Il sutra del Cuore
Composto in India intorno al IV secolo d.C., il Sutra del Cuore è uno dei testi fondamentali del buddhismo. L’importanza del testo è dovuta al fatto che esso sintetizza il nucleo dell’insegnamento buddhista: la realizzazione completa della Visione profonda (Vipassana).
Nella totale fusione della mente personale con la Mente illuminata, emerge il carattere della Vacuità intesa come il Vuoto di qualsiasi manifestazione del mondo.
Questa forma indica in modo diretto uno stato trascendente in cui ogni sforzo è stato abbandonato e l’Io trascendente coincide con la dimensione umana. Il mantra finale è una formula verbale cui si attribuisce il potere magico di aprire la mente all’Illuminazione. Esso esprime l’essenza della sapienza trascendente, in cui prende forma il discorso stesso di Avalokitesvara.
L’insegnamento del Sutra si propone sotto forma di discorso che il mitico bodhisattva Avalokitesvara, simbolo cosmico della compassione, indirizza a Sariputra, discepolo di Gautama Buddha:
O Shariputra, la forma è vuoto
il vuoto è forma.
La forma altro non è che vuoto,
il vuoto altro non è che forma.
O Shariputra, tutto ciò che esiste
è espressione del vuoto;
non è nato né distrutto,
né macchiato, né puro,
senza perdita e senza guadagno.
Poiché nel vuoto non c’è forma,
né sensazione, concetto,
distinzione, consapevolezza.
Non occhio, né orecchio,
naso, lingua, corpo, mente.
Non c’è colore né suono,
odore, gusto, tatto,
né alcuna realtà esistente.
Non c’è il regno della vista,
né quello della coscienza.
Non c’è ignoranza,
né fine dell’ignoranza,
non c’è vecchiaia né morte.
Non c’è sofferenza, né causa
o fine della sofferenza.
Non c’è via, né sapienza,
né accrescimento.
Non c’è accrescimento,
perché i Bodhisattva vivono
nel perfetto intendimento,
senza piú alcun ostacolo alla mente;
senza piú ostacolo, e dunque
senza piú paura.
Molto al di là dei pensieri illusori,
e questo è il Nirvana».
Estinzione del soffio
Secondo Massimo Scaligero l’ascesa è possibile se il ricercatore dello Spirito è in grado di riappropriarsi, sotto il profilo percettivo, del suo corpo eterico (in sanscrito lingasharira); infatti lo spazio fisico è l’astratta ombra, è sostanzialmente il mondo eterico di natura a-spaziale. Esso è sperimentabile come emanazione non spaziale del Sole, il cui centro nella struttura umana è il Cuore inteso come l’organo rispondente alla potenza originaria del Sole. Scaligero chiama questa emanazione come Alimento di vita o Cibo del Graal.
Il Cuore, come organo metafisico, è infatti la sorgente del pensiero solare o vivente, che mediante l’organo celebrale diviene riflesso, ed è portato a ricostruire l’unità eterica del mondo extraspaziale secondo lo schema solare, cominciando dalla forma piú elementare, da punto a punto dell’astratto spazio misurabile: da ente ad ente, da cosa a cosa, da parvenza a parvenza mediante le equivalenze numeriche e le relazioni logiche.
Il centro del Cuore ha una funzione fondamentale nei processi di fisiologia. Normalmente nel Cuore il sangue dell’uomo istintivo-emotivo e quello dell’uomo mentale-razionale si incontrano tendendo a realizzare un equilibrio per virtú del quale, nel fluire del sangue, riaffiora l’archetipo dell’uomo unificato o integrale.
Nel Cuore il sangue realizza una purificazione eterica resuscitatrice di vita, secondo un processo trascendente, inverso a quello per cui da una condensazione dell’etere cosmico si differenziano i quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco). L’asceta che pratichi la corretta meditazione, giungendo a non contraddire il processo di eterizzazione del sangue, come normalmente fa l’uomo comune, può accendere nel Cuore la virtú dell’etere originario riunificando gli opposti, cioè raggiungere la forza spirituale del Sole: mediante il centro del Cuore egli può produrre volitivamente l’etere del calore o Fuoco risanatore attraverso un processo inverso a quello per il quale da una natura sidereo divina l’uomo si è degradato ad una natura terrestre-animale.
L’asceta antico muoveva direttamente dal respiro e dalle posture per metabolizzare il processo di eterizzazione del sangue; all’asceta moderno tocca un compito piú arduo: è necessario dapprima portarsi su strutture di pensiero predialettico di tipo logico-matematico. In tal senso si arriva a suscitare direttamente il moto del respiro cosciente (Prânâyâma) modulandolo secondo precise armoniche con determinati stimoli acustici. Si rende cosí possibile il compimento di un’opera solare che traguarda quella dell’antico asceta.
L’esaurimento del respiro, che è il senso ultimo del Prânâyâma come tecnica trascendente, smarrita oramai anche nell’oriente tradizionale, può essere sperimentato dal ricercatore contemporaneo che conosca l’arte di lasciare intatto, attraverso l’azione interiore, l’organismo eterico-fisico, onde questo, tornando a posare nella sua virtú originaria, non ostacoli i processi di trasmutazione che possono svolgersi in esso soltanto sovrasensibilmente, giungendo all’essenza dell’anima. Il risultato finale sarà l’attivazione di una forma respiratoria sul tipo dei vegetali, che avrà la proprietà di un elisir di lunga vita (pietra filosofale) e che consentirà di trattenere anidride carbonica ed espellere ossigeno.
Scaligero sostiene che nel prossimo avvenire, quando il tasso di anidride carbonica aumenterà per effetto dei gas serra e dell’inquinamento, si profileranno due tipi umani distinti: uno con alte proprietà spirituali che respirerà come la pianta e si adatterà molto bene al nuovo ambiente, un altro che cercherà di aggrapparsi alle poche risorse disponibili respirando quel poco di ossigeno che riuscirà a trovare o produrre e che costituirà il proprio elemento di morte nel processo di ossidazione ad esso associato.
Francesco Corona
Tratto da: F. Corona, Sentieri di Iniziazione – I percorsi del cuore. Ed. Atanòr, Roma 2015.