La Civiltà d'Amore

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La Civiltà d'Amore

Giacomo Balla «Pessimismo e ottimismo»

È un gran sollievo per i pessimisti

sapere che maestri di pensiero,

psicologi e buonisti di ogni calibro,

come Julie Norem del prestigioso

Wellesley College, USA, hanno capito

che pensare in maniera positiva

ha prodotto negli anni guasti seri

al vivere dell’uomo in società.

Si campa meglio, dicono gli esperti,

con una buona dose di cinismo,

invece di vedere tutto rosa

e il prossimo un consesso di filantropi

propensi a farti posto senza chiederlo:

un’utopia che celebra l’umano

libero da interessi di bottega,

dai cliché di teorie venute al pettine

degli ordini di lobby e scuderie,

della trita realtà che non concede

sconti ed abbuoni a chicchessia, se non

a chi può ripagarti a breve termine.

Non essendo però di legno, l’uomo

può darsi in sacrificio oltre misura

di calcolo sociale o di natura.

Questo lo rende libero di offrirsi

non per ottuso eccesso di buonismo,

a dispetto di calcolo e cinismo,

ma per imperativo di coscienza.

E fa la Civiltà d’Amore, senza

i decaloghi, i codici e i decreti

se non quelli del cuore, confutando

logaritmi, parametri e teorie

di professori ottusi, quelli che

negli algoritmi della convenienza

trovano soluzioni rabberciate,

occlusi alle profferte dello Spirito,

che ha una sola morale: libertà

scevra d’ogni interesse personale,

archetipo di vera umanità.

 

Il cronista