Ricordo la chiara e salda presa di coscienza conquistata in un pomeriggio di primavera del 2015. Seduto su una panchina di un parco nel centro di Torino, avevo appena terminato la lettura di Ritorno a Pasidonia di Fulvio Di Lieto e la presa di coscienza, appunto chiara come la luce del sole che mi avvolgeva, era ed è questa: i romanzi di Fulvio Di Lieto lasciano il lettore migliore di come lo hanno trovato.
Sí, son libri che rendono i lettori uomini migliori. Fanno star bene. Fanno bene.
Tale ci sembra sia stata l’ambizione di questo straordinario autore, pur nell’umiltà da artigiano della sua narrativa. La stessa generosa ambizione dei grandi, la stessa di Dante che intendeva sollevare i contemporanei da uno stato di peccato, confusione e tenebre per accompagnarli alla meta della salvezza e della salute, al lieto fine tipico delle commedie e delle fiabe.
“E vissero per sempre felici e contenti” potrebbero essere le ultime parole di ogni suo romanzo, interpretando il “per sempre” – in virtú della sua vocazione spirituale – in una parabola che oltrepassa i limiti dell’esistenza incarnata.
Questo è il principale motivo per leggere e rileggere quel pugno di romanzi, 6 scritti nell’arco di circa 10 anni, che vergò dopo i lustri dedicati soprattutto alla poesia. Ve ne sono ovviamente altri, di motivi, a partire dall’Italiano forbito, limpido, rispettoso della tradizione narrativa patria, pur essendo di estrema attualità le vicende raccontate, collocate nei tempi che abbiamo vissuto, stiamo vivendo e forse vivremo. E aggiungeremmo anche i dialoghi, brillanti e quasi pronti per una sceneggiatura cinematografica, capaci inoltre di trasmettere contenuti spirituali senza presunzione, senza salir sui pulpiti.
Dunque vi è una funzione anagogica nell’opera del Di Lieto, ovvero quella di innalzare l’uomo terreno alle verità e alle esperienze dello Spirito, messa per iscritto in un’incantevole Lingua del Sí, con trame avvincenti popolate da protagonisti che rimangono incisi nella memoria e da riuscitissimi personaggi di contorno.
E come definire quei romanzi? Siamo nel campo della letteratura di genere, scelta anche da illustri predecessori (Jules Verne, ad esempio, o Gustav Meyrink) per divulgare esoterismo. Gialli metafisici? Thriller iniziatici? O semplicemente meravigliosi e profondissimi romanzi d’amore.
Indubbia è la presenza, la centralità dell’amore nell’opera del Di Lieto; dell’amore e della donna. I personaggi femminili sono donne angelicate di ascendenza stilnovista, anche se non cosí distanti, anche se inserite saldamente nel mondo moderno, spesso anzi piú pratiche e volitive dei personaggi maschili. Come la Beatrice dantesca, però, accompagnano all’Empireo, come la Ninfa Egeria con cui si intratteneva Numa Pompilio inciviliscono e rendono pii.
Intrise di pietas sono infatti le storie narrate dal Di Lieto e partono dal caos dei nostri giorni, dal livello ultimo di degradazione in cui ci troviamo. Naturale che i protagonisti maschili siano sempre nelle prime pagine persi in qualche loro crisi esistenziale e spesso anche economica (giacché questo è uno dei nodi della nostra quinta epoca post-atlantica…).
Di Lieto si avventurò anche nel futuro distopico, tragica possibile conseguenza del nostro presente. Mater, romanzo pubblicato nel 2008, immagina un’umanità futura costretta all’“ingrottamento”, all’esilio sottoterra per le condizioni ormai disastrose della vita sulla crosta terrestre. Non si tratta solo di una sapiente rilettura del mito della caverna platonico, ma di una lucida previsione di questa maledetta epoca post-Covid che costringe piú che mai l’uomo nella mineralità, nel materialismo piú superstizioso e spaventato, nella misurabilità, nell’ossimoro del “distanziamento sociale”, nella riduzione dell’individualità umana a mero numero. Andrebbe riletto con attenzione in questi giorni, Mater, proprio per capire cosa sta succedendo e cosa può succedere di peggio nel processo di caduta dell’umano. Ma anche per coltivare la speranza, anzi la certezza che là fuori ancora soffia il dolce vento diretto dove vuole, ancora è possibile uscire a riveder le stelle.
Infatti pochi anni dopo Di Lieto (dopo i racconti raccolti in Terrone DOC), rovesciava la prospettiva del mondo sottoterra con il romanzo L’arca, il diluvio, la colomba e il sole; in quelle pagine le profondità terrestri diventano sede di un regno incantato, di un’umanità migliore, non degenerata come la nostra. Mentre sulla superficie si scatena una purificatrice tempesta magnetica, in accordo con le profezie di Peter Deunov, i protagonisti eletti entrano nel mondo sotterraneo passando per antichi portali etruschi ed entrano in contatto con la gente di sotto, potente e saggia quanto quella raccontata da Bulwer-Lytton in The Coming race (romanzo che Rudolf Steiner ritenne cosí importante da chiedere a Guenther Wachsmuth di tradurlo in tedesco), ma decisamente meno inquietante e piú ben disposta verso i meno evoluti cugini cresciuti sulla crosta del pianeta.
Il 2014 è l’anno della pubblicazione de Nel nome della Madre. Altro lavoro di pura meraviglia, giudicabile già dalla splendida copertina con l’elaborazione grafica (di Marina Sagramora, che con la sua ispiratissima pittura ha accompagnato ogni romanzo del Di Lieto): mostra una fusione della Madonna della Pietà di Michelangelo con la dea Cibele. Tutto il romanzo è già in quell’immagine: unione di paganesimo e cristianesimo, di misteri del Nord e del Sud, di Europa ed Africa, di bianco e nero. Il potere benefico di sintesi, di sentirsi finalmente e per sempre uniti, nel nome della Madre che è Anima dell’uomo e del mondo.
La sintesi è sempre e comunque ritorno, e Ritorno a Pasidonia esce nel 2015. Il protagonista è un maturo vedovo trasferitosi da decenni negli Usa che torna finalmente nel suo paese del Meridione d’Italia. Riesce, in questa favola con tocchi di brillante commedia all’italiana, a salvare i suoi luoghi natali dal degrado e scopre, grazie ad un nuovo amore, il mistero della reincarnazione e del karma. Salvezza e rigenerazione dell’anima umana, della terra natale e del futuro, raccontata con umorismo e rara umanità.
La realtà della reincarnazione è centrale anche ne L’oro della Pimpaccia, dove la scoperta di un tesoro sepolto da secoli permette un uso etico della ricchezza che dà avvio ad un circolo virtuoso capace di risanare il mondo dell’economia e dunque l’esistenza degli uomini.
Lara delle Camene, dato alle stampe nell’autunno del 2019, diventa dunque il testamento spirituale romanzesco del Di Lieto. E lui ci ha lasciato con questa meravigliosa storia di rigenerazione per mezzo dell’acqua, di uno sgorgante Eunoè datore di buona memoria risvegliato dalle danze euritmiche e dai carmina sacri ritmati da moderne ninfe incarnatesi in fanciulle diagnosticate con la sindrome di Asperger. La storia della ninfa Lara è anche l’ultimo omaggio all’amata Roma, patria adottiva del Di Lieto di cui amò e conobbe con devozione la storia antica e i luoghi piú carichi di Spirito.
Questi romanzi, che meriterebbero senza dubbio maggiore diffusione di quella di cui hanno goduto, appunto fanno sentire bene e in fondo raccontano sempre la stessa storia. È tutt’altro che una pecca, giacché raccontano l’unica storia che va raccontata, la fiaba archetipica, la gloria della sintesi.
Come dunque ci ha aiutati mentre era incarnato, scrivendo, Di Lieto ci aiuti ora dalla suo nuova dimora a scrivere degnamente il romanzo della nostra vita terrestre, a vivere sempre e per sempre felici e contenti, come inondati dal sole gentile di un pomeriggio di primavera.
Luca Negri