Salute e malattia

Questione sociale

Salute e malattia

La domanda posta concerne l’emblema della rivista «Antroposofia, messaggero austriaco da anima umana ad anima umana»: Aquila, Leone, Testa di Toro e Testa di Uomo.

 

R. Steiner: Credo, signori, che la miglior cosa da fare sia di spiegarvi l’uomo per quanto mi sembra necessario e dirvi la prossima volta quale rappresentazione dell’uomo si trova in questi quattro simboli. Non è sempre possibile abbordare tutto senza condizioni, vero? Oggi mi sforzerò di creare queste condizioni. Perché vedete, questi quattro animali, di cui uno è l’uomo, risalgono alla conoscenza dell’uomo che si aveva una volta, ai primi tempi dell’umanità. Per esempio, oggi non è piú possibile dare una spiegazione su questi quattro animali come facevano gli Egizi, bisogna darne una spiegazione un po’ diversa. Beninteso, la spiegazione che daremo deve essere giusta, ma deve partire da ipotesi un po’ differenti.

 

Da germe, a feto, a bimbo

Da germe, a feto, a bimbo

Vorrei adesso attirare di nuovo la vostra attenzione, come vi ho fatto osservare varie volte, sulla maniera in cui l’essere umano proviene dal germe umano, come si sviluppa nel corpo materno. Vi ho già detto molte cose a proposito di questo germe umano, e vorrei oggi ritornare allo stadio piú iniziale, al tempo durante il quale il germe umano, dopo la fecondazione, si sviluppa nel corpo della madre. Come potete vedere, a questo stadio il germe è una cellula unica, una cellula che contiene delle proteine e un nucleo. È talmente piccolo che si può distinguerlo solo con l’aiuto di un microscopio. Ed è veramente a partire da un solo ovulo fecondato che l’uomo debutta nella vita fisica.

 

Prendiamo in considerazione adesso il seguito del processo.

 

Quello che in seguito avviene di questo piccolo uovo situato nel corpo della madre consiste in una scissione: un uovo si divide in due, poi ciascuno dei due si divide a sua volta in due, e cosí di seguito, cosicché un numero sempre maggiore di cellule sorge da questa scissione. Piú tardi, il nostro intero corpo è composto di tali cellule. Ma queste non mantengono la loro forma tonda, adottano al contrario le forme piú diverse.

 

Dobbiamo adesso tener conto di una cosa di cui vi ho già parlato: quando questa piccola cellula si trova nel corpo della madre, bisogna sapere che su di essa influisce tutto il mondo, il mondo tutto intero. La gente non è naturalmente ancora pronta a capire queste cose. Tuttavia è cosí, il mondo intero influisce su quella cellula. Non è indifferente che quell’uovo si divida al momento in cui, lassú, la luna si trova per esempio davanti al sole; la situazione cambia se questo avviene quando il sole si trova lontano dalla luna ecc. Il firmamento tutto intero ha un’influenza su questa cellula. Ed è sotto l’influenza di questo firmamento che è modellato l’interno della cellula.

 

Ora, vedete, vi ho già detto che quando il bambino è in questi suoi primi mesi, solo la testa è effettivamente sviluppata. La testa è modellata, e a dire il vero il resto del corpo è solo un’appendice: quei minuscoli pezzi che vedete sono le mani e questi altri sono le gambe. Questo piccolo essere tende sempre di piú a metamorfosare le sue mani e le sue braccia, a trasformare quei pezzetti in piedi ecc.

 

Da dove viene tutto questo ? Dobbiamo porci la domanda: da dove viene tutto questo? Viene dal fatto che piú l’essere umano è prossimo allo stato embrionale, piú è esposto all’influenza del mondo delle stelle; e piú è avanti nel suo sviluppo, piú mesi ha passato nel grembo materno, piú è esposto alla forza di gravità. Per tutto il tempo che agisce sull’uomo, il firmamento struttura tutto in modo da fare della testa la cosa principale. La forza di gravità fa da sola il resto. Risalendo ai primissimi tempi della gravidanza, al primo, secondo mese, si constata ancor meglio che man mano si formano dei milioni di cellule e che tutte le cellule che appaiono in quel momento sono sottomesse all’in­fluenza delle stelle, e che in seguito diventano sempre di piú dipendenti dalla Terra.

 

Vedete, riguardo a questo ci si può convincere dell’ammirabile organizzazione del corpo umano. È quello che vorrei illustrarvi con l’aiuto di un organo dei sensi. Potrei scegliere benissimo l’occhio; ma ho deciso che oggi lo illustrerò con l’aiuto dell’orecchio. Perché, vedete, una di quelle cellule dà origine all’orecchio. L’orecchio è inserito là dentro, in una cavità del temporale. Una tale cellula darà dunque l’orecchio. Ora, se si vuol ben osservare quest’orecchio, quest’orecchio umano, esso appare come qualcosa del tutto straordinaria. Ve la rappresenterò affinché possiate farvene un’idea e perché vediate anche come una tale cellula si formi progressivamente, in parte ancora sottomessa all’influenza delle stelle, in parte a quella terrestre, e questo in modo talmente meraviglioso che l’uomo può in seguito servirsene.

 

Prima di tutto andiamo dall’esterno all’interno. Quello che potete toccare è il lobo del vostro orecchio; questa parte è chiamata orecchio esterno. In sezione trasversale, esso è costituito da cartilagini ed è ricoperto di pelle. Il suo ruolo è quello di captare la piú grande quantità di suoni e di rumori che gli arrivano. Se avessimo soltanto un buco, potrebbe essere captata solo una minima quantità di suoni. Potete introdurre un dito nel vostro orecchio: ne parte un canale che porta alla cassa del timpano, nella parte interna temporale. Questo condotto è chiuso dall’interno dalla cosiddetta membrana del timpano. All’estremità di questo canale si trova una finissima membrana: fa pensare alla pelle di un tamburello. Immaginate un tamburello con la pelle tesa che viene percossa: è cosí che l’orecchio è chiuso dall’interno da questa membrana del timpano.

 

Condotto uditivoContinuando, arriviamo da qui ad una cavità che si distingue nello scheletro, e di cui vediamo uno schizzo. Guardate, tutta questa parte è occupata dall’osso, in questo posto esso dà sulla man­dibola: lí dentro esso contiene una cavità, ed è a questa cavità ossea che porta quel condotto che è chiuso dalla membrana del timpano. Là dentro, dunque, dietro il lobo del vostro orecchio, avete una cavità e vi dirò quello che contiene.

 

Il condotto uditivo esterno, nel quale potete introdurre il vostro dito mignolo, non è il solo ad arrivare in questa cavità, anche un condotto simile che parte dalla faringe conduce in effetti a questa cavità. La faringe si trova qui, e un condotto simile conduce anch’esso lí dentro. Cosí dunque due condotti conducono in questa cavità: uno dall’esterno, l’altro dalla faringe. Quest’ultimo si chiama tromba di Eustachio. Ma non fermiamoci sui nomi.

 

Potete ora rendervi conto di una cosa notevole. In quel punto se non ci fosse un buco che viene dalla testa, dal cranio, si troverebbe l’osso temporale. Tutto l’orecchio è in effetti qui, all’interno di una cavità ossea. Ma la cosa notevole consiste nella presenza di un guscio a chiocciola (coclea). Questo comprende due parti: una membrana (legamento spirale), uno spazio (scala vestibolare) e anche un altro spazio (scala timpanica). Il tutto è riempito di acqua, un’acqua vivente di cui vi ho già parlato. L’insieme assomiglia ad un guscio di chiocciola, con la differenza che è fatta di pelle. L’interno della coclea è riempito di frange. È straordinariamente interessante. Se perforate la membrana del timpano e continuate ad andare avanti, trovate dunque questo guscio di chiocciola che è riempito di frange la cui consistenza assomiglia a quella della pelle. Ma cos’è in realtà questa chiocciola? Ebbene, signori, facendo un approccio veramente scientifico alla cosa, si nota quello che è. Non è altro che una particella dell’intestino tenue che si è perso nell’orecchio. Cosí come abbiamo l’intestino nel ventre, abbiamo nell’orecchio una particella d’intestino tenue. L’orecchio è formato in modo che vi è celato un minuscolo intestino, come nell’uomo vi è un grande intestino. E questo piccolo intestino, che è anche lui riempito di acqua vivente, è anche circondato da tale acqua. È straordinariamente interessante. E l’intero guscio, che è riempito di acqua vivente, è chiuso da una membrana (la finestra ovale). Anche da questa parte abbiamo una membrana (la finestra rotonda). Cosí come la pelle di un tamburello si mette in movimento quanto è colpita, questa piccola membrana può mettersi a vibrare quando il suono arriva dalle due parti.

 

Vi ho detto che una membrana si trova qui, in mezzo. Questa membrana isola la parte riempita da un’acqua viscida: lí essa è piú fluida; ed è ancora una membrana che separa i due spazi. Ecco qualcosa di particolarmente interessante. Mi piace qualificarla come meravigliosa. Vi descriverò cosa si trova su questa membrana (della finestra ovale): vi sono due piccoli ossicini: si presentano e assomigliano a delle staffe. Ed è per questo che sono stati chiamati cosí. Ma in realtà si tratta di qualcosa del tutto differente. Vi dirò dopo cosa sono. Trovandosi qui questa membrana, ed essendo la staffa posta sopra, vediamo che gli ossicini si succedono. E questo susseguirsi assomiglia al braccio e all’avanbraccio. Ecco quello che è appoggiato sulla finestra ovale. In breve, se immaginate il braccio da una parte e l’avanbraccio dall’altra, noterete una cosa curiosa: su una delle membrane c’è un ossicino libero da ogni appoggio. Pur essendo libero, è collegato agli altri da alcune articolazioni. Non dimentichiamo che si tratta di ossicini minuscoli.

 

Anatomia dell'orecchioQuanto al pensiero materialista, che osserva tutto dall’esterno, esso ha attribuito il nome di martello all’osso che si trova piú vicino e a contatto con la membrana timpanica, d’incudine a quello che lo urta e di staffa al terzo il nome. Questi ossicini sono dunque chiamati dalla scienza ordinaria: martello, incudine e staffa.

 

In fondo, la scienza ordinaria non sa cos’è. Perché l’ossicino a forma di staffa non è altro che l’osso del braccio con una forma un po’ differente. Vedete, il modo in cui si articola il braccio è simile a co­me si articola la staffa. Da una parte abbiamo il gomito, dall’altra c’è una specie di mano. E su questo ossicino è posto un ossicino libero. È un osso che non si trova sulla mano, bensí nel ginocchio. Potremmo perciò dire cosí: questa è una gamba, questo è un piede. Dunque, una parte sarebbe la coscia, un’altra il ginocchio, qui sarebbe appoggiato il piede e lí la rotula.

 

[Rudolf Steiner ha parlato dell’orecchio anche nella sua conferenza Lo spirito nella formazione dell’organismo umano – O.O. N° 218. Pensiamo utile riportare anche quanto da lui specificato in quella occasione: «Procederò nelle nostre considerazioni con una descrizione dal dentro al fuori.

 

Quello che vediamo appoggiato alla parte interna dell’orecchio interno, che la scienza ordinaria chiama “staffa”, si presenta come una coscia umana trasformata, metamorfosata e dotata di collo del femore. Quello che la scienza ordinaria chiama “incudine”, quel piccolo ossicino, si presenta come una rotula trasformata, e quello che partendo dall’incudine si dirige verso il timpano è simile a una gamba trasformata dotata di un piede. Nel caso dell’orecchio, il piede si appoggia non al suolo ma al timpano. …Potreste anche chiamare questa parte “braccio”, ma il vero braccio non è dotato di una rotula, l’incudine quindi ne è priva. Potreste chiamare “avambraccio” l’altro piccolo ossicino delle cellule dell’udito che si appoggia al timpano. Allo stesso modo in cui sentite il suolo grazie alle vostre due gambe, sentite il timpano grazie al piede dell’ossicino dell’udito. La sola cosa è che il piede che tocca la terra, e con il quale camminate, è modellato in modo grossolano. La pianta del piede ve lo fa sentire grossolanamente, mentre la mano o il piede che si trovano nella staffa all’interno del­l’orecchio vi permettono di percepire continuamente i sottili fremiti del timpano. Proseguendo poi verso il fondo, trovate quello che è chiamato “chiocciola”, o “coclea”. Questa chiocciola è riempita di una soluzione acquosa. Tutto ciò è indispensabile per poter udire. Quello che il piede tocca sul timpano deve essere trasmesso alla coclea, che è situata all’interno della cavità dell’orecchio. Sopra la nostra coscia si trova l’intestino. La coclea/chiocciola che abbiamo nell’orecchio è in effetti un intestino dotato di una bellissima forma, una metamorfosi d’intestino. Da tutto questo potete immaginare che in realtà l’orecchio nasconde un uomo. Quanto alla sua testa, essa è inglobato nel cervello umano»].

 

Tutto questo è quanto meno molto curioso. Abbiamo visto dapprima che le cavità delle nostre orecchie contenevano una specie di visceri e poi abbiamo scoperto qualcosa che assomigliava veramente ad una mano, un braccio, un piede. A cosa serve tutto questo? Immaginate che arrivi un rumore. Questo rumore va a urtare la membrana del timpano. Tutta quella parte sarà scossa. In questo modo l’uomo, senza esserne cosciente, fa l’esperienza di quei colpi all’interno dell’orecchio. Cercate di ricordarvi, deve ben esservi successo d’averlo provato: mentre vi trovavate in fondo alla strada c’è stata un’esplosione dietro di voi. Voglio dire che, allora, avete dovuto notare che il fragore lo si sente fino nel profondo delle viscere! Può anche causare delle perturbazioni nelle viscere. Ma per quanto riguarda l’orecchio, è l’umore acquoso che nella coclea risente lo choc piú leggero che ha trasmesso questo braccio. Quel liquido che si trova nella coclea segue le oscillazioni di cui l’uomo si rende conto toccando la membrana del timpano con questa mano. È comprensibile?

 

Pubblico: Sí!

 

Tromba di EustachioR. Steiner: Vi dirò ancora qualcosa. A cosa serve questa tromba d’Eustachio che porta dalla faringe all’orecchio? Ebbene, si può farne a meno quando si presenta un suono abituale. Ma, quando qualcuno parla a qualcun altro e vogliamo capirlo, il suono passa da lí e scuote quella parte: passa in quel liquido. Questo perché abbiamo imparato a parlare, e se noi stessi non avessimo imparato a farlo, non saremmo capaci di comprendere l’altro; è perché abbiamo imparato a parlare che i suoni del linguaggio percorrono la tromba d’Eustachio. E sono capace di comprendere l’altro perché l’aria percorre la tromba d’Eustachio per andare nell’orecchio, e perché ho preso l’abitu­dine di muovere io stesso quell’aria con il mio proprio linguaggio. All’interno del mio orecchio avviene l’incontro di quello a cui mi ha abituato il mio proprio linguaggio con quello che arriva dal linguaggio dell’altro. Qui avviene l’incontro.

 

Sapete che quando pronuncio la parola “casa” sono abituato al fatto che si producono certe vibrazioni; quando pronuncio la parola “polvere” la vibrazione prodotta è di un’altra natura. Queste vibrazioni mi sono familiari. Quando pronuncio la parola “casa”, la vibrazione viene dall’esterno e sono abituato a percepirla. La conoscenza che ne ho e la vibrazione che viene dall’esterno s’in­contrano qui, e io capisco cosa significa “casa”. Si capisce, vero? Quando da bambini dobbiamo imparare a parlare, la tromba d’Eustachio che conduce dalla faringe all’orecchio ha come funzione di comprendere nello stesso tempo l’altro. Queste cose sono molto interessanti.

 

OrecchioImmaginate adesso che nell’orecchio non ci sia nient’altro oltre quello che vi ho mostrato. A rigori, potreste comprendere l’altro; potreste ugualmente ascoltare un po’ di musica; ma d’altra parte non sareste capaci di ricordare quello che avete udito. Non avreste la memoria né per il linguaggio né per i suoni. Se l’orecchio non celasse qualcos’altro non avreste memoria né per il linguaggio né per i suoni. L’orecchio nasconde ancora qualcosa affinché abbiate una memoria. Affinché possiate trattenere nella vostra memoria quello che sentite, c’è qualcosa d’altro, ci sono quei tre canali semicircolari; si trovano qui sopra. Dovete rappresentarvi degli archi cavi. Ecco il secondo, che è perpendicolare al primo; ed ecco un terzo, che è ugualmente perpendicolare all’altro. Sono tutti e tre obliqui in rapporto ai tre piani perpendicolari dello spazio. Nell’orecchio si trova ancora una cosa meravigliosa. Questi canali sono cavi, evidentemente, visto che si tratta di canali. Contengono anch’essi una soluzione acquosa fine e vivente che circola lí dentro.

 

Ma quello che è notevole in questa “acqua vivente”, è che essa fa continuamente nascere dei minuscoli cristalli. Quando, per esempio, udite la parola “casa” oppure il suono “do”, si formano dei piccoli cristalli; quando udite la parola “uomo” i cristalli che si formano sono un po’ differenti. I minuscoli cristalli che si formano all’interno di questi canali ci permettono non soltanto di comprendere, ma anche di conservare nella nostra memoria quello che è stato compreso. Perché, cosa farebbe l’uomo senza che ne fosse cosciente?

 

Non avete che da immaginare di sentir pronunciare, per esempio, «cinque franchi». Volete ricordarvi quello che è stato detto e lo notate nel vostro libriccino. Quello che avete scritto a matita non ha niente a che vedere con i cinque franchi. Ma è grazie a quanto avete scritto nel vostro libriccino che ve lo ricordate. Quello che si sente è scritto nello stesso modo in quei piccoli canali grazie a dei minuscoli cristalli simili a dei caratteri. E il nostro intelletto ci permette di leggerli in modo incosciente quando ne abbiamo bisogno. Dunque, all’interno di questi tre canali semi-circolari c’è dunque una memoria per i suoni e i rumori. La catena degli ossicini ospita l’intelletto. I moti dell’anima, vale a dire il sentimento, avvengono in parte nella coclea; udiamo i suoni in questa parte del labirinto, all’interno della coclea. È lí che udiamo i suoni. E quando parliamo ed emettiamo dei suoni, la volontà di parlare passa attraverso la tromba d’Eustachio. Tutto quello che riguarda l’animico dell’uomo si trova all’interno dell’orecchio: la volontà vive nella tromba d’Eustachio, il sentimento vive nella coclea e l’intelletto vive nella catena degli ossicini. Quanto alla memoria, essa vive nei tre canali semicircolari. E affinché l’uomo possa portare a coscienza tutto questo processo, c’è un nervo che parte da qui e che attraversa questa cavità. Questo nervo si stende da ogni parte, ricopre tutto. Ed è grazie a questo nervo che tutto è portato alla nostra coscienza, al cervello.

 

Gli Egizi e l'orecchioTutto questo, signori, è veramente singolare! In una parte del temporale abbiamo una cavità: si vede semplicemente un orifizio che conduce a una cavità. Si può accedere a questa cavità dal­l’orecchio esterno, imboccando il condotto uditivo, forando la membrana timpanica. Tutto quello che vi ho mostrato si trova in questa cavità. Si comincia prima di tutto nel tendere la mano per toccare i suoni che penetrano in maniera da poter comprendere. Poi li trasmettiamo alla coclea, a quell’“acqua vivente”. È cosí che sentiamo i suoni. Poi facciamo entrare la nostra volontà nella tromba d’Eustachio. Ed è grazie a quei piccoli cristalli situati all’interno di quei tre canali semicircolari che ci ricordiamo di quello che è stato detto, cantato o tutto quello che ha potuto arrivare a noi sotto forma di suono.

 

Possiamo dunque dire che portiamo nel nostro orecchio un omino, un vero piccolo uomo. Perché l’uomo possiede volontà, sentimento, pensiero, intelletto e memoria. In questa cavita noi abbiamo dunque un piccolo uomo. In effetti, siamo un insieme di piccoli uomini. L’uomo tutt’intero non è altro che l’insieme di questi piccoli uomini. Prossimamente vi mostrerò che anche l’occhio è un piccolo uomo. E cosí il naso. Questi piccoli uomini sono tutti legati grazie al sistema nervoso e costituiscono l’uomo tutto intero. Questi piccoli uomini esistono, perché tutto quello che si forma fintanto che l’uomo è nello stato embrionale nel corpo materno è ancora sottomesso all’influenza delle stelle. Perché tutto quello che è stato cosí meravigliosamente modellato, cioè i canali che fanno nascere i cristalli e quel braccio, tutto questo non può essere modellato dalla forza di gravità, né da quello che è terrestre. Tutto questo è deposto nel corpo materno dalle forze delle stelle che vi agiscono ancora. È soltanto quello che appartiene all’uomo, quella sola parte, la coclea e la tromba d’Eustachio, che si svilupperanno piú tardi. La Terra è all’origine di questa parte dell’uomo come del resto la forza di gravità della Terra conferisce all’uomo tutt’intero la sua forma e la sua statura, per questo basta ricordarsi che ci mettiamo dritti in piedi solo molto tempo dopo la nostra nascita.

 

Vedete, se prima di tutto si sa come l’uomo tutto intero si sviluppa a partire da una piccola cellula, se si sa che una cellula si metamorfosa in occhio – ma in effetti ci sono dieci gruppi di cellule che si metamorfosano, non si tratta soltanto di una cellula, ma questo non ha una grande importanza se ci si rappresenta una cellula unica – se dunque una cellula si trasforma in occhio, l’altra in orecchio, la terza in naso, si vede di conseguenza la maniera con cui l’uomo si costruisce progressivamente per il fatto che all’inizio egli è costituito da una sola cellula, cellula che ne produce una seconda e per il fatto che questa seconda cellula va in un altro posto, che si sottomette ad un’altra influenza, essa diventa differente, si metamorfosa in orecchio, un’altra in naso, una terza in occhio ecc. Ma le forze della Terra non sono in realtà le sole a dirigere questo processo. Le forze della Terra potrebbero solo formare quello che a rigor di termini è di forma rotonda, come gli intestini nel nostro ventre. Tutto il resto è ancora modellato dalle stelle.

 

Tutto questo oggi lo sappiamo grazie al microscopio, che ci permette di osservare queste cose. Per esempio, la catena degli ossicini è terribilmente piccola! È perciò notevole che nei tempi passati si sapesse tutto questo grazie a un tipo di conoscenza del tutto differente da quello che abbiamo oggi. Gli Egizi dell’antichità, per esempio, si preoccuparono ugualmente di queste cose tre mila anni fa, e sapevano a loro modo quanto fosse meraviglioso l’interno dell’orecchio umano. Si dissero: la testa dell’uomo è provvista di orecchie, di occhi e di altri organi. Se vogliamo avere dei chiarimenti su questi organi, non abbiamo che da domandarci: per quale mezzo l’orecchio, l’occhio – come previsto ve ne parlerò la prossima volta – hanno ricevuto una forma cosí diversa rispetto a quella degli altri organi del corpo? Dissero allora: questi organi della testa, le orecchie, gli occhi sono diventati cosí perché, come si sa, sono sottomessi alle influenze che agiscono all’esterno della Terra. Diressero allora i loro sguardi verso l’alto e dissero: lassú, in alto nell’aria, vola per esempio un’aquila, ed è in quell’elemento che si forma. Se si vogliono conoscere le forze che nella testa dell’uomo modellano gli organi, bisogna guardare lassú, in alto. Ecco perché quando lo disegnarono, disegnarono dapprima un’aquila al posto della testa dell’uomo.

 

Se adesso guardiamo per esempio il cuore e i polmoni, essi si presentano in modo del tutto differente dall’occhio e dall’orecchio. Quando guardiamo i polmoni, non possiamo affatto riferirci alle stelle, e lo stesso per il cuore. La forza delle stelle agisce particolarmente nel cuore, ma non possiamo attribuire la sua forma, la sua apparenza alle stelle. Gli Egizi lo sapevano già, tremila anni fa: non possiamo attribuirli alle stelle allo steso modo che gli organi della testa. Allora, gli Egizi si domandarono: dove si può trovare un animale che sviluppa in modo del tutto evidente gli organi propri a evocare il cuore, i suoi polmoni ecc.? L’aquila sviluppa in modo del tutto particolare gli organi che evocano la testa dell’uomo. Secondo quanto si dissero, l’animale che sviluppa maggiormente il suo cuore, e che è per questa ragione l’animale piú coraggioso, quell’animale che è dominato dal cuore, è il leone. Perciò chiamarono “leone” la parte che contiene il cuore, i polmoni ecc. Dissero dunque: la testa = aquila. La parte mediana dell’uomo = leone.

 

Poi si dissero: per quanto riguarda gli intestini dell’uomo, essi non assomigliano alle altre parti. Quelli del leone sono corti, il suo sviluppo si è fatto a detrimento degli intestini. Ad ogni modo gli intestini hanno un’apparenza del tutto differente. Nell’orecchio si trova solo un minuscolo intestino dalla forma molto delicata. I nostri intestini non hanno niente di delicato. Se si vuole conoscerli, bisogna confrontare la loro formazione agli animali influenzati soprattutto dai loro intestini. Il leone si trova sotto l’influenza del cuore, l’aquila delle forze che vengono dall’alto. L’influenza degli intestini? Ebbene, osservate delle mucche sazie, avrete l’impressione che i buoi e le mucche sono sottomessi all’influenza dei loro intestini. Si sentono terribilmente a loro agio quando ruminano. Per questa ragione gli antichi chiamarono Uomo-Toro quello che nell’uomo costituiva gli intestini.

 

I quattro animali sacriAvete dunque i tre membri della natura umana:

 

 

Aquila = testa

Leone = petto

Toro = ciò che fa parte del sistema digestivo.

 

 

Gli antichi sapevano anche questo: quando incontro un uomo, non ho l’impressione che la sua testa abbia qualcosa di un’aquila, la sua parte mediana non è un leone e la parte inferiore dell’uomo non è né toro, né bue. Lo sapevano bene. Perciò si dissero: ebbene, se non ci fosse nient’altro, andremmo in giro tutti con una testa d’aquila, un corpo di leone e finiremmo in toro. È cosí che andremmo in giro. Ora, c’è ancora un’altra cosa che interviene, ed è questa cosa che trasforma la testa e conferisce dei tratti umani. E ciò che fa sí che noi non siamo un leone, propriamente parlando, è l’uomo. L’uomo riunisce tutto.

 

È veramente notevole vedere come gli uomini dell’Antichità esprimessero sotto forma d’im­magine certe verità che noi riscopriamo oggi. In ogni caso, avevano piú facilità di noi nel formare delle immagini. Vedete, la nostra istruzione ci permette di accedere a molte cose, ma non si può dire che i concetti che oggi siamo abituati a imparare quando siamo a scuola risveglino molto il nostro sentimento. Era diverso per quegli uomini. Quei pensieri li toccavano veramente nel profondo delle loro sensazioni, per questo facevano dei sogni. Nel loro sogno vedevano l’uomo tutt’intero sotto forma di immagini.

 

In un certo senso, è come se un’aquila li guardasse dalla fronte, un leone dal cuore e un toro dal ventre. Riunivano poi tutti questi elementi per farne un’immagine molto bella dell’uomo tutto intero. Cosicché si può dire: per gli antichi uomo, toro, aquila e leone componevano l’uomo.

 

È una concezione che si ritrova perfino nelle descrizioni evangeliche. Fu alla base di molte cose. Per esempio, si dice che il Vangelo secondo Matteo descrive l’Uomo Gesú esattamente come un uomo, è la ragione per la quale l’autore del Vangelo secondo Matteo fu soprannominato “Uomo”; ma se prendiamo Giovanni, gli antichi dicevano di lui che descriveva Gesú come se si librasse al di sopra della Terra, come se volasse sopra la Terra: la sua descrizione si riferiva in effetti a ciò che accade nella testa umana. È dunque ”Aquila”. Se leggete il Vangelo di Marco, vedrete che Gesú è rappresentato come il combattente, il lottatore, il “Leone”. La sua descrizione è tale che sembra mettere l’accento sugli organi della cavità toracica. Quanto a Luca, qual è il suo modo di descriverlo? Luca è presentato in sua qualità di medico che cerca prima di tutto la guarigione. Questo risulta anche nel Vangelo. Per curare un uomo bisogna introdurre qualcosa nei suoi organi digestivi. Perciò descrive Gesú in quanto “Toro”, preoccupato di quanto è introdotto nel processo digestivo.

 

I quattro EvangelistiSi possono cosí riassumere i quattro Vangeli:

 

 

Matteo: Vangelo dell’Uomo

Marco: Vangelo del Leone

Luca: Vangelo del Toro

Giovanni: Vangelo dell’Aquila

 

 

Per quanto riguarda la rivista, origine di questa conferenza, mi sono fatto un dovere di esprimervi quello che passa da uno Spirito umano ad un altro, quello che un uomo può dire di prezioso ad un altro. È con questo spirito che si dovrebbe parlare dell’uomo. Quell’emblema traduce dunque questo: all’apice l’aquila, poi il leone, poi il toro e infine l’uomo stesso che li riunisce tutti. È stato fatto cosí affinché ci si possa accorgere che questo giornale ha per vocazione di parlare dell’uomo. Capite bene, signori, che piacerebbe molto dire oggi agli uomini qualcosa che è in rapporto con loro. Perché la maggior parte di quello che oggi ci è offerto dai giornali non contiene granché che riguardi l’uomo. Era perciò importante esprimere in questo giornale che l’uomo è veramente chiamato a vivere con tutti i suoi organi. Quello che l’uomo dice non deve essere stupido, quindi Aquila; non deve essere codardo, quindi Leone; deve avere i piedi per terra, quindi Toro. Il tutto è destinato ad apportare qualcosa all’uomo, a parlargli, perché oggi sarebbe bello che tutto potesse veramente passare da un uomo all’altro.

 

Ho potuto almeno fare un approccio alla domanda che mi avete posto, prendendo questo punto di partenza e spero di aver portato dei chiarimenti a questo problema.

 

Vi ha interessato l’argomento dell’orecchio? È importante sapere cosa nasconde il nostro corpo!

 

Pubblico: Una domanda concernente i fiori di loto di cui qualche volta si è parlato. Resta un po’ di tempo per parlarne?

 

R. Steiner: Tornerò sull’argomento quando affronteremo i diversi organi. Il nostro prossimo incontro avverrà sabato alle dieci.

 

 

Rudolf Steiner




Conferenza tenuta agli operai del Goetheanum a Dornach il 29 novembre 1922.

3a conferenza, O.O. N° 348 – Traduzione di Angiola Lagarde.