Scrive Rudolf Steiner che ogni uomo nasce simbolicamente con un pezzetto di terra, ovvero con delle risorse già assegnategli potenzialmente. Calcolare che i beni della Terra fra 50 anni saranno esauriti è una ipotesi messa in dubbio anche da una recente pubblicazione della Oxford University Press. Allo stato attuale delle cose, e tenendo conto delle diverse possibilità di sviluppo, la popolazione mondiale potrebbe disporre di risorse sufficienti. È l’insipienza degli uomini che impedisce di reperire e di distribuire la ricchezza effettivamente esistente.
Stabilire praticamente il punto di partenza retributivo per tutti, significa in sostanza iniziare ad attribuire ad ogni uomo quanto gli spetta in conseguenza alla sua presenza sulla Terra. Questo punto di partenza potrebbe evolvere con il miglioramento della prosperità mondiale e con l’aumento della produzione delle singole aziende Occorre anche tenere conto che già da tempo ci si va evolvendo dalle economie nazionali a una economia mondiale. Infatti una sacca di miseria pesa attualmente su tutta l’economia della Terra. Credere di ignorarla è un assurdo Il continuo riproporsi di condizioni di crisi in tutti i Pesi sviluppati non è che uno dei sintomi del fatto che non si avverte ancora a sufficienza, da parte delle diverse politiche economiche nazionali, che la Terra è ormai un organismo unico. Si dovrebbe aspirare pertanto a una maggiore uniformità delle retribuzioni all’interno dei singoli Paesi, almeno come punto di partenza, prendendo in considerazione, naturalmente i diversi poteri d’acquisto, le diverse situazioni monetarie e le diverse abitudini di vita. Si eviterebbe in tal modo che la povertà retributiva di certe nazioni consenta una concorrenza sleale, sorretta dal basso costo della mano d’opera e non dalla qualità dei prodotti o dal miglioramento delle tecniche produttive.
Se in futuro verrà accettato il principio che il lavoro non può essere pagato e che di conseguenza tutti i problemi a esso attinenti sono una questione giuridica, si darà all’economia mondiale un limite il quale non potrà che determinare conseguenze positive sul livello e la stabilità dei prezzi. Una buona parte del mondo industrializzato è riuscita a darsi un elevato tenore di vita, malgrado il persistere di alcune zone di sottosviluppo. Anche la piú ricca delle nazioni però, vedrebbe migliorare la sua atmosfera sociale se l’entità base retributiva fosse stabilita a livello giuridico e fosse efficientemente tutelata, insieme ai problemi dell’ambiente di lavoro, di orario, delle ferie ecc. Il prestatore d’opera contribuirebbe piú attivamente alla pace sociale se avesse la certezza che tutto quanto riguarda la sua individualità verrebbe affrontato dalla organizzazione giuridico-statale, da una istituzione alla quale, come cittadino maggiorenne, egli collabora democraticamente, mediante organismi rappresentativi che gli consentano di far recepire direttamente tutte le sue esigenze di vita: dalla retribuzione alla tutela della salute, dai giusti periodi di riposo alla pensione.
Ci sembra opportuno precisare che non intendiamo con ciò imporre una retribuzione unica uguale per tutti. Difendere giuridicamente il diritto alla vita non può significare un piatto livellamento, imposto da un contratto collettivo unico. Due uomini che si incontrano per collaborare insieme per un determinato fine, instaurano fra loro, prima di tutto, un rapporto spirituale fondato sulle reciproche capacità, il quale deve essere vissuto in un clima di dignità e di libertà. Il reciproco rispetto dovrebbe condurre spontaneamente a che ogni uomo, il quale si accinge a un qualsiasi lavoro dipendente, discuta personalmente il suo contratto con il suo datore di lavoro. Fermi restando naturalmente i princípi stabiliti per legge, tendenti anche a identificare e a reprimere, con severità, tutti i casi di sottoccupazione o di cottimo forzoso.
Sino a quando non si perverrà a una contrattazione personale fra datore di lavoro e prestatore d’opera, mediante la quale tutte e due le parti si impegnano nei rispettivi diritti e doveri, avremo fatalmente posto una delle parti in una condizione di sudditanza rispetto all’altra.
Argo Villella
Selezione da: A. Villella Una via sociale Società Editrice Il Falco, Milano 1978.