Strano: fra tanti, sul proscenio dei media, nessun esperto lessicale pandemico, e sí che ne abbiamo subiti di ogni congrega, ha pensato di declinare il detto in senso trascendente e non immanente.
Il lockdown ha chiuso ogni attività umana, dalla guida dei treni alle lezioni di restauro di codici miniati. L’espressione è stata coniata dal deep state, ossia dai padroni del mondo, che hanno operato una persuasione occulta, trasferendo le responsabilità del fallimento della civiltà materialista, determinista, relativista e atea a quelle di una pandemia inarrestabile, giunta da terre lontane a invadere l’intero pianeta, e lavandosene cosí le mani, sanificandole con le misture antibatteriche e gratificandosi con l’autocompiacimento produttivo.
Per fare avanzare il SUV della civiltà dei consumi, i responsabili degli ingranaggi motori devono commettere a volte giochi di frode perché l’insieme sventoli gagliardetti e bandiere sui castelli di sabbia innalzati dove frangono gli oceani malfidi della ricchezza cibernetica. Facili vittorie inorgogliscono i funamboli delle tre carte, che riescono a incantare gli sprovveduti finché non aprono gli occhi e la mente. Si tratta di esseri malvagi, che usano il loro potere per provocare una distruzione che esalta il loro delirio di onnipotenza.
«Uomini malvagi devono fare il male per odio contro i malvagi. Essi considerano malvage tutte le cose, e dunque la loro tendenza distruttiva è molto naturale – poiché, cosí come il bene è l’elemento che mantiene in vita, il male è l’elemento distruttivo. Quest’ultimo, alla fine si logora da sé e si contraddice persino nel concetto, mentre il bene al contrario conferma se stesso e sussiste e perdura in se stesso. I malvagi devono agire in maniera malvagia contro la loro volontà, e al tempo stesso con l’aiuto della loro volontà. Essi sentono che ogni colpo che infliggono ferisce loro stessi, e tuttavia non possono fare a meno di colpire. La malvagità non è altro che una malattia dell’animo, che ha la propria sede nella ragione, e per questo è da risanare in maniera cosí ostinata, e solo mediante un miracolo» (Novalis, Frammenti di Teplitzer).
Vige l’eterno dilemma se il male determini il destino del creato e come si ponga l’uomo in tale azione, in che modo l’uomo venga poi determinato egli stesso dal Male, mediante la seduzione materica. Riguardo al Male, scrive ancora Novalis: «Quanto piú è oggetto, tanto maggiore è l’amore per esso; a un oggetto assoluto va incontro l’amore assoluto. …Nella nostra epoca si considera saggezza la tendenza a uccidere ogni cosa, a degradare ciò che è elevato, anziché elevare ciò che è inferiore, e persino a piegare lo Spirito dell’uomo alle leggi del meccanicismo» (op.cit.).
Novalis pubblicò questi Frammenti agli inizi del 1800, due anni dopo Polline, di cui sono appunto un’integrazione. Il fine tematico è infatti lo stesso: affermare in chiave poetico-filosofica che la parola ispirata dalla vis eterica agisce come il polline, disseminando le sue spore per una vita nuova, e cosí avviene per la parola ispirata dall’Alto. In ogni azione, anche se legata al prosaico e al quotidiano, lo Spirito soffia, o almeno può condizionare il materico e sublimarlo in armonia celeste.
A due secoli di distanza, colpiscono le affinità delle istanze poetiche e morali che percorrono i testi di allora, testimonianza dei fermenti di una ricerca dell’assoluto non solo in campo letterario e artistico in generale ma etico in particolare. E che purtroppo attestano altresí il fallimento della realizzazione pratica di un sano e armonioso vivere civile e sociale, ai livelli del pubblico e del privato, del collettivo e del singolo nello Stato. E non di uno Stato in particolare, o di una specifica etnia: il fallimento è totale, globale e assoluto, e tocca il seme di ogni società: il Male ha ormai una connotazione diffusa e capillare nel tessuto profondo del pensare, del sentire e dell’agire umano.
La giustizia ha assunto toni di spettacolarità, in seguitissime trasmissioni televisive in cui vengono messi a nudo comportamenti sociali e familiari sfocianti spesso in vere e proprie tragedie, tradimenti e abbandoni, intrecci sentimentali interrotti o persecutori, figli contesi, anziani ricusati o posteggiati a turno da figli troppo occupati per prendersene cura: il tutto sanato poi da un patteggiamento economico, come se il denaro potesse ristabilire gli equilibri perduti.
I potenti mettono in mostra ognuno i propri muscoli. Donald Trump, in una delle interviste rilasciate a Bob Woodward per il Washington Post, ha dichiarato di possedere l’ “arma di Fine Mondo”: «Abbiamo qualcosa che non hai mai visto e non hai mai sentito. Abbiamo qualcosa di cui Putin e Xi non hanno mai saputo. … Quello che abbiamo è incredibile».
I media specificano che parlando di quest’arma totale, il presidente Trump era particolarmente soddisfatto. Si aggiunge cosí un ulteriore e potente strumento di morte ai tanti, troppi, di cui già le principali nazioni si sono dotate e che esibiscono con orgoglio in sfilate con tanto di banda musicale.
Oltre agli ostentati armamenti, da mesi dobbiamo assistere quotidianamente ai bollettini dei contagi e dei morti del Covid-19 in Italia e nel mondo, lasciando cosí ogni speranza di cavarsela per il rotto della mascherina. Questo ben misero aggeggio di stoffa ed elastici ha imperato e continua a farlo ancora, togliendo la fisionomia e rendendo tutti livellati: uomini, donne e bambini, mascherati dietro un miniburka, accettato per pretese ragioni sanitarie.
In realtà, la vera arma totale non è quella fatta balenare da Trump: è nelle mani di Bill Gates e di Soros, l’uno patron del famigerato vaccino anticovid – annunciato in uscita a breve, che molti temono ma tanti invece reclamano a gran voce – e l’altro mestatore della finanza tossica di Wall Street dai cui giochi perversi prendono le mosse i barconi dei migranti, l’arma umana con cui ricattare governi e popoli.
L’Europa è oggi in recessione da ogni punto di vista. E non da ora, ma già al tempo di Rudolf Steiner la decadenza era iniziata, e si mostrava con evidenza allo sguardo chiaroveggente. La Germania attraversava allora una profonda crisi che possiamo paragonare a quella europea odierna, a un secolo di distanza. Nella conferenza di Stoccarda del 2 gennaio 1921, pubblicata nel volume Come si opera per la Tripartizione (O.O. N° 338) Steiner dice: «La situazione economica dell’Europa è tale che il Centro e l’Est, rispetto a tutto quanto essi svilupparono in base alle loro vecchie condizioni, va incontro a un rapido declino. Soprattutto con le vecchie fondamenta economiche, ma anche con quelle statali e spirituali, non si può piú andare avanti in Europa. Gli uomini che si occupano oggi della vita pubblica, si fanno sí idee su tale terribile declino, ma in proposito si abbandonano a illusioni. Dobbiamo vedere un’illusione principale specialmente negli uomini dell’Europa centrale (ma per quelli dell’Europa orientale non è diverso) nel fatto che essi credono possibile un’intesa con gli anglosassoni e in genere con i Paesi occidentali…».
Come sarebbe rincuorante se un gruppo di potere vero, formato dai capi dell’Economia mondiale, della Medicina, insieme a uomini di Scienza di ogni branca dello scibile umano, coadiuvati da artisti di somma valenza in ogni campo, tutte menti eccelse moralmente determinate a salvare l’umanità, si riunissero per trovare un’intesa e lavorare insieme per migliorare e il benessere sociale e spirituale dell’intera popolazione del pianeta, senza divisioni in primo, secondo e ultimo mondo!
Prosegue, piú oltre Rudolf Steiner: «La gente si perde in tutte le illusioni possibili. Magari saltando un passaggio, sogna una specie di lega economica mondiale, che si dovrebbe sviluppare dall’idea della Lega delle Nazioni. Si immagina che in una specie di Stato Mondiale tutta la vita economica si statalizzerebbe, e cosí non verrebbero a evidenza i passivi dei singoli Paesi. Questa è certo un’orribile utopia, perché si è già vista nelle riunioni di Ginevra la dimostrazione dell’efficienza della Lega delle Nazioni. Oggi è davvero utopistico attendersi qualcosa da una Lega delle Nazioni orientata verso il lato economico. Quel che si deve fare oggi è considerare a fondo le forze di sviluppo dell’umanità, cercando di giungere a provvedimenti che possano realmente giovare ed essere efficaci. Tali provvedimenti sono da ricavare solo dalla Tripartizione, perché non appena ci si abbandona all’illusione che si possa far qualcosa senza di essa, si concorre semplicemente allo sfacelo».
Non sembra che in questo secolo si siano fatti molti passi avanti per applicare il sistema della Tripartizione sociale, e neppure per conoscerlo, tranne che nel ristretto àmbito antroposofico, in cui è rimasto confinato. Dunque, abbiamo concorso, e stiamo continuando a farlo “semplicemente allo sfacelo”.
La Lega delle Nazioni, o Società delle Nazioni, di cui parla Rudolf Steiner, fondata il 28 giugno 1919, nell’àmbito della Conferenza di pace di Versailles dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, aveva sede a Ginevra, in Svizzera, e si proponeva di “promuovere il benessere e la qualità della vita degli uomini”. Dato l’evidente fallimento dei suoi scopi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il 19 aprile 1946, fu sostituita dalle Nazioni Unite, che si prefiggevano i medesimi fini, possiamo dire con evidenza anch’essi disattesi fino ai nostri giorni.
Su quanto avremmo dovuto compiere e non è stato fatto, e su quanto potremmo e dovremmo fare in futuro, se ci sarà concesso di riprendere la via costruttiva, dopo aver finora percorso quella distruttiva, ci viene in aiuto il luminoso pensiero di Massimo Scaligero, espresso nel libretto da lui pubblicato senza firma, dal titolo La Via dei Nuovi Tempi. «I tre elementi della Tripartizione, oggi, sono già in atto nell’organismo sociale, ma in modo distorto, costituendo la malattia attuale di tale organismo. Si tratta di restituire a ciascun elemento la sua funzione: ciascuno è una forza creativa, se gli viene assicurata libera estrinsecazione. In tal senso ciascuno necèssita dell’interna cooperazione degli altri due: cosí come il rapporto tra pensiero, sentimento e volontà nella psiche umana, o il rapporto corporeo tra il sistema della testa, sistema ritmico (respirazione, circolazione sanguigna) e sistema metabolico (ricambio, arti). Come la malattia umana consiste nel fatto che una delle tre attività della coscienza e dell’organismo corporeo prevalga sulle altre, cosí l’errore sociale consiste nel fatto che una delle tre funzioni sociali prevalga sulle altre. Ma questo può avvenire per via politica, per il fatto che un partito si impossessi di una delle tre funzioni sociali, per manovrare le altre: per reazione, partiti avversi cercano di impossessarsi delle residue possibilità delle altre. È la via inversa a quella della Tripartizione: l’impossibilità che i qualificati dirigano le tre forze sociali e che queste operino per il progresso umano: l’elemento politico tende a sostituire l’elemento qualificato con quello settariamente preferito.
…Urge invero la soluzione tripartitica, che non esclude alcuna delle correnti sociali in atto, ma esige da esse la cooperazione in base alla distinzione dell’elemento giuridico da quello economico e da quello spirituale, nel loro stesso processo, cosí che favoriscano l’individuazione delle tre immanenti forze sociali. L’autonomia realizza l’interna tripartizione di ciascuna di esse. Tali interne tripartizioni si connettono tra loro secondo l’ordine che spontaneamente cominciano a manifestare. L’elemento libero, proprio all’organismo spirituale, viene sollecitato dall’interna tripartizione degli altri due, operando come elemento direttivo nell’organismo giuridico, cosí come nell’organismo economico: rispondendo all’esigenza che uomini specificamente responsabili assumano la guida delle attività. Si verifica un’interna correlazione fra i tre organismi, ciascuno in sé tripartito, che restituisce l’organicità creativa al corpo sociale».
Noi tutti, uomini e donne di ogni epoca, scuola e dottrina, sappiamo che il destino delle creature è realizzare l’arma totale del Bene. Dobbiamo trovarla all’interno di noi e manifestarla al di fuori di noi, intorno a noi, nella società che dobbiamo costruire, ognuno partecipando con le proprie capacità e talenti. Steiner paragona questo impegno individuale al banco di lavoro su cui verrà forgiato il nuovo Io dell’uomo santificato. Una nuova luce illuminerà allora la terra, con una miriade di nuovi soli accesi, ciascuno proveniente dai tabernacoli di tutti i cuori.
E proprio sulla natura della luce si esprime ancora Novalis, sempre da Frammenti: «La luce è il simbolo della vera avvedutezza. La luce è dunque, per analogia, attività della commozione spontanea della materia. Il giorno è dunque la coscienza del pianeta, e mentre il sole, come un dio, anima il centro in un’eterna attività spontanea, un pianeta dopo l’altro chiude l’unico occhio, per un tempo piú lungo o piú breve, e si ritempra in un sonno rigeneratore di vita nuova e di nuove intuizioni».
Rendiamoci attenti ai cambiamenti in atto. Sono il segno di una trasformazione profonda che può essere drammatica o provvidenziale. Poniamoci sotto l’egida dell’Arcangelo Michele, che con le sue milizie ha già sconfitto nei cieli le forze dell’Ostacolo. Nostro compito è sconfiggerle qui sulla Terra, e non solo nell’ambiente in cui viviamo, ma dentro di noi. Respingiamo la tenebra illuminandola con la luce del Logos in noi.
Ovidio Tufelli