Cosa credete, questa è la famiglia:
nulla di trascendente, un sodalizio,
un gruppo che si dà mutua assistenza,
un battello impegnato a superare
le rapide, le secche ed i marosi
del vivere in un mondo esagitato,
infido per i gorghi e le correnti.
Si ritrovano a sera intorno al desco,
col nonno che si lagna per l’artrite,
la nonna che sciorina nostalgie,
i figli con richieste sempre nuove
sul tono di chi prende senza dare,
la madre che minaccia diserzioni
dal ruolo di servente tuttofare
e il padre con la testa rintronata
dai conti che faticano a tornare,
timoniere sconfitto e logorato
lontano dal modello celebrato
di cavaliere adamantino e forte
di favole, racconti e filastrocche
ch’egli stesso narrava ai suoi bambini
tutte le sere prima della nanna.
Ora i figli lo scrutano delusi
mentre reclina il capo per il sonno
e la moglie in corvé dalla cucina
lo scuote con un «Caro, non dormire!».
Ma cosa v’aspettate, questo è il mondo:
un periplo con mezzi di fortuna
intorno al continente inesplorato
del vivere nel bruto quotidiano,
senza gloria, prebende né medaglie.
Un tritacarne che frantuma sordo
l’onore, la virtú, la grazia e il sogno.
Ma se tutti mantengono la rotta,
compatti come dita di una mano,
insieme come trecce in una corda,
reggerà bene al mare la paranza
e sbarcheranno salvi alla marina.
E sarà lí che troveranno il premio
di questo navigare travagliato.
Soltanto allora sarà chiaro il senso
del loro stare uniti, del penare
sui remi, sul timone, sulle vele,
del pianto, dell’offesa, del sudore.
Sapranno quanto vale la pazienza
nel computo dei meriti finali,
nel novero dei titoli reali.
Allora sarà fatto cavaliere
chi non usò la spada per ferire,
ma pose la sua mano sulla fronte
dei figli, a notte, prima di dormire.
Il cronista