Si faccia ora molta attenzione alle parole del Dottore:
«La distribuzione dell’acido urico nei vari organi, o in un organo, obbedisce al giusto risultato dell’equilibrio che viene a determinarsi tra l’attività del corpo astrale e quella dell’organizzazione dell’Io. Si supponga che in un determinato organo cominci a prevalere l’attività del corpo astrale in luogo di quella dell’Io che dovrebbe normalmente esprimersi in forma preminente. Tale ipotesi è valida per gli organi la cui disposizione funzionale non consente che in minime quantità l’escrezione di acido urico e comunque non al di là di determinati limiti. In tal caso, l’azione prevalente del corpo astrale rispetto a quella dell’Io, ovvero la ridotta forza dell’Io dalla quale viene incentivata l’attività astrale, si traducono, a livello di quel determinato organo, in un sovraccarico di acido urico, il quale sempre di piú tenderà a sottrarsi completamente all’attività dell’Io. Il corpo astrale a tal punto cercherà di sopperire alla deficitaria energia dell’organizzazione dell’Io, dirigendo un tipo di azione atta a provocare l’escrezione di acido urico. Senonché questi processi non riescono ad eliminare compiutamente l’acido urico; in quanto la sede vera, nella quale all’aumento dell’attività del corpo astrale corrisponde proporzionalmente l’escrezione dell’acido urico verso l’esterno, è costituita dal rene. A livello extrarenale, l’aumento dell’attività astrale non realizza l’effetto escretorio nei confronti dell’acido urico, data la struttura poco adatta o del tutto inadeguata degli organi interessati. A questa condizione disarmonica è connesso il deposito di acido urico nel nostro organismo. Se questo poi precipita in sedi nelle quali l’organizzazione dell’Io non può essere attiva in forma completa, in queste medesime sedi si localizzano componenti inorganiche, le quali dovrebbero avere relazione e sussistenza con l’Io. I composti inorganici non permeati dalla forza dell’Io, sono in realtà abbandonati; saranno afferrati pertanto dall’attività del corpo astrale, gradualmente divenendo simili ad una forza incapace di imprimere un limite agli effetti prodotti da essa stessa. Hanno cosí origine nell’organismo umano dei focolai nei quali si inseriscono dei processi subumani. Poiché in tali processi è da ravvisare l’esclusione dell’attività dell’Io, è chiaro come si sia indotti a qualificarli come processi subumani (animali)».
[In questo brano del Dottore, tratto da una delle conferenze da Lui svolte a Dornach e raccolte nel volume Scienza dello Spirito e Medicina, viene trattato un tema cruciale ripreso anche da Rudolf Hauschka, nella fondamentale opera La Natura della Sostanza, che abbiamo già avuto modo di citare. Se sostanze non permeate dalla forza dell’Io vengono introdotte proditoriamente nell’organismo, esse, sfuggendo all’azione dell’Io, possono facilmente innescare dei processi subumani nell’organismo dell’uomo. A ciò si dovrebbe attentamente pensare prima di somministrare ad un individuo sostanze farmacologicamente attive, vaccini compresi. Su tale delicato tema, oggi particolarmente dibattuto a causa della nota vicenda SARS-CoV-2, posso assicurare, avendone piú volte parlato con lui, che la posizione di Amleto (che, ricordo, esercitava la propria attività professionale in una struttura sanitaria pubblica) non era dogmatica e fanatica: «I vaccini devono essere usati quando realmente servono» questa in sintesi la sua posizione. Va parimenti rilevato come l’uso indiscriminato di antibiotici (spesso e volentieri prescritti con molta leggerezza in situazioni nelle quali se ne potrebbe fare tranquillamente a meno) causi la selezione di ceppi microbici particolarmente resistenti, che sembrano, in qualche modo essere “governati” da forze che sfuggono al controllo dell’organizzazione dell’Io. È interessante notare che proprio in rapporto a tale problematica Amleto paventasse, per il futuro, l’insorgenza di gravi epidemie che l’uomo non sarebbe riuscito a controllare: a quanto pare le sue previsioni si sono rivelate esatte!].
Interessante è inoltre questa affermazione che riportiamo da una conferenza del Dottore: «L’acido urico che viene eliminato per via urinaria, come reazione verso l’interno, provoca la giusta tendenza dell’organismo verso il sonno. La scarsezza di escrezione urinaria di acido urico con corrispondente aumento di esso nel torrente sanguigno, inducono ad un sonno cosí breve da essere insufficiente per un integro stato di salute dell’organismo».
Tutto quanto abbiamo riportato si verifica nella gotta. Questa malattia potrebbe infatti essere riguardata come l’espressione di quella condizione interiore nella quale l’elemento astrale sub-personale ed animale configura una sorta di elementi di esaltazione e di sovrapproduzione tali da determinarsene una specie di respingimento nei confronti dell’azione promanante dall’Io. Certo nel caso della gotta, ed il Dottore ce ne dà conferma, la patogenesi è fortemente indotta dal determinismo alimentare dovuto all’apporto esogeno alimentare, con particolare riferimento alle proteine di origine animale.
Ma il Dottore va anche oltre taluni fattori causali comunemente invocati. Si tratta infatti di distinguere fra quei casi in cui l’alimentazione ricca di sostanze puriniche configura quadri anatomo-clinici di gotta diversi per impegno e gravità. Altrettanto importante poi è l’individuazione dei casi di gotta nei quali il ruolo piú importante, e certamente non trascurabile, è sostenuto da certe stigmate eredo-familiari, le quali operano in funzione biotipologica e costituzionale; ma in ogni caso, come dice Rudolf Steiner: «Allorché il predominio genetico-ereditario sia tale da orientare l’astrale-animale in senso subumano».
Ed infine, si ripete, alla base del disarmonico ricambio dell’acido urico si deve ravvisare quasi sempre la deficitaria attività espressa dall’organizzazione dell’Io nei confronti di determinate sostanze proteiche le quali, soprattutto se introdotte in eccesso con l’alimentazione, non vanno incontro a quelle trasformazioni in seguito alle quali perdono la caratteristica di mantenersi attive quali sostanze estranee all’organismo. A causa della debole azione dell’Io, si rende impossibile il trasferimento del loro potenziale chimico a livello delle forze del corpo eterico. Come tali queste sostanze proteiche subiscono bensí la degradazione verso l’acido urico, ma non trovano modo di essere escrete sotto forma di acido urico stesso attraverso la via renale. In questo senso è da intendersi quell’aumento di attività del corpo astrale che favorisce il deposito dei composti urici a livello delle cartilagini articolari. Ma nello stesso tempo si può affermare che tale eccesso di compenetrazione astrale sia determinata in qualche modo dalla deficiente azione dell’Io. Dice infatti il Dottore: «Poiché la forma complessiva e tipica dell’organismo fisico dell’essere umano è il risultato della possente organizzazione dell’Io mirante al mantenimento del suo disegno, ogniqualvolta si determina l’irregolarità dell’azione dell’Io nei confronti del corpo astrale nel modo ora descritto, ne risulterà la tendenza dell’organismo umano a perdere la sua forma. L’irregolare rapporto fra l’Io ed il corpo astrale in corrispondenza di determinate sedi organiche provoca la deformazione delle relative strutture da cui sono costituiti gli organi».
Rimane però non ben chiarito il punto riguardante l’irregolare rapporto fra l’Io ed il corpo astrale in corrispondenza di determinate sedi organiche. Come va inteso tale irregolare rapporto? Come è riconoscibile in pratica al di là delle premesse della gotta o prima che questa si manifesti? Tale domanda, formulata il giorno 11/1/1990 ma presente da anni ed anni in me, non ha ricevuto chiarimenti soddisfacenti. Ebbene oggi, il 13/1/1990, il vero chiarimento mi è stato donato dalla lettura di Scienza Occulta a pagina 203 (Ed. Antroposofica, 1978). [A beneficio dei lettori riportiamo integralmente il passo della Scienza Occulta cui Amleto si riferisce. Si tratta a nostro avviso di uno dei brani piú significativi dell’opera di Steiner, in quanto esso spiega il retroscena occulto e l’ineluttabilità della malattia e della morte come elementi evolutivi dell’essere umano].
«Che tali effetti fisici delle influenze spirituali descritte abbiano potuto presentarsi, si spiega col fatto che si trattava di influenze appunto del genere sopraddetto. Non erano cioè influenze della natura, né di quelle che agiscono per via animica da uomo a uomo. Queste ultime non penetrano con la loro azione nella corporeità altrettanto quanto le forze spirituali di cui ora parliamo. Poiché l’uomo, in balía delle sue rappresentazioni soggette all’errore, si esponeva alle influenze del mondo esteriore, poiché viveva secondo i suoi istinti e le sue passioni, senza permettere che venissero regolati dalle influenze superiori spirituali, intervenne la possibilità delle malattie. Per effetto speciale dell’influsso luciferico, l’uomo ormai non poté piú sentire la sua singola vita terrestre come la continuazione dell’esistenza incorporea. Egli accoglieva ormai le influenze terrestri, le quali potevano essere sperimentate per mezzo dell’elemento astrale che gli era stato inoculato, e che si univano alle forze distruttive per il corpo fisico. Egli sentiva in questo modo la fine della propria esistenza fisica. La “morte” si presentò provocata dalla natura umana stessa. Con questo si accenna ad un’importante mistero della natura umana, cioè al rapporto del corpo astrale con la malattia e con la morte» (Rudolf Steiner, La Scienza Occulta – Editrice Antroposofica, Milano 1978 – O.O. N° 13).
Da quanto abbiamo visto si comprende comunque come l’increzione dei composti urici siano il mezzo vistosamente piú idoneo affinché “l’astuzia della malattia”, nella fattispecie la gotta, realizzi per intero la strategia volta a quel tipo di alterazioni morfologiche dalle quali sono coinvolti in varia misura tanto il generale disegno della figura fisica dell’uomo, quanto gli organi eventualmente interessati anche in forma molteplice.
Vorremmo concludere le considerazioni finora esposte sulla gotta con un pensiero personale, e questo ovviamente non risuoni come un monito, quanto come una possibilità di essere in certo qual modo piú desti e piú accorti da un punto di vista esclusivamente pertinente alla coscienza, allorché ci si imbatta in un paziente affetto dalla gotta. Tenuto conto dei caratteri e delle connotazioni di questa malattia quali sono stati determinati dal Dottore, laddove Egli fa riferimento a forze astrali di tipo animale-subumano, si potrebbe essere indotti a valutare ed a giudicare la personalità del gottoso, sovrapponendo a questa determinate pregiudiziali di sapore moralistico, facendo però un uso decisamente discutibile delle idee donateci da Rudolf Steiner. Sarebbe poi nettamente contrario al senso della Scienza dello Spirito se determinati elementi designati e definiti con una terminologia inequivocabilmente espressiva nei confronti della situazione interiore del gottoso, dovessero servire quasi da categoria discriminatoria piú o meno consapevole nei confronti del paziente.
Sarebbe doveroso a tal punto soffermarci intorno a certe manifestazioni chiare e conclamate di gotta, alle quali la spinta patogenetica è di marca genuinamente iatrogena. Alludiamo a quelle forme ormai universalmente riconosciute ed univocamente ammesse, nelle quali il ruolo è sostenuto da sostanze medicamentose somministrate senza adeguati accorgimenti e senza controlli ematochimici adeguati. Sono infatti nettamente iperuricemizzanti fino al punto critico di scatenare una tipica gotta articolare sostanze di uso corrente quali: la furosemide, l’ac. etacrinico, altri diuretici (della serie tiazidica o il clortalidone), alcuni antiaritmici calcioantagonisti (verapamil), alcuni preparati antidiabetici orali (fenformina, clorpropramide ecc.) e perfino alcuni degli antiblastici in voga: purinetol, nyleran, cisplatino, vincristina, vinblastina ecc.
Amleto Scabellone (10. continua)
La trascrizione dell’articolo e le note esplicative tra parentesi quadre sono a cura di Fabrizio Fiorini.