L’attuale scienza materialistica afferma che ogni piú celato luogo del nostro pianeta è ormai stato scoperto, esplorato e incluso nelle particolareggiate mappe e carte geografiche che tutto rappresentano, con minuziosa precisione.
Anche se le tradizioni antiche narrano di una località segreta, che si estende al di sotto della superficie terrestre, si tratta, dicono, di leggende, di miti, senza alcuna relazione con la realtà.
Eppure abbiamo testimonianze, rare ma ripetute nel tempo sin dall’antichità, di viaggiatori che hanno avuto accesso a quei luoghi e li hanno descritti con dovizia di particolari.
La tradizione parla del “regno del prete Gianni”, di Agartha, di Shamballa, di Shangri-là, di una località in cui splende un benefico sole, dove il tempo ha un altro decorso, che permette una longevità impensabile per noi, abitanti della superficie. Vi si respira una serenità, una fraternità e una laboriosità che noi raggiungeremo – almeno si spera – solo nei tempi avvenire.
Lì, ci dicono simbolicamente ed ermeticamente i Vangeli, si è recato il Cristo dopo la sua morte, per i tre giorni in cui il suo corpo giaceva nel sepolcro, quando è “disceso agli inferi”: con il significato di luogo inferiore, non certo infernale… E vi ha compiuto la stessa predicazione e gli stessi miracoli che ha operato per noi sulla superficie. Scorrendo il tempo in quella dimensione interna in diversa misura, quei tre giorni corrispondono ai nostri tre anni.
Ma ben diverso è stato l’accoglimento della sua Parola, e assai differente l’esito della sua predicazione. Non c’è stato il supplizio, la derisione, il tradimento, bensí la comprensione e la messa in pratica del suo unico comandamento: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Un dettame prezioso, che risolve ogni situazione, scioglie ogni conflitto, dona la salute del corpo e dell’anima.
Ci è stato predetto che potremo incontrare i nostri fratelli che vivono in quel luogo per noi ancora inaccessibile, quando avremo raggiunto lo stesso grado di civiltà, di mansuetudine e di saggezza. Allora sarà una grande ricchezza dell’anima scambiare con loro conoscenze e sentimenti.
Scrive Massimo Scaligero in una lettera a un discepolo da noi pubblicata nell’ottobre 1977: «Levità del passo sul sentiero dell’Agartha: la via della beatitudine che passa attraverso tutte le asperità umane, ha bisogno di esse, per risplendere nell’anima» (www.larchetipo.com/2013/mag13/accordo.pdf).
E Fulvio Di Lieto cosí termina la sua poesia dal titolo proprio “Terra cava”: «Cerchiamo il varco in questa torreggiante / cortina di vapori, lo spiraglio / oltre il quale si estendono Eldorado, / Shamballa, Agartha, l’Isola di Thule. / O forse il regno che soltanto Amore / saprà fondare, quando capiremo / che il paradiso è qui. / Soltanto aspetta / l’uomo solerte, fabbro del divino.
Gemma Rosaria Arlana