Memorie italiana ed europea

Sociologia

Memorie italiana ed europea

Antagonisti

 

Solo chi non ha seguito con attenzione il recente dibattito elettorale americano, con la sua scia di ira e violenza che ha caratterizzato entrambi gli schieramenti, può ritenere, come vorrebbe far credere un certo mainstream di casa nostra, che il conflitto politico e sociale si sia basato, oltreoceano, su una impostazione “sovranista” cui si opponeva una presunta linea “globalista”. In realtà, se il motto di una fazione era il classico “Make again Great America”, quello dell’altra era niente di meno che “Battle for the soul of Nation”, l’ordine di combattere totalmente per la rinascita del­l’anima nazionale degli Stati Uniti, al punto che anche un organo di informazione chiaramente schierato come il New York Times scriveva, il 18 ottobre 2020, che i leader dei rispettivi gruppi stavano in realtà combattendo per la stessa finalità strategica: il trionfo dell’anima nazionale americanista sul resto del pianeta, seppur con metodologie lievemente differenti.

 

Vi è stata dunque, da parte delle élite, una presa di coscienza che il tentativo di cavalcare in senso imperialista il globalismo ideologico è di fatto fallito con la “rivoluzione mondiale Covid 19”; è in effetti significativo che se dal campo occidentale rimbalzavano da subito, dopo l’irruzione mondiale della pandemia secolare, le accuse all’Asia di aver diffuso scientificamente il “virus cinese”, dall’altro lato si rispondeva per le rime, e quando, sconfitta l’epidemia pochi mesi fa, si passava alla propaganda nazionalistica, si affermava in sostanza che la Nazione cinese avrebbe abbattuto prima di ogni altra al mondo “il virus liberale angloamericano” portato dall’imperialismo d’Occidente nell’Impero di Mezzo.

 

Taluni analisti hanno iniziato cosí a riconsiderare la stessa sfida tecnologica tra le grandi potenze. La vera lotta non si svolgerebbe esclusivamente sull’alta qualità e velocità di produzione dei semiconduttori, che sta peraltro bloccando interi settori industriali, come ha denunciato la cancelliera tedesca in questi giorni, ma con la guerra tecnologica, e forse piú in profondità di questa stessa, avanzerebbe di pari passo una “guerra strategica della memoria”. Nazioni o Imperi si stanno infatti sempre di piú impegnando a riscrivere il passato storico per compattare il fronte in vista di una possibile, o comunque non impossibile, resa dei conti tra gli stessi o le stesse: identità nazionali o imperiali, secondo i differenti contesti, prendono il posto delle ideologie dominanti che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, siano esse socialdemocratiche o liberali.

 

Il dramma che si avverte a livello mondiale è però rappresentato dal fatto che se esiste una memoria animica condivisa cinese, una giapponese, una indiana, una turca, una russa, una americana, per quanti siano gli schieramenti che si contrappongono all’interno nessuno tra essi mette in discussione il dogma della supremazia imperiale dell’estremo Occidente, non esiste invece una memoria comunitaria e patriottica europea. Non solo perché l’atlantismo europeo è ancora effettivamente forte, nonostante la capillare e provvidenziale penetrazione, nel vecchio continente, di altre potenze del capitalismo politico o del socialismo nazionale di mercato, ma anche perché ogni Stato nazionale europeo marcia secondo precise direttive economiche, sociali, geopolitiche di taglio assolutamente nazionale e anche, di frequente, nazionalistico.

 

Esistono varie forme di nazionalismo: ne può esistere una legittimamente difensivista verso una superpotenza aggressiva, come ne può esistere una che sia per forza di cose oppressiva verso un altro popolo, per difendersi però, al tempo medesimo, da un imperialismo piú grande e potente che minaccia mortalmente la Nazione intermedia; può esistere un nazionalismo progressivo o modernistico, che mobiliti moralmente la comunità verso un obiettivo da raggiungere come necessità storica, come ne può esistere uno assolutamente statico o conservatore, ma non di questo vogliamo parlare.

 

Vorremmo sottolineare che nell’èra di Michele, le rigide connessioni di natura etnocratica andrebbero definitivamente superate, come occorrerebbe superare le varie forme di utopismo spiritualistico che purtroppo, spesso e volentieri, hanno ragione del campo esoterico. L’Antroposofia specifica che la realtà è solitamente il miglior sintomo della questione sociale mondiale. Globalizzazione michaelita, dunque, non vuol dire evidentemente che si debba livellare o globalizzare con dogmatico fanatismo al punto da far scomparire ogni sana, e necessaria, differenza nazionale, culturale, ecosistemica. Anzi, si potrebbe avanzare l’ipotesi di meditazione che un sano, armonico universo multipolare e policentrico sarebbe un autentico ideale michaelita, ben oltre le rigide etnocrazie con muri sigillati e l’ideocrazia globalista in cui il reticolo onnipervasivo dei signori del silicio finirà per annientare ogni pensiero creativo umano o umanistico: Oriente, Centro, Occidente.

 

Cosí, all’approccio debole o anche ridicolo della diplomazia di Bruxelles, corrisponde, nei fatti, un profilo aggressivo o imperialistico dei piú forti Stati nazionali dell’Unione Europea. Ciò non potrà che avere conseguenze; cinesi, russi, americani, e di recente anche gli imperialisti turchi, con il loro ingresso di forza sul piano della politica internazionale, si prendono oggettivamente una responsabilità di destino nell’esercizio di un determinato indirizzo sociale e di geodiritto. Viceversa il polo europeo, se da un lato con la strategia interna di “economia sociale di mercato” cogestione ed economia mista sembra poter realisticamente fornire al mondo un modello di salutare equilibrio tra individualismo e comunitarismo, pur essendo necessari taluni correttivi a causa di un certo liberismo ultraindividualista anglosassone ancora presente nella sfera giuridica, dall’altro tutto è vanificato se si considera, per fare solo un esempio, che il CentroEuropa, guidato da Berlino, guarda ormai sempre di piú verso Est (Mosca, Pechino, Ankara) aspettando solo il momento opportuno per liberarsi dal soffocante abbraccio d’oltreoceano, mentre la maggior parte degli Stati nazione europei, guidati da Parigi e ben rappresentati anche in casa nostra, vogliono ancora conservare questo “squilibrio di bilancia” che pende decisamente troppo dalla parte dell’ancora privilegiato imperialismo d’Occidente.

 

Introduzione scritti Goethe

 

Rudolf Steiner, consapevole che l’assolutismo globalistico era una utopia come l’internazionalismo rivoluzionario, ebbe infatti a cuore la Missione delle Anime di popolo. Anima di popolo, nella visione sociale steineriana, è un’autentica entità come lo è il pensare, il sentire, il volere di ogni singolo uomo. L’evoluzione dei popoli sulla terra è perciò in rapporto con le potenze dei corpi celesti, e buono statista è colui che rappresenta e ben incorpora nella scena storica contestuale e sociale la missione dell’Anima di popolo, senza cedere alle tentazioni di forze regressive e irregolari (R. Steiner, Introduzione agli scritti scientifici di Goethe – O.O. N° 1).

 

Un popolo è un gruppo omogeneo di uomini guidati da un Arcangelo, che li ispira per quanto essi fanno e producono positivamente come membri stessi del popolo. I diversi popoli della Terra sono quindi la missione individuale degli Arcangeli. La Scienza dello Spirito tiene in alta considerazione la missione individuale dell’Arcangelo del popolo italiano. Il monito “Riconoscetevi come Anime di popolo” con particolare dedizione rivolta alla salutare memoria italiana e alla futura missione dell’Arcangelo è una motivazione morale di centrale rilievo nel futuro destino, sociale e geogiuridico, della Nazione.

 

«È proprio della nuova rivelazione [michaelita] che si osservi veramente il modo di agire dei singoli Arcangeli sulla terra. Questo sarà un effettivo, reale arricchimento della coscienza umana sulla terra» (R. Steiner, Esigenze sociali dei tempi nuovi – O.O. N° 186).

 

È l’idea forza lasciata da Rudolf Steiner come futuro asse di un pianeta equilibrato. La Scienza dello Spirito tiene in alta considerazione la missione individuale dell’Arcangelo del popolo italiano, al di fuori di ogni tentazione di aggressivo e regressivo “nazionalismo xenofobo”.

 

 

Silvano Aspromonte