Nella cristologia di Rudolf Steiner, il miracolo di Lazzaro assume una valenza centrale nella storia spirituale dell’uomo. Si tenga conto che la narrazione del risveglio di Lazzaro figura solo nel Vangelo di Giovanni, (O.O. N° 103) dell’evangelista cioè che esige, sin dall’apertura del Vangelo, una particolare interpretazione mistica da parte del discepolo: «In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e la Parola era un Dio. …E la Parola si fece carne e abitò tra di noi, e noi ne abbiamo contemplato la gloria, gloria dell’Unigenito proceduto dal Padre, pieno di grazia e di verità».
Perciò, già con le sue parole introduttive, l’evangelista Giovanni vuole indicare che egli ci parla di qualcosa di eterno e immortale, che esiste sin “dal principio”. Rappresenta sí fatti, che fluiscono sensibilmente di fronte all’occhio e all’orecchio, su cui disquisisce l’intelletto logico, ma dietro a tali fatti si occulta la Parola mistica, il Logos che si fa Cristo storico.
L’azione compiuta da Gesú in Betania fu veramente importante, poiché proprio quell’evento poté giustificare le parole: «Allora i piú alti sacerdoti e gli anziani si riunirono a consiglio, dicendo: che faremo? Quest’uomo compie molti segni» (Giov. 11,47).
Il Cristo, nel Vangelo di Giovanni, viene appunto chiamato dalle due sorelle di Lazzaro, affinché lo risvegli. Lazzaro era considerato morto e si trovava nella tomba da tre giorni; si legge nel Vangelo che il suo corpo mandava già cattivo odore. Il turbamento doloroso del Cristo, la sua profonda commozione (Giov. 11,35 seg.) alla notizia dell’amico creduto morto, lo spingono, secondo la cristologia di Rudolf Steiner, all’Azione rituale e immanente. Lazzaro è spiritualmente maturo perché il Cristo possa agire su di lui, e quando il Cristo arriva da Lazzaro sono già passati i tre giorni simbolici dell’antico processo iniziatico: «Lazzaro, fuori da questo luogo, d’ora in avanti, per sempre!» (Giov. 11,43).
Lazzaro esce fuori dal sepolcro: è il primo a ricevere il Risveglio iniziatico pentecostale direttamente dal Cristo. Quello ricevuto da Lazzaro è perciò il primo risveglio pentecostale nella storia dell’Uomo. Lazzaro esce dal sepolcro, che rappresenta il cadavere del mondo sensibile, quale opera ormai compiuta di Dio. Da quel momento in avanti, il Sinedrio decide di uccidere il Cristo e Lazzaro.
Compiendo tale Azione mistica sul piano della storia immanente, il Cristo mostra alla “moltitudine presente” un processo che secondo la saggezza degli antichi sacerdoti poteva compiersi solo all’ombra dei Misteri. La mistica di Lazzaro-Giovanni diviene perciò, con il Risveglio, la mistica immanentistica della Nuova Storia, della storia dei Nuovi Tempi, grazie alla Parola che è divenuta carne e sangue.
L’Iniziazione di Lazzaro doveva infatti servire a preparare la comprensione del mistero del Golgota, mediante il quale il sangue trascendente e esclusivistico dell’Antica Alleanza si trasforma nel sangue immanente e universalistico della Nuova Alleanza. Nel passato, solo quelli che “vedevano”, ossia gli Iniziati, potevano sapere che cosa avveniva in un tale processo di Iniziazione; d’ora in avanti, invece, dovevano acquisire la convinzione dei segreti dei Mondi Spirituali anche coloro che “credono senza vedere”.
«Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me, vivrà anche se morisse» (Giov. 11,25). Le parole del Cristo acquistano senso se vengono considerate come espressione di un’azione che è al tempo stesso mistica, spirituale e storicistica, nel senso che la Verità primordiale si incarna totalmente, si effonde nella storia umana e il Cristo esce dall’ambito elitario e ristretto dei Misteri. In tal caso possiamo prendere le parole del Cristo alla lettera come le leggiamo nel testo. Il Cristo ci dice infatti che è Lui la resurrezione di Lazzaro, che è Lui la vita immanente che Lazzaro vive. Il Cristo, come detto, è nella mistica giovannea la “Parola che si è fatta carne”, l’eterno che esisteva sin dal principio.
Se il Cristo è la resurrezione eterica che si storicizza mediante Gesú di Nazareth, il risveglio di Lazzaro non è tanto una resurrezione da morte, ma è appunto il concreto prototipo storico di Azione mistica inaugurata dal Cristo per far risorgere il corpo eterico nell’esperimento Uomo.
Furono compiute, prima del Golgota, molte resurrezioni da morte dal Cristo, ma non è il caso di Lazzaro. Il Cristo, con il risveglio di Lazzaro, inaugura in realtà nella dimensione dell’immanenza storica l’Iniziazione moderna, basata sulla coscienza dell’Io che incarni veridicamente le forze possenti, purificatrici, presenti nel corpo astrale. Nel caso specifico, il Cristo parla appunto di malattia che non è a morte, ma per la rivelazione di Dio, affinché per questo mezzo si manifesti il Figlio di Dio (Giov. 11,4).
Tentando di concretizzare il messaggio evangelico mistico di Lazzaro-Giovanni, consideriamo ora che nel nostro mentale vive da un lato una sostanza eterna, in cui è presente la forza universale ma immanente del Cristo, e dall’altro lato è di contro presente la schiera regressiva degli Avversari. L’uomo contemporaneo può perciò scegliere, passati ormai i duemila anni in cui la Via del Cristo poteva essere percorsa pur con la luminosa ritualità tradizionale: nessuna vera Iniziazione cristiana moderna richiede qualcosa di simile all’evento di Lazzaro, che essendo appunto, come detto, una inaugurazione del nuovo modello, presenta ancora molti aspetti dell’antica forma di Iniziazione, come i tre giorni rituali di morte. La scelta della pratica preparatrice del definitivo rafforzamento del “Non Io, ma il Cristo in me” è appunto la scelta della pratica dei 6 esercizi su cui abbiamo tentato di soffermarci, nel percorso giovanneo di continua purificazione dell’astrale.
Rudolf Steiner afferma, nella quarta conferenza del Vangelo di Giovanni (op.cit) dedicata appunto al risveglio di Lazzaro, che «proprio nel vangelo di Giovanni stanno le forze possenti per cui oggi il corpo astrale è in grado di imprimere quanto in esso è stato preparato, anche se il corpo eterico si trova nel corpo fisico. Ma perché ciò divenisse possibile, era necessario che prima apparisse il Cristo». Ciò significa che le forze piú profonde e misteriose della Via dei Nuovi Tempi risiedono proprio nel Vangelo di Giovanni.
L’Apocalisse di Giovanni
Alla fine del Nuovo Testamento si trova un singolare documento: l’Apocalisse o Rivelazione segreta di Giovanni. L’apostolo del Cristo si rivolge, tramite questa Rivelazione, alle sette Chiese dell’Asia, ma non si tratta di comunità reali in senso storico, infatti il numero sette è un numero sacro e simbolico, che è stato scelto proprio per il suo singolare carattere. Le Chiese sono concepite come i corpi di Entità-forze di carattere spirituale; gli Angeli come anime di tali corpi cultici.
Le sette Chiese, o i sette candelabri con in mezzo l’immagine del Figlio dell’uomo con occhi splendenti come fiamma di fuoco, nella concezione dell’apocalittico evangelista, indicano le vie o le pratiche che riconducono al Cristo crocifisso e risorto.
Esse partono necessariamente dalle imperfezioni o deficienze spirituali proprie del mondo della quantità percettiva sensoria e della necessità intellettuale autocosciente: a tal fine esse debbono avere a loro guida «colui che tiene in mano le stelle, colui che cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro» (2,1), «dalla sua bocca usciva un’affilata spada a due tagli e il suo viso risplendeva come il sole nel suo fulgore (1,16).
La spada misticamente rappresenta la forza universale della Luce-Pensare, il pensare iniziatico dei Nuovi Tempi è perciò un pensare che attinge la sostanza eterna e adamantina dal mondo dei Misteri, e la spada sguainata indica il passaggio interiore nella sfera in cui nascita e morte non hanno il significato che posseggono invece nel mondo della necessità.
Di fronte al trono in cielo, l’apocalittico evangelista, in esperienza mistica descrive la fonte primordiale del mondo sensibile: attorno al trono, vi erano ventiquattro troni sui quali sedevano augusti vestiti di bianche vesti, con corone d’oro sul capo. Nella sua destra, colui che siede sul trono, il Cristo apocalittico, tiene il libro sigillato in cui è indicata la via della suprema saggezza (5,1).
Uno solamente è degno di aprire quel libro: il Leone della tribú di Giuda, la radice di Davide; quel libro ha sette sigilli, questi ultimi sono i pensieri divini eterni che si esprimono nelle cose sensibili. La verità divina eterna si trova perciò solo nel libro sigillato. Occorre che vengano svelati i pensieri della creazione, ciò comporta la rottura dei sigilli, poi si rivelerà quel che si trova nel libro.
Gesú, il Leone, può infrangere i sigilli, unificando i pensieri creatori con la saggezza; apre il libro l’Agnello sacrificato, che ha conquistato Dio col proprio sangue, ovvero quel Gesú che portava in sé l’Impulso-Cristo e che aveva attraversato nel senso piú elevato il mistero della vita e della morte.
Gli esseri viventi spiegano il significato occulto dei vari Sigilli. All’apertura del quarto sigillo, per esempio, appare un cavaliere il cui nome è la Morte, dietro a essa segue l’Inferno (6,8), la Giustizia religiosa è il cavaliere; il sesto sigillo (cap. 7) mostra invece che il mondo del Cristianesimo è eterno, il popolo del Cristo apocalittico è ricolmo della spiritualità che deriverà proprio dal processo di spiritualizzazione delle imperfezioni che i mistici cristiani hanno storicamente realizzato: «E udii il numero dei segnati dal sigillo: centoquarantaquattromila segnati, di tutte le tribú dei figli d’Israele» (7,4).
L’autentica spiritualità sarà cosí, soprattutto, non un dato ma una conquista storica e terrena come lo è stata per il Cristo Gesú! Schiudendo il settimo sigillo, si palesa a Giovanni il destino della terra e dei suoi abitanti in un lontano futuro: nel piú lontano avvenire la terra avrà infine l’aspetto che l’Iniziato sperimenta mediante le trombe. Dopo aver mostrato che si estinguerà tutto ciò che è effimero, l’Angelo offre finalmente a Giovanni il libriccino: «E mi disse: prendi il libro e inghiottilo; ti sarà amaro nel ventre, ma nella tua bocca sarà dolce come il miele».
L’uomo deve perciò spiritualizzare se stesso, non limitandosi alla conoscenza letterale del divino, la sapienza mistica sarà dolorosa per la natura inferiore (“amara nel ventre”) ma colmerà di beatitudine la natura eterna dell’uomo (“dolce come il miele”).
Odono la tromba del settimo Angelo coloro che faranno risorgere il Cristo crocifisso. Il Cristo è crocifisso dappertutto nella natura inferiore, laddove trionfa questa natura inferiore tutto rimane morto e cadaverico. “Spiritualmente Sodoma ed Egitto” è il simbolo per la vita che rimane vincolata al cadavere dell’opera compiuta, o natura inferiore, senza spiritualizzarsi in virtú dell’Impulso Cristo. Sodoma-Gomorra o Cristo: questa la legge storica essenziale del Cristianesimo quale fatto mistico che si è fatto storia terrena.
I seguaci dell’Impulso Cristo saranno maltrattati dalle potenze della natura inferiore, ma solo le membra della natura umana saranno colpite, di quella natura che essi avranno già superato e spiritualizzato. La donna, l’anima umana, produce il sapere inferiore che ha l’immagine dell’antico serpente; il Cristianesimo come fatto mistico produce invece l’immagine del Sangue del Golgota come rappresentazione storica e cosmica della comunità mistica (R. Steiner, Il vangelo di Giovanni, O.O. N° 103), che è una comunità universale, non basata sulla selezione elitista di minoranze pure. Lo scrittore dell’Apocalisse ha esposto la sua convinzione circa il rapporto fra la sua Chiesa e le Chiese antiche; lo scrisse nell’isola di Patmo e si narra che abbia avuto la sua “rivelazione” in una grotta: questa comunicazione esprime ancora, in un ulteriore caso, la sostanza mistica centrale del Cristianesimo, in quanto la grotta è la simbolica rinascita in chiave neo-testamentaria dei templi degli Antichi Misteri. Dall’unione del Cristo con la morte è nato perciò il Sole dei Nuovi Misteri, il Cristianesimo come fatto mistico-apocalittico.
Ivan Stadera (4. continua)