Immanenza della Dea
Parlare agli Spiriti Elementari
incantati nei boschi, prima
che i raggi fastosi del tramonto
abbraccino i roteanti voli
delle rondini e dei pettirossi.
Non è mai semplice parlare alla Dea
che pure generosa si ricorda
ogni giorno dei tuoi occhi spauriti
di bambino, per nulla cresciuto.
Amare gli sconosciuti Elementari
che pure avverti ratti e curiosi
intorno ai tuoi passi
falsamente sicuri
nella boscaglia intricata,
nell’ondeggiare dei cipressi lontani.
Come poter abbracciare
questa immensa timida vita
che ti scivola attorno,
che non alza mai la voce,
e che pure non cessa di pronunziare
il tuo nome nelle brezze,
nel frusciare delle foglie…
Ascoltare gli Elementari
mentre il meriggio incombe
e le cicale coprono ogni preghiera
di un canto osceno e ancestrale:
anche il tuo cuore canta
con loro e tende l’orecchio.
Ringraziare dal profondo l’Altissimo
misericordioso che, irraggiungibile,
permette alla Dea di sorridere
e di trasformarci in luce oscura,
indurita e grezza,
dei suoi meravigliosi
occhi cerulei.
Marco Rossi
Lungo il muro di cinta
un vasto oleandro
si espande.
Armoniosa la forma
di vari, snelli tronchi
che si aprono
in una grande chioma,
delicati i fiori
di rosa tenue dipinti.
Non sono come
luce nell’ombra:
sono guance rosate
di piccoli angeli,
di bimbi piccini
sulla Terra fioriti.
Alda Gallerano
Quante croci
Quante croci
abbiamo piantato, o Dio
per onorare il tuo nome
e quante volte
abbiamo pianto
per chiedere aiuto
ma senza sapere
che siamo noi stessi
croce, forza e destino,
meteora.
Quante croci
pianteremo
e quante volte
nomineremo
invano
il tuo nome
santo
ignorando
santità
chiedendo grazie
che già furono date,
o Dio Signore
maledicendo il destino,
pregando Te
inutilmente
dall’abisso di un cuore.
Mi inginocchierò
davanti a un altare
che è ovunque
verso tutti
i punti cardinali
della terra
verso tutte le direzioni
del cielo.
Stelvio
Aquilone di luce
Flavia, aquilone di luce
la tua vita
era legata a un filo,
cordone ombelicale,
ma tu volteggiavi
nel cielo
tra mille aquiloni.
Ti libravi,
iridata di arcobaleno
verso lontani orizzonti,
e noi, da te riverberati,
seguivamo a stento
i tuoi volteggi.
Ti ghermí
una violenta spirale
e tu, piegandoti,
rialzandoti,
con forza prepotente
continuavi
la tua folle corsa,
cercando spiragli di vita
in ansia di riscatto.
Noi tenevamo il filo
con mani trepidanti,
mentre tu andavi su,
sempre piú su,
fino a toccare il cielo.
Impennata nel vortice
perdevi quota.
Non siamo piú riusciti
a governare il filo.
Precipitasti
ad ali aperte,
sorridendo,
ansante per la corsa,
calda, luminosa di sole,
guardando il cielo
che avevi raggiunto.
Lirica e dipinto di Liliana Macera