La Madonna del Sorbo

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La Madonna del Sorbo

Madonna del Sorbo

 

Il Santuario della Madonna del Sorbo fa parte del Parco naturale di Veio, su un’altura a pochi chilometri dalla Capitale. Fu costruito sul­le rovine di un tempio romano dedicato al dio Bacco, il cui ricordo è rimasto nella valle sottostante, chiamata “Valle del Baccano”, attraversata dalla Via Francigena.

 

L’edificazione del santuario si fa risalire alla storia che si racconta di un giovane al quale mancava una mano, e che non potendo lavorare come gli altri, si era deciso a fare il pastore di maiali. Ogni giorno portava la sua mandria a pascolare in quei luoghi boscosi, ricchi di querce, dove gli animali potevano trovare le ghiande di cui nutrirsi. Accadde però che una delle scrofe iniziò ad allontanarsi per ritornare piú tardi, e continuò a ripetere quotidianamente la cosa. Dopo qualche tempo, volendo scoprire dove andasse l’animale, il pastore decise di seguirla, e la trovò sotto un sorbo, sul quale s’intra­vedeva un’icona della Vergine. Mentre tentava di recuperare il quadro, al giovane apparve la Madonna, che gli disse di andare in paese e avvertire del suo desiderio che fosse costruito in quel luogo un santuario a lei dedicato. Aggiunse pure che, per convincere i paesani, avrebbe compiuto un miracolo. E quel miracolo accadde effettivamente, dimostrando senza alcun dubbio la veridicità del racconto: il ragazzo infilò il suo moncherino in tasca e lo trasse fuori con la mano ricresciuta. Il santuario fu allora costruito e al suo interno si venera tuttora l’icona della Madonna del Sorbo.

 

Veio Ponte Sodo

 

La zona sottostante è ricca delle acque del Crèmera, un torrentello che scorre tra balze scoscese e cascatelle che raggiungono Veio e un antico mulino ormai in rovina.

 

A pochi minuti dal traffico della metropoli, si entra in una località primigenia, che ha conservato l’incanto di un luogo incontaminato. Difficile inoltrarsi nell’intrico della boscaglia, popolata di grandi rettili e di strani anfibi, chiamati “salamandre dagli occhiali”. Un mondo da rispettare perché ne sia preservata la peculiarità.

 

Quando Massimo Scaligero passava le sue estati a Isola Farnese, si inoltrava spesso, da Veio, lungo il corso del torrente, fino nelle zone meno frequentate. Lo accompagnavo a volte, ma restavo al limite della parte piú selvaggia, dove non entravo. Una volta, avendo atteso a lungo, mi feci coraggio e cercai di raggiungerlo. A un certo punto lo vidi. Davanti a lui un grande serpente verdastro si era alzato in tutta l’altezza che poteva raggiungere, per fissare l’altro, che ricambiava tranquillamente lo sguardo. Mi fermai spaventata. Ma il serpente, dopo qualche minuto, strisciò via lentamente, ritirandosi nel bosco. Massimo, a commento, lodò la bellezza dell’animale.

 

Gemma Rosaria Arlana