Possiamo ora continuare l’esposizione, trattando un tema che, se non direttamente, però almeno per alcuni aspetti, può considerarsi connesso alla patologia del ricambio, della quale abbiamo esaminato uno dei disturbi piú comuni, cioè quello dell’acido urico. A tale disturbo, anche se non in senso assoluto, constatiamo come sovente i disturbi del metabolismo glicidico siano concomitanti in forma piú o meno conclamata; ovvero dipendenti dal disordine urico-escretorio, ma addirittura anche precedenti a questo, quasi ne rappresentassero la genesi causale. Si vedrà appunto cosa abbia il diabete mellito come elemento comune a taluni momenti dell’alterato ricambio dell’acido urico, ma si tenterà costantemente di osservare dove si ponga la necessità di distinguere l’un processo dall’altro, al fine di una conoscenza piú chiara.
Il metabolismo dei glicidi si può dire abbia inizio già entro la cavità orale; la ptialina agisce infatti sugli amidi sottoposti a cottura, trasformando questi in maltosio. A sua volta la maltasi, presente nella saliva come lo è la ptialina, agisce sul maltosio trasformandolo in glucosio. Si tenga presente che nella saliva dei carnivori predatori non è rinvenibile la ptialina. Ci si riferisce soprattutto ai felini selvaggi [non solo nei felini maggiori ma in tutti i felini, gatti compresi, la malattia diabetica è inesistente, a differenza di quanto avviene nei canidi].
Da questa fase iniziale viene preparata gradualmente la sintesi del glucosio; a livello intestinale infatti l’amilopsina pancreatica attacca ulteriormente le sostanze amilacee con formazione di glucosio. Glucosio si forma anche per ulteriori azioni enzimatiche (maltasi, lattasi ecc.) nell’ambito dell’intestino tenue. I capillari sanguigni dell’intestino assorbono rapidamente il glucosio cosí formatosi e lo trasportano al fegato che lo sintetizza a glicogeno insolubile, e che come tale costituisce l’accumulo di riserva entro la struttura parenchimale dell’organo. Il secondo serbatoio di riserva per il glicogeno è costituito dai muscoli. A sua volta il fegato è in grado di sintetizzare il glicogeno anche partendo da monosaccaridi diversi dal glucosio: esempio, dal fruttosio, dal galattosio ecc., ovvero da disaccaridi quali il maltosio, l’isomaltosio ecc.
A seconda di determinate richieste dell’organismo, il glicogeno epatico può essere nuovamente scisso in glucosio con l’intervento della diastasi epatica. In tal modo, il glucosio cosí prodotto viene immesso di nuovo in circolo per essere trasportato nelle sedi di utilizzazione. Tale processo, altrimenti definito come “glicogenolisi” è opposto al primo, definito “glicogenosintesi”. In ogni modo l’uno e l’altro sono regolati da un centro situato nel pavimento del 4° ventricolo. Stimolando tale centro, tutto il glicogeno viene scisso in glucosio e, in seguito alla iperglicemia che ne risulta, si ha glicosuria (in sostanza si riproducono gli effetti della cosí detta puntura diabetica di Claude Bernard).
Si sa come al metabolismo glicidico sia indispensabile l’insulina secreta dalle cellule Beta delle Isole di Langherhans del pancreas. Senza la presenza di insulina non si verificherebbe la fosforilazione del glucosio che rappresenta uno dei processi essenziali alla utilizzazione del glucosio medesimo.
Né sarebbe dato, a livello dei tessuti “nobili” e degli organi principali, di utilizzare (se si fosse privi di insulina) tutta l’energia derivabile come tale in forma rapida ed idonea ad attivarsene la combustione e l’ossidazione dei molteplici cicli vitali (amilogenetici) intracellulari. Si rileva come si ponga un sottile legame fra ghiandole salivari (produttrici di ptialina) e tessuto insulare pancreatico in corrispondenza del quale viene secreta l’insulina (cellule beta).
In sintesi: diremo che, grazie all’azione dell’insulina si verifica il passaggio del glucosio dall’ambiente extracellulare a quello intracellulare di taluni organi e tessuti, con conseguente aumento del patrimonio glicidico cellulare e dei processi ossidativi a carico del glucosio a livello endocellulare. Importante rilevare ancora come l’insulina, prodotto eminentemente pancreatico, esprima sul piano fisico-eterico quel tipo di azione dell’Io, volta alla integrale assunzione trasformativa della materia; cosí che questa debba esclusivamente convergere ad un livello nel quale, se si volessero rinvenire le tracce, dovremmo rivolgerci a talune manifestazioni puramente energetiche; di cui tuttavia quelli che possono ritenersi i substrati fisico-chimico si identificano con l’attività dell’Io che è il vero fondamento, come può esserlo un’immagine a tale livello.
Questa è la premessa al diabete. In corrispondenza di questo stesso, ove si svolgono processi non accessibili alla coscienza normale, si ha in realtà a che fare con il corpo astrale. L’attività di questo è però particolarmente intensa quando nello stomaco l’amido è trasformato in zucchero. Laddove iniziano i processi attivati dalla pepsina (inconsci) l’attività del corpo astrale prevale su quella espressa dall’organizzazione dell’Io. Tuttavia, se l’Io deve attivarsi a livello di processi essenzialmente inconsci, è praticamente inevitabile che con la sua attività esso si inserisca eccessivamente, proprio come vi si immergesse, nel corpo astrale; ma causa di questa spinta disarmonica, si determina un tipo di attività da parte del corpo astrale stesso dalla quale (attività) l’organizzazione dell’Io viene indebolita al punto da non potere esercitare alcuna forma fotografica della realtà rispetto alla concretezza spaziale e dimensionale di questa stessa.
Per tale ragione riteniamo di non estendere ulteriormente le presenti considerazioni sulla fisiopatologia dei glicidi; non certamente perché le consideriamo inutili, ma anzi perché ci preoccupiamo di riconoscere nel loro giusto valore ogni reale acquisizione compiuta dalla scienza medica in questi dominii. Ciascuno di noi deve sapere, o dovrebbe sapere, cosa siano l’esochinasi, l’acido fosfogluconico, l’isomerasi, il glucosio-6-fosfato, il glucagone, la somatostatina ecc. in questo ambito complicato che è il ricambio degli zuccheri.
[Volendo mantenerci fedeli al testo originario di Amleto, abbiamo lasciato inalterati i termini “glicidico”, “glicidi”, “glicogenetico” utilizzati nel linguaggio medico corrente ai tempi di Amleto: oggi si utilizzano invece i termini “glucidico”, “glucidi”, “glucogenetico” ecc. Relativamente alle sostanze enumerate da Amleto riteniamo opportuno dare alcune spiegazioni ai lettori. Innanzitutto l’esochinasi è un enzima, appartenente alla classe delle transferasi, che gioca un ruolo chiave tanto nel processo di glicolisi, ovvero di scissione del glucosio, tanto in quello di glicogenosintesi, ovvero nella formazione del glicogeno, il composto che può essere definito come la “riserva” di glucosio posseduta dall’organismo e localizzato essenzialmente al livello del fegato: in pratica attraverso tale enzima avviene il trasferimento di un gruppo fosfato da una molecola ad alta energia, denominata ATP, ad un substrato costituito da zuccheri esosi, ovvero glucidi a sei atomi di carbonio.
L’isomerasi è invece un enzima che catalizza l’interconversione tra due isomeri, ovvero molecole o ioni poliatomici con identiche formule molecolari, cioè con lo stesso numero di atomi di ciascun elemento ma con diversa disposizione degli atomi nello spazio; il glucosio ed il fruttosio sono isomeri.
Il glucosio-6-fosfato è un estere del glucosio ottenuto con l’aggiunta di acido fosforico, ed è un importante intermedio metabolico della glicolisi; dalla ossidazione di questo metabolita viene formato l’acido fosfogluconico.
La somatostatina, detta anche “ormone della vecchiaia” in quanto i suoi livelli ematici aumentano considerevolmente con la terza età, è un ormone polipeptidico prodotto dal pancreas oltre che dall’ipotalamo e dalle cellule antrali delta dello stomaco; la sua funzione, oltre che quella di inibire l’ormone della crescita e la prolattina a livello del pancreas, si esplica inibendo la liberazione di insulina e glucagone; dal momento che il glucagone è l’ormone “antagonista” dell’insulina, essendo prodotto dalle cellule alfa del pancreas e svolgendo una funzione inversa a quella dell’insulina, e per il fatto che esso entra in azione quando i livelli ematici del glucosio si riducono promuovendo la scissione epatica del glicogeno, e pertanto innalzando il livello ematico del glucosio, possiamo dire che la somatostatina rappresenta una sorta di equilibratore tra il “polo insulinico” ed il “polo glucagonico”.
La somatostatina è anche un neurotrasmettitore ed è inoltre una delle sostanze farmacologiche utilizzate nel cosiddetto “metodo Di Bella” nella cura di alcuni tumori. Secondo il professor Luigi Di Bella, infatti, le proprietà della somatostatina nell’inibire l’ormone della crescita, determinerebbero anche una sua capacità di inibizione dei fattori di crescita di molte cellule tumorali. Tale teoria non ha però avuto dei riscontri scientifici certi, anche perché il “metodo Di Bella” venne fortemente osteggiato a livello accademico e da parte delle multinazionali farmaceutiche, nonostante il notevole curriculum professionale e la grande esperienza del suo ideatore. È bene inoltre rammentare che secondo i princípi della medicina ad orientamento antroposofico, le sostanze ormonali sono strettamente connesse al corpo eterico e pertanto ogni squilibrio del corpo eterico determina, inevitabilmente, uno squilibrio nella secrezione ormonale].
Proprio intorno all’intero ciclo digestivo e metabolico dei glicidi diciamo qualcosa che, secondo le testuali parole del Dottore, cosí è esprimibile: «Tutto il processo digestivo ha una sua particolare durata durante la quale si verifica il protrarsi di quel processo che vede la trasformazione degli idrati di carbonio in glucosio. La trasformazione dell’amido in glucosio pertanto si protrae per l’intero processo digestivo. Nella fase ptialinica si attivano fenomeni che sono da considerare intrinseci a quella che è definibile l’attività dell’organizzazione dell’Io. In questa perciò si compie la prima trasformazione di quanto viene introdotto dall’esterno. Pertanto il glucosio si pone come una sostanza che può agire nell’organizzazione dell’Io. Tutto ciò che si riconnette alla sensazione gustativa rispondente al “dolce” ha relazione bensí con il contatto sensoriale delle sostanze zuccherine, ma soprattutto ha fondamento nell’organizzazione dell’Io. V’è da rilevare che, ove l’azione della ptialina si sia rivelata in qualche misura insufficiente a trasformare l’amido nel corso della relativa fase metabolico-digestiva, alla formazione del glucosio che ne sarebbe derivato, provvederà il succo gastrico.
Se lo zucchero si forma dall’amido in seguito all’azione del succo gastrico ciò significa che l’organizzazione dell’Io penetra nel campo del sistema digerente. In tal caso si può dire quasi che il sapore dolce cessi di esistere per la coscienza; ma quello che avviene nella coscienza, nell’ambito dell’organizzazione dell’Io, quando si ha la sensazione di “dolce”, penetra nelle regioni inconsce dell’organismo fisico umano e l’organizzazione dell’Io in tal modo è chiamata a svolgere la sua attività. Viene coinvolta anche l’attività del corpo eterico cosí da risultare anche questa eccessiva ed esuberante; i processi piogeni, cutanei e di altre sedi, come ad esempio la vescica e le vie escretrici basse urinarie, esprimono questa sovrabbondanza di attività eterica risultante anche dalla reale “sommersione” passiva dell’organizzazione dell’Io. Questo è il diabete mellito. Tutto ciò è detto perché sia chiaro che una debita azione terapeutica nei confronti di tale malattia, tenga in debito conto quanto questa si realizzi in relazione consequenziale con un autentico rafforzamento dell’organizzazione dell’Io alla quale dovrà essere chiamato il paziente».
Fin qui le parole del Dottore. A tali parole sembra veramente inopportuno aggiungere alcunché con la pretesa di voler dire meglio, di piú e piú chiaramente.
[La malattia diabetica, tipicamente occidentale dato che la sua massima incidenza è registrabile in Europa e nel Nord America, è stata particolarmente analizzata nel libro Elementi fondamentali per un ampliamento dell’Arte Medica secondo le conoscenze della Scienza dello Spirito scritto da Rudolf Steiner in collaborazione con Ita Wegman. Il Dottore e la Wegman spiegano in tale importantissima opera, tranquillamente accessibile anche ai lettori non medici, come l’eccessiva penetrazione delle impressioni esterne nell’anima umana siano alla base di quei fenomeni occulti che determinano poi nella sfera fisica la malattia diabetica. Steiner ha inoltre piú volte spiegato che il consumo di zuccheri è direttamente proporzionale al senso dell’Io, perciò, spiega il Dottore, “i popoli con maggior senso dell’Io consumano piú zuccheri”. Si tratta perciò senza dubbio di una malattia estremamente interessante da esaminare, sia per la sua considerevole frequenza in Italia sia per le notevoli implicazioni in ambito scientifico-spirituale che la sua patogenesi porta alla luce della nostra coscienza].
Certamente v’è un terreno di estensione patologica e di evolutività del diabete medesimo, nel cui spazio entrano determinate alterazioni organiche (angiopatie, neuropatie, nefropatie, aterosclerosi, dislipidemie, iperuricemie ecc.), con le quali si esprimono “noxae” sicuramente diverse dal diabete, ma eventi con esso certe relazioni di tipo metafisiologico e sottile, mediante cui siamo ricondotti a prendere in considerazione l’alterata attività dell’Io, soprattutto nei confronti del corpo astrale. Se poi si tiene conto di certi fattori etiologici che provocano la malattia diabetica da un versante pressoché esclusivo in senso interiore, tanto la ridotta capacità dell’Io, quanto il prevalere di talune direzioni incontrollate e troppo intense del corpo astrale, riveleranno il fondamento comune che però è un elemento di natura sovrasensibile. Come elemento sovrasensibile questo è afferrabile dal pensiero, e dal pensiero è unificabile, nonostante le discrepanze e le differenze a volte divaricanti.
[A tale proposito, ed in relazione alla necessità di “afferrare tramite il pensiero” l’elemento sovrasensibile che è alla base di ogni processo patologico, Amleto mi suggerí di effettuare un esercizio di concentrazione immediatamente prima ed immediatamente dopo la visita di un paziente. Tale consiglio gli era stato a sua volta dato dal dottor Giovanni Colazza].
Amleto Scabellone (12. continua)
La trascrizione dell’articolo e le note esplicative tra parentesi quadre sono a cura di Fabrizio Fiorini.