di Eraclito «sono un impervio sentiero», chi si accosta ad essi senza l’Iniziazione non vi trova che «buio e tenebra», mentre sono «piú luminosi del sole» per chi vi venga introdotto da un Iniziato.
Il fatto che Eraclito abbia deposto il suo libro nel tempio di Artemide non significa altro che egli non può essere compreso che dagli Iniziati. Eraclito ci si presenta come una personalità dotata della massima serietà di vita; egli portava in sé un intimo sapere, attraverso la parola non esprimeva completamente la sua saggezza, vi accennava solamente.
Dal fondamento di tale atteggiamento scaturí il celebre detto: «Tutto scorre», con il quale si indica l’essenza dell’effimero e si estende tale caratteristica anche all’uomo: «Vita e morte sono la stessa cosa, e lo stesso sono veglia e sonno, giovinezza e vecchiaia: i primi, mutandosi, divengono il contrario, e i secondi a loro volta ridiventano i primi…Vita e morte sono presenti nel nostro vivere come nel nostro morire». Il morire è una morte che apre il sentiero di una nuova vita, ma nella nuova vita vive l’eterno, come in quella che l’ha preceduta. L’elemento essenziale d’eterno si manifesta sia nel vivere effimero che nel morire.
Per Eraclito, Dioniso, il dio della gioia di vivere, del germinare e del crescere, in onore del quale si celebravano le feste dionisiache, era identico all’Ade, il dio della distruzione, dell’annientamento.
Può osservare nella veridica luce i difetti e i pregi dell’esistenza soltanto chi scorge la morte nella vita e la vita nella morte, e in entrambe l’eterno, sovrano sulla vita e sulla morte. La colpa primordiale dell’uomo è di rimanere avvinghiato, con la sua conoscenza, a ciò che è effimero e caduco. In tal modo egli si allontana dall’eterno.
Proprio su questo piano Eraclito è frainteso.
Egli afferma che la lotta è madre delle cose, ma appunto delle “cose”, non dell’eterno. Se nel mondo non vi fossero lotte e antagonismi, non esisterebbe il Divenire: «In quei contrasti non si manifesta però la guerra ma l’armonia». Proprio perché in ogni cosa si trova la guerra, lo Spirito del saggio deve scorrere sopra tutte le cose come un fuoco distruttore che dissolve i pensieri nati dall’effimero e restaura l’armonia.
L’uomo è un miscuglio di elementi eterni ed effimeri, per lui stesso lo Spirito nasce dal contrasto degli elementi, ma deve anche placare gli elementi nella loro caotica contrapposizione. Nella concezione del mondo eraclitea, dalla guerra nascono mondi e universi. Come nel campo dell’elettricità è necessaria l’elettricità positiva e negativa, cosí, affinché il mondo sia possibile, è necessario l’antagonismo spirituale, è necessario che gli spiriti si contrappongono gli uni agli altri. «Là diventa vera la parola di Eraclito che non soltanto l’amore ma anche la lotta costruisce l’universo» (R. Steiner, Cristo e l’anima umana, O.O. N°155).
Eraclito definisce il mondo dell’eterno un giuoco, ed il giuoco dell’eterno consente all’uomo di conservare la sua sicurezza di vita che è sempre sul punto di essergli sottratta dalla serietà delle cose effimere. Dice Eraclito che «il nostro mondo, che è lo stesso per tutti, fu sempre, è e sarà fuoco eternamente vivo»: fuoco eternamente vivo, Logos solare cosmico, che avanza senza combattere. Anche nella guerr a piú furiosa e distruttrice è missione dell’Uomo risvegliare il Logos ordinatore in essa apparentemente sopito.
Ivan Stadera (2. continua)