Occorre prendere l’appuntamento per non rischiare di fare una lunga fila alla posta. Una comodità che ancora non molti utilizzano, ma che si rivela in genere molto utile. Cosí avevo il telefonino con impostato l’orario stabilito.
Come sempre, una lunga coda si snodava lungo il marciapiede, e il fatto di superarla era visto con fastidio. E poi, bisognava comunque aspettare che una persona da dentro l’ufficio si affacciasse per chiedere se c’erano dei prenotati. Mi disposi dunque ad attendere che qualcuno si presentasse.
Vicino a me c’era una signora d’indefinibile età, piccola di statura, con un viso dai tratti delicati e occhi penetranti. Mi rivolse subito la parola: «Lei è ben organizzata, ha l’appuntamento!».
Sorrisi, e quasi scusandomi replicai: «Pensa mio nipote a prenotare, per evitare che io resti troppo in piedi e mi stanchi».
«Un bravo nipote. Si preoccupa per lei. Anche lui avrà uno zaino bello pieno, come il suo».
«Sí, lui ha uno zaino pieno, quando va a scuola. Ma io non porto uno zaino. Ho una busta con degli stampati da spedire» precisai.
«Lo abbiamo tutti uno zaino, attaccato dietro le spalle, anche se non si vede. Io però ho potuto vederlo, sulle spalle delle persone, da quando ero bambina».
«Uno zaino? – chiesi incredula. – Di che tipo?».
«Ho capito con il tempo cosa fosse – rispose. – Si tratta del contenitore delle nostre buone azioni».
Il discorso stava scivolando nel metafisico. Mi guardai intorno per vedere se le persone vicino a noi stessero ascoltando. Ma tutti chiacchieravano tra loro, o avevano tirato fuori il telefonino, per ingannare l’attesa, e leggevano, o scrivevano, assorbite dai propri interessi.
«Le nostre buone azioni si raccolgono in uno zaino che portiamo dietro le spalle?» chiesi ancora.
«Non parlo di atti eroici, quelli sono rari, e naturalmente aumentano di tanto il contenitore dei meriti, ma mi riferisco a tutte quelle piccole gentilezze, anche minime, che facciamo a chi è vicino a noi, in famiglia, o dove ci troviamo, a chi incontriamo ogni giorno. Tutto si raccoglie lí dentro. Per cui si vedono persone con zaini molto grandi, mentre altre li hanno semivuoti, e persino vuoti. Quelli non avranno molto da presentare alla fine dei loro giorni, se non cambieranno atteggiamento».
Il discorso era alquanto singolare, e aggiunsi con un accento ironico: «Sicuramente allora avremo anche un altro zaino dove si raccolgono tutte le nostre azioni cattive!». Subito dopo aver parlato, mi dispiacque di aver usato quel tono e sperai di non averla offesa.
Ma lei non se ne preoccupò, e precisò subito: «No, quelle rovinano solo la nostra luce».
«La nostra luce?» ripetei.
«Sí, tutti abbiamo una luce, che è dentro di noi ma anche fuori, intorno a noi. Ognuno ha una luce di un colore particolare, e poi, a seconda dei momenti che passiamo, quelli di tristezza o quelli di gioia, la luce è piú brillante o piú opaca, e i colori variano. Ma le nostre cattive azioni, persino i nostri cattivi pensieri, macchiano quella luce, ne spengono una parte, o molta parte. Ci sono persone malvagie che non hanno alcuna luce, sono completamente spente. Soffro molto per loro quando li vedo. Sa – aggiunse – mi sono accorta che i bambini vedono quelle luci, almeno finché sono molto piccoli. E anche gli animali. Per questo sanno di chi fidarsi, capiscono chi li ama, chi è infastidito, o chi li detesta».
La osservai con attenzione, e mi sembrò ancora piú piccola, un po’ come quei bambini di cui aveva parlato. Mi guardai intorno per vedere se la gente vicino a noi avesse ascoltato con qualche interesse quello che ci eravamo detto, ma nessuno sembrava aver fatto caso ai nostri discorsi.
Intanto eravamo tutti andati di qualche passo avanti, e dietro la porta a vetri si era affacciato un impiegato per sapere se qualcuno si era prenotato. Feci un cenno affermativo e la porta si aprí per farmi passare. Mi voltai per salutare la piccola signora, ma non la vidi. Doveva essersi confusa nella folla accalcata.
Allo sportello la spedizione fu rapida, e dopo pochi minuti tornai fuori, per cercare la signora e riprendere l’interessante conversazione. Passai e ripassai avanti e indietro nella fila, ma non riuscii a trovarla.
Nel tornare verso casa, osservando le persone che venivano verso di me, o quelle piú frettolose che mi superavano, cercai di immaginare lo zaino di ognuna di loro: uno pieno, un altro mezzo vuoto, un altro ancora, forse, vuoto del tutto.
Presi allora una decisione: da quel momento avrei fatto il possibile per riempire bene il mio.
Marina Sagramora