Soffro dall’adolescenza di un problema pesantissimo di difficoltà nel pensare, nel mantenere la concentrazione, che mi fa entrare in un corto circuito, in un black-out del pensare logico, che non mi fa comprendere un libro che leggo, un video che guardo, una conferenza che ascolto, lasciandomi in una situazione di frustrazione estrema e ripetuta per anni, adesso ho 58 anni… che non mi fa capire piú dove il mio ragionamento era iniziato e dove voleva arrivare, un limbo molto svilente e che aumenta la disistima. È come se si chiudesse la testa, l’ho chiamato black-out appunto. C’è qualcosa che posso leggere o sperimentare senza leggere, esempio esercizi, o qualcuno a cui posso rivolgermi?
Peppe R.
Questa lettera mostra una buona sequenza logica e una continuità dall’inizio alla fine. Chi ha realmente una difficoltà di pensiero, formula difficilmente uno scritto altrettanto conseguente. Dunque c’è solo da impegnarsi con gli esercizi fondamentali che ci ha donato Rudolf Steiner per lo sviluppo della nostra interiorità, e che lavorano anche a ripristinare la vera memoria, che non è mnemonica e automatica, ma è quella che viene definita “la memoria del cuore”, maggiormente affidabile rispetto a quella mentale. È la memoria che non ci fa “rammentare” o “rimembrare”, ma “ricordare”, ovvero riportare al cuore. Di un libro letto, di una conferenza ascoltata, non occorre ricordare la sequenza delle parole, ma il senso ultimo di quanto letto o ascoltato: il senso profondo che costituisce il nucleo essenziale di quanto svolto in lunghe frasi dettagliate. Un grande aiuto può venire dai libri di Massimo Scaligero Manuale pratico della meditazione e Tecniche della concentrazione interiore. Non sono testi da leggere dall’inizio alla fine senza interruzione, ma da centellinare giorno per giorno, mettendo in pratica quanto vi è indicato con volontà di applicazione e continuità di intenti.
Durante le festività natalizie ho ospitato in casa un amico di mio figlio, che frequenta la sua stessa Università. Abbiamo spesso parlato di spiritualità, verso cui il giovane sembrava molto orientato. Ma una volta che ho nominato l’Antroposofia, ho visto una reazione che non mi aspettavo. Mi ha detto che mai potrebbe aderire a un’organizzazione che al suo interno ha tutte persone divise in gruppi e gruppetti che si combattono fra loro e che non mostrano i segni di una vera cristianità messa in pratica, anche se proclamata a parole. Sono rimasta molto colpita da questo giudizio e ho cercato di esaminare ciò che di vero c’è in esso. Ho visto su internet che questa è una convinzione diffusa, e me ne dolgo molto. La mia decisione da quel momento è di dire il massimo bene di tutti, senza manifestare giudizi negativi, e di comportarmi nel modo migliore per far ricredere almeno le persone dell’ambiente che mi circonda.
Isolina T.
Ottima decisione. Il giudizio del giovane è naturalmente estremizzato e superficiale, ma ha un fondo di verità, che dobbiamo riuscire a superare, facendo ognuno la propria parte. Uno degli esercizi dato come fondamentale da Rudolf Steiner è quello della spregiudicatezza, ovvero l’assenza di giudizio riguardo ad altri che hanno pensieri e comportamenti diversi dai nostri. Non siamo in grado di giudicare nessuno, a maggior ragione chi, in ogni caso, segue la nostra stessa Via. Se lo fa in maniera diversa, con altre modalità, non per questo possiamo affermare che stia errando, o che non stia seguendo alla lettera quanto consigliato dai Maestri. Non guardiamo, come dice il Vangelo, la pagliuzza che è nell’occhio del nostro fratello, quanto piuttosto la trave che è nel nostro. E sottolineiamo la parola fratello, che è fondamentale.
Dovendo discutere di affari con una persona dissociata, come ci si deve comportare per non perdere l’equilibrio interiore?
Stefano M.
Innanzitutto bisogna essere sicuri che la persona sia dissociata. Questa espressione si usa per esprimere il fatto che il vero rapporto con l’Io è perduto, ma è difficile a tutta prima, senza aver svolto indagini serie, affermare che si tratti effettivamente di dissociazione. Il rapporto con una persona, in particolare nel caso di affari di cui si deve discutere, deve avere un carattere logico, quindi è sempre necessaria l’osservanza, in termini obiettivi, di un procedimento logico del lavoro, soprattutto di carattere etico. Senza arrivare a parlare di rapporto spirituale, che è quello che in realtà dà il senso al rapporto etico e logico, ma parlando dell’immediatezza pratica, noi dobbiamo prendere delle decisioni secondo il piano in cui ci troviamo, nel momento in cui discutiamo di affari o di problemi di quel tipo. Dobbiamo quindi fare appello a un rapporto logico, oltre che umano ed etico, per cui se ci sono degli scantonamenti, dobbiamo essere in grado di riportarlo sul giusto binario. Ma se la persona è dissociata veramente, non si capisce come possa trattare di affari. Il dissociato deve aver già combinato degli affari, nel suo passato, che non si sono conclusi positivamente, per cui basta informarsi per sapere difronte a chi stiamo, controllare i comportamenti precedenti che gli hanno causato la valutazione di dissociato. E allora, se si appura l’effettiva esistenza di una dissociazione, meglio non intrattenere con lui alcun tipo di affari.
Un amico, anche lui discepolo, o seguace, dell’Antroposofia, ha detto che ha sentito dire che Massimo Scaligero ha affermato una volta che lo scienziato moderno compie un’esperienza medianica. Vorrei sapere se una tale affermazione è credibile.
Emma S.
Prima di commentare il senso della domanda, dobbiamo dire che non è saggio basare le nostre convinzioni su quanto viene riportato a voce da amici, anche se in buona fede, ma a volte in maniera approssimativa. Possiamo farci un’opinione precisa solo basandoci sulla nostra esperienza di pensiero, cui unire quanto scritto nei libri di Massimo Scaligero oltre a quelli di Rudolf Steiner. Sulla linea di quell’insegnamento dobbiamo avere il coraggio di comprendere le situazioni odierne, senza però limitarci a quanto leggiamo, dato che gli eventi attuali sono molto diversi da quelli del periodo in cui vivevano i nostri Maestri. È importante che di quanto ci coinvolge quotidianamente ci formiamo un’idea personale, perché dobbiamo agire in piena libertà, cooperando con le nostre forze personali alla soluzione delle questioni universali dell’umanità. Questioni che non si lasciano afferrare mediante concetti astratti, ma che richiedono forme di meditazione e contemplazione molto potenti. Dobbiamo avere la capacità di comprendere ciò che avviene indipendentemente dalle nostre simpatie o antipatie, senza cadere nella fazione o nell’adesione ad una parte o all’altra. Possiamo tentare un’interpretazione di quanto è stato riportato nella domanda, basandoci su considerazioni del tutto personali. Diciamo che noi possiamo essere portati a condividere una certa convinzione scientifica, ma dobbiamo anche essere pronti a lasciare tale simpatia per avere la visione giusta. Sappiamo che nel periodo che seguí gli anni Venti del secolo scorso, si esaurí l’antecedente spontanea intuitività che pervadeva la scienza. Le forze con cui la scienza si rivolgeva al mondo fisico erano forze d’intuizione, che non erano però una produzione dell’anima cosciente dell’uomo. Da quel periodo iniziarono dei cambiamenti, e furono possibili i primi positivi risultati. Ma è mancata la capacità di unire la raggiunta nuova consapevolezza alla precedente intelligenza intuitiva. Bisognava associare ad ogni atto scientifico, ad ogni esperimento, quella diversa capacità intuitiva che nella nuova fase dell’anima cosciente l’uomo trovava dentro di sé. Questa nuova capacità è stata invece rivolta dalla scienza ufficiale solo verso la realtà fisica. Che questo potesse accadere era previsto. Il portare a piena coscienza l’atto scientifico poteva accadere o meno. Quando l’uomo ha esaurito la precedente forza di intuizione è iniziata una seconda fase della scienza, secondo la quale egli ha ritenuto necessario portare l’indagine della vita organica sul piano fisico, attraverso analisi chimiche e macchinari di ogni tipo. Quindi il meccanicismo, che una volta era limitato al piano della scienza empirica, è entrato come procedimento di indagine in tutta la scienza. In questo senso possiamo dire che tale situazione è scivolata nel medianico. Non ci si è piú basati sulla propria capacità pensante, di penetrazione del pensiero nella situazione, grazie alla rinnovata capacità di intuizione cosciente. Si è delegato alla macchina, alla chimica, di decidere l’intervento necessario. Un automatismo è subentrato al pensiero libero dello scienziato, del medico, del biologo, dell’agricoltore ecc. Ed ogni automatismo è segno di medianità.