Biancospini e nuvole d’aprile,
cespi di azalee spogliati
da folate di vento.
Roma del nuovo verde.
Si ameranno come un tempo
le coppie alle fontane,
verranno le rondini,
sarà primavera come sempre?
E tu, sarai la stessa o muterai,
colmando i tuoi occhi chiari
di corruschi giochi d’ombre?
No, mi dici, il cuore è radice;
variano i segni sulla scorza
che offriamo al tempo,
perché la scavi, l’offenda
la invecchi.
L’anima, dici, non muta:
è seme, linfa, mistero
di cui noi stessi strabiliamo.
Città di primavera.
L’acqua benedice
ruvidi marmi di fontane,
e l’albero di Giuda,
a un gesto supplichevole di ninfa,
libera gemme amaranto.
Il tempo perdona,
dice il muschio sul tufo,
tanti dolori, amori traditi,
glorie passate.
Città di primo aprile:
tra i pini di Castello
uccelli crepuscolari
salutano il sole.
«Vulnerasti cor meum»
dice il Cherubino di pietra
messo a guardia del fiume,
e sotto l’ultima folgore radente
china il capo, vinto dalla luce.
Fulvio Di Lieto