La via dell’attenzione e della pietà

Un ricordo

La via dell’attenzione e della pietà

Antonio Reda

 

Il Covid mi ha portato via due amici: prima Gianni Sculco, poi Antonio Reda.

 

Se con il primo i rapporti – intensi – erano pressocché esclusivamente antroposofici, con Antonio Reda vi era un’amicizia piú che trentennale.

 

Antonio era un vero “stregone” del computer. Programmi e azioni del PC, da me ripetuti piú e piú volte senza esito, con lui – straordinariamente – funzionavano al­l’istante. Come se da lui promanasse una specie di potente incantesimo e le entità elementari del computer non potessero che obbedirgli.

 

L’altra sua grande passione era l’astronomia. Non a caso, scherzosamente, lo definivo “mago caldeo” per la passione di quegli antichi popoli per i cieli stellati. Antonio accettava di buon grado. Non ricordo di averlo mai visto arrabbiato.

 

Anche il soprannome di “Zio Divino” col quale molti lo avevano conosciuto, era lo scherzoso riferimento, affibbiatogli da una comune amica, al “Divino Otelma”, cui il nostro rassomigliava, ovviamente solo per il suo aspetto fisico non filiforme e non certo per la figura interiore, essendo Antonio di una serietà – anche nell’aspetto – a tutta prova.

 

Fui io ad avvicinarlo, tanto tempo fa, alla Scienza dello Spirito. Negli incontri settimanali che abbiamo tenuto per 23 anni, devo sforzarmi per ricordare una sua assenza. Raramente cambiava il suo posto alla tavola – rotonda e non per caso – cui eravamo soliti riunirci nello studio di un eccellente pittore, anche lui seguace di Steiner e Scaligero.

 

Dopo la sua morte mi sono accorto di quanto intenso e vasto fosse stato il suo impegno nei confronti degli antroposofi e dell’antroposofia. La sua era una via Cristica, che lo spingeva a restare vicino a tutti coloro che avevano bisogno di un aiuto animico, o che apprezzavano la sua presenza, discreta e operante. E tutto, naturalmente, nel piú puro disinteresse. A nessuno faceva mancare un pensiero, una parola, un messaggio.

 

Da esperto informatico qual era, e padroneggiando ogni mezzo espressivo digitale, non solo fu vicino fattivamente ai tanti amici che, come me, si accostavano ai rudimenti del computer, ma in ogni modo fu vicino ai tanti che attraversavano momenti non felici. Inoltre, da vero “uomo di mondo” in senso steineriano, si recò di persona presso amici antroposofi in tutta Italia e anche in Europa.

 

E forse, se non fosse stato colpito da un morbo subdolo e di cui forse, ahimè, aveva sottovalutato la ferocia devastante, sarebbe andato anche in America.

 

Mi viene in mente una citazione dal Giulio Cesare di Shakesperare: “mansueta fu la sua vita”. Una vita non certo costellata dalle soddisfazioni che la sua grande intelligenza avrebbe potuto procurargli.

 

Ci rincontreremo, in questa e nelle altre esistenze; in ogni caso lui sarà fra quelli cui accenna il Cristo Gesù nella Buona Novella: fra i miti, coloro che erediteranno la Terra.

 

 

Antonio Chiappetta