Quando si tocca il fondo non si può che risalire. E noi il fondo l’abbiamo toccato. Possiamo continuare ancora a dimenarci in questa palude, o a bloccarci come alcuni hanno fatto – per paura, per eccessiva emotività, o per scarsa sensibilità – ma sempre il fondo rimestiamo. La strada ci è franata sotto i piedi e ci siamo trovati a scivolare tutti insieme. Ma ora occorre risalire. Gli appigli ci sono, purché riusciamo a far leva su un’inedita audacia, su una capacità di immaginare differenti situazioni, su un rinnovamento interiore per sopportare quello che inevitabilmente sarà la diversa società alla quale stiamo andando incontro. Il tempo della Pasqua ci aiuta a trovare la forza della trasformazione.
Scrive Massimo Scaligero in una lettera a un discepolo dell’8 aprile 1971: «Nei giorni sacri della Morte e della Resurrezione è importante la nostra ricerca del Christo, il nostro unirci con il Mistero del Christo. Questa Forza, grazie alla Resurrezione, è presente nell’anima: il nostro essere liberi ci dà la possibilità di essere dalla Sua parte: dalla parte dell’essere che in noi sceglie la Verità di contro alla menzogna. La scelta è importante perché apre il varco alla forza del Principio che sceglie: la Forza di Colui che “avanza senza combattere”, in quanto ha scelto non secondo la brama, ma secondo relazione d’Amore» [www.larchetipo.com/2001/apr01/accordo.htm].
Sapevamo quanto la trasformazione fosse necessaria, come non potesse proseguire lo sfruttamento selvaggio, incosciente della natura, degli animali, delle categorie deboli della società. Ma ognuno si era scavato un proprio angolo di piccolo o grande benessere, di previsione del futuro secondo linee guida di possibile ascesa, e sembrava difficile scuotersene. Ma ora la volontà c’è, da parte nostra, di partecipare in maniera attiva a questo rinnovamento, di cui i Maestri ci avevano avvertito, al quale ci avevano preparato con un insegnamento preciso e particolareggiato. Ora è il momento di mettere in pratica quel cambiamento interiore.
La scienza ha indagato scendendo sempre piú nella materia fino ad arrivare all’atomo, ai suoi elettroni, protoni e neutroni, credendo di portarsi ai primordi, alla nascita dell’universo. Non era però la discesa che doveva intraprendere, bensí la risalita verso ciò che l’uomo dell’antichità ha conosciuto e ha saputo anche utilizzare, ma ha dimenticato: la dimensione eterica. Ritrovarla è il compito che ci attende, e al quale non possiamo sottrarci.
Ci siamo spinti tanto oltre nei progressi tecnologici, che siamo riusciti ad affrancarci dalla fatica fisica e dai pesanti orari di lavoro. Il tempo libero conquistato doveva essere dedicato allo Spirito, alla creatività, all’arte, all’aiuto reciproco e fraterno, alla fondazione di una società sana ed equa. Ma gli Ostacolatori hanno saputo suggerire come riempire quel tempo: con il divertimento, che spesso sfocia nel vizio, o con la pigrizia che ottenebra la mente.
Gli Ostacolatori che oggi dobbiamo affrontare, oltre a Lucifero e ad Arimane, sono gli spiriti asurici, ancora piú agguerriti e subdoli. Di loro, ci dice Rudolf Steiner, che: «si insinueranno nell’anima cosciente, e perciò in quello che chiamiamo l’Io dell’uomo (perché l’Io sorge nell’anima cosciente). Gli Asura svilupperanno il male con una forza anche piú intensa di quella delle potenze sataniche nell’epoca atlantica o degli spiriti luciferici nell’epoca lemurica. …Nel corso ulteriore del divenire (e ciò si annunzia sempre piú nelle caotiche passioni della sfera dei sensi, passioni che scendono sulla terra sempre piú in basso), essi ottenebreranno lo sguardo dell’uomo nei confronti delle entità spirituali e delle potenze spirituali. L’uomo non saprà nulla e non vorrà saper piú nulla di un Mondo spirituale. Non si limiterà ad insegnare che le piú alte idee morali umane sono soltanto sviluppi superiori degli impulsi animali; non si limiterà ad insegnare che il pensiero umano è solo una trasformazione di ciò che anche l’animale possiede; non si limiterà ad insegnare che l’uomo è affine all’animale in ciò che concerne la sua figura, e che anche tutta la sua entità discende dall’animale; bensí prenderà questa concezione sul serio e vivrà conforme ad essa»
[R. Steiner, Influssi luciferici, arimanici, asurici – O.O. N° 107].
Quello che il Dottore dice utilizzando i verbi al futuro, oggi noi lo viviamo al presente. Ma questo non deve avvilirci e di conseguenza toglierci le forze di reazione: la conoscenza di chi e di cosa combattere è già un primo vantaggio sull’avversario. E sappiamo anche che non saremo lasciati soli nella battaglia. Come nella Bhagavad Gītā Arjuna trova accanto a sé Krishna, avatar di Vishnu, che gli indica la necessità di combattere perché siano riconquistati i diritti di giustizia e di libertà, ugualmente noi dobbiamo sentire vicini i nostri Maestri in ogni iniziativa che intraprenderemo per difendere quei diritti, oggi tanto violentemente calpestati.
Non dobbiamo temere di esporci: l’hanno fatto, ognuno nel proprio tempo, tutti coloro che hanno aiutato la civiltà ad avanzare, e noi ne abbiamo goduto i frutti. Ora tocca a noi operare per le future generazioni. Ci orienteranno le esortazioni di Massimo Scaligero, che nel libro Il Pensiero come anti-materia cosí scrive: «L’errore ha sempre la veste della verità plausibile a tutti: la sua parvenza di verità universale costituisce la necessità che si oppone al pensiero libero: il quale ha bisogno, tuttavia, di tale necessità. Se, per esempio, al mondo non ci fosse la grande crisi dell’economia, allato all’aumento della popolazione globale, alla povertà e all’analfabetismo di vasti strati di popolazioni, la situazione del mondo sarebbe grave: perché la marcia del materialismo sostanziale si effettuerebbe su tutti i fronti terrestri, indisturbata, legittimata, sotto il segno della democrazia e delle tradizioni. La meccanizzazione della vita, religiosa culturale sociale economica, lo scientismo agnostico, l’intellettualismo privo di ispirazione interiore epperò privo di moralità, lo statalismo raffinatamente legalizzato, continuerebbero tranquillamente la loro opera di automatizzazione e animalizzazione dell’uomo, senza contrasto frontale».
Parole profetiche: stiamo in effetti assistendo alla marcia incontrastata dell’automatizzazione e animalizzazione dell’uomo, e l’errore è abilmente mascherato da verità legittimata e plausibile a tutti!
Ma le armi ci sono state date per combattere la menzogna e ristabilire l’Ordine naturale in questa attuale civiltà. Per utilizzarle, però, dobbiamo slegarci dai vincoli che ci tengono ad essa saldamente allacciati. Sapremo osare? Ognuno deve interrogarsi sinceramente, profondamente, e darsi la risposta. Vogliamo continuare ad essere incatenati come Prometeo a una rupe, in attesa di farci divorare il fegato da un’aquila? Oggi quell’aquila è decisa a svolgere al meglio il suo compito, ed ha assunto per l’occasione l’aspetto salvifico di un flaconcino da molti invocato come restauratore. Ma la mitologia ci racconta che ci volle la forza di Ercole per la liberazione, ed è la forza che ognuno deve trovare in sé. Non aspettiamocela da una mendace panacea.
Quella forza ognuno la possiede, anche se non la conosce. È insita nella nostra interiorità, e ha la sua sede nel cuore. Sappiamo che l’organo fisico del cuore non è una pompa, come al contrario attesta la scienza materialistica, ma è mosso dalla circolazione del sangue, che con il suo moto continuo lo raggiunge, affinché si compia un miracolo, non visibile ma effettivo: da fisico, per un attimo diviene eterico. L’eterizzazione del sangue ha un suo scopo preciso: avvivare con il suo calore una fiammella eterica che vive e brucia in una zona eterica del cuore che è un vero e proprio tabernacolo. La fiammella, visibile all’occhio chiaroveggente, arde perennemente, avvivata dalla potenza del sentire. Ogni sentimento di generosità, di dedizione, di superamento dell’egoismo, espande questo fuoco eterico, vivifica il cuore e da esso il sangue, il quale porta fin nei minimi recessi del corpo fisico il potere guaritore del calore eterico.
La capacità guaritrice della fiamma cordiale è sempre stata conosciuta, fin dall’antichità: l’imposizione delle mani dei veri terapeuti, dei santi e dei “buoni uomini” catari su persone afflitte da un male fisico o psichico, avveniva con un moto amorevole del cuore, che avvivando ed espandendo quella fiamma interiore, caricava il sangue del potere salvifico, portandolo fino alle membra. E il semplice tocco della mano faceva passare quella corrente di luce guaritrice nella persona afflitta, salvandola dal male.
Questo potere mosso dall’empatía non è mai stato tolto all’uomo, solo che egli ne ha perduto il ricordo e ha continuato nel tempo a mimare il gesto dello scambio di fluidi eterici, senza capirne il significato, nella stretta di mano o nell’abbraccio. Se conoscessimo il vero potere di quella stretta e di quell’abbraccio, compiremmo quei gesti tanto significativi non con la distratta gestualità dettata dalla consuetudine, ma attivando volontariamente ogni volta il calore del cuore, sapendo di donare all’altro salute, serenità e vigore.
L’Ostacolatore dell’uomo però, lui sí conosce bene l’importanza di questo scambio, ed è deciso a impedirlo. La forza interiore che passa dall’uno all’altro è oggi automatica, distratta, è vero, ma qualcosa di positivo comunque avviene, anche se all’insaputa di chi lo compie. E dunque il gesto va impedito, reso negativo, addirittura pericoloso. La dichiarata pandemia, tra gli altri punti guadagnati all’Ostacolo, ha assestato un colpo anche a questa usanza, che oggi nell’immaginario collettivo è divenuta foriera di potenti malefíci virali. Non parliamo poi dell’abbraccio: nulla di piú rischioso. Lasciamo ai santi del passato la pratica devozionale dell’abbraccio al lebbroso!
E lebbrosi siamo diventati tutti, l’uno per l’altro. La fiamma del tabernacolo rischia di affievolirsi, fino a spegnersi. Non facciamoci spegnere, non impediamo al calore cordiale di circolare liberamente. Tutti ne abbiamo bisogno, in particolare i piú delicati e i piú deboli, come i bambini e gli anziani: per loro un abbraccio, o una stretta di mano, possono rappresentare una preziosa carica di energia. Torniamo ad avere fiducia nello scambio osmotico, questa volta non meccanico ma voluto e donato con pienezza di intenzioni. E la fiamma tornerà ad ardere, alta.
Marina Sagramora