Munito di righello e mascherina,
entra in classe e misura con perizia
l’area scolare di sua pertinenza:
non piú merende da rubare, scherzi
col gavettone e sorcio nel giubotto.
Lo studente perfetto colma il calco
di un’Italia guardinga, sulle sue,
guai a elargire troppa confidenza:
una parola è poco e due son troppo.
Anche se fatiscente è la struttura
dell’Istituto, forte è la cultura
che impregna da decenni l’aula e il plesso
della scuola ove effusero sapere
il premio Nobel Dario Monticelli
genio dell’algoritmo, e Sonia Bach,
un’eccellenza dell’astrogeofisica.
Non piú contatti fisici, meline
in palestra, ma zone di rispetto
fisseranno dove può sostare
e dove agire senza provocare
l’altrui fastidio e il risentito oltraggio.
Lui va a scuola perciò non per il fare
o l’imparare come stare al mondo,
ma soprattutto per mandare a fondo
ogni creatività, l’arte del bello,
come dal nulla ricavare forme.
Gli è vietato cantare, a solo o in coro,
recitare commedie, farse e drammi.
La scuola forgerà menti piallate,
anime senza luce dello Spirito,
per un Paese che le cose belle
le imparerà sui banchi con rotelle.
Il cronista