Mousikòs Anér

Musica

Mousikòs Anér - IL PIANOFORTE: UNO STRUMENTO PARTICOLARE

Suono primordiale

 

Scrive Massimo Scaligero in Graal: «Si è veduto inoltre come al livello della massima sordità interiore, l’autocoscienza attinga a una forza di fondo comportante il risveglio dell’udito spirituale rispondente alla reale vita del sentire. Il livello raggiunto pone l’urgenza dell’accogliere le forze della Redenzione, che operano impercepite nella struttura vitale dell’uomo, avendo il loro impedimento nella coscienza riflessa. La percezione di tali forze risponde al risveglio di una facoltà di udito spirituale. Per un simile udito esse sono percepibili come suono, o risonanze dinamiche, la loro potenza essendo la sonorità metafisica che operò alla base della struttura dell’uomo e del mondo. Questo suono si è manifestato nella natura fisica di lui, perché un giorno egli giunga a udirlo, sino a ritrovare in sé la facoltà di emanarlo e ricostruire la propria natura superiore. Le forze della ricostituzione giungono all’anima e vengono da essa assimilate anche se dapprima essa non ne conosce la scaturigine: l’Evento del Golgotha. Sono forze inserite nella Terra dal Redentore, che, però, solo l’uomo libero ha il potere di realizzare: la resurre­zione dell’udito spirituale è l’impresa dell’autocoscienza. Il ri­trovamento del suono primordiale è nell’anima un’intonazione profonda, che restituisce vita al sentire, de­standolo da una condizione di sonno o di morte. È il suono che ricongiunge la coscienza con la sorgente del cuore: perciò reca alla coscienza il ricordo della sua realtà originaria: ricordo di un suo regno di luce, sep­pellito nell’oblio divenuto natura. l’oblio si ravvisa come una zona di morte che tiene l’anima dal profondo. Esso può venir vinto dal suono che è ricordo: ricordo di un bene remoto, di uno stato di verità per il quale tutta l’anima è un tessuto di nostalgia, affiorante nei momenti di rottura della coscienza: memoria di un amore celeste e tuttavia umano, musica che ritorna e chiede di risonare, come l’esprimersi originario dell’anima: dovrebbe ora esprimersi perché suo veicolo è la facoltà sorta dal suo millenario sacrificio, l’autocoscienza».

 

Le condizioni per incontrare il motivo musicale all’interno della costituzione umana sono essen­zialmente due: parresia e tacitazione interiore.

 

Il parresiastes era – presso i Greci – colui che, in condizione di inferiorità ed a costo di rischiare la vita, preferiva far uso della sua libertà scegliendo: «il parlar franco invece della persuasione, la verità invece della falsità o del silenzio, il rischio di morire invece della vita e della sicurezza, la critica invece dell’adulazione, e il dovere morale invece del proprio tornaconto o dell’apatia morale [Michel Focault, Discorso e verità nella Grecia antica].

 

Non è retorica la parresia poiché essa sottende a un’adesione totale dell’orante alla verità.

 

Il parresiastes, ancora, non è un opinionista, non dice cioè tutto quello che gli passa per la testa. La sua condizione è quella di una persona che è imbevuta di verità. Oggi non esiste piú un termine per esprimere tale condizione, poiché le verità diventano molteplici e tutte degne di dubbio. Esistono le verità e le libertà, non piú la verità, non piú la libertà.

 

L’uomo libero, oggi, è colui che dice la sua in modo categorico, assoluto: l’opinionista, lo spe­cialista, il tronista. Tutti, di fatto, rivendicano il diritto a dire la loro.

 

Il trono sul quale una volta sedeva il re – rappresentante nelle fiabe dell’Io regale umano – oggi è occupato dai tronisti:  esseri definiti in mera virtú dello spazio che occupano.

 

La condizione della verità, di esprimere verità, è la condizione sine qua non per ascoltare il motivo interiore individuale.

 

Si può decidere di non morire per la verità ma non si deve dimenticare che praticando la men­zogna, l’adulazione, l’apatia morale (detta altrimenti omertà) è l’anima nostra a morire e di con­seguenza le nostre componenti spirituali. La mancanza di verità intacca l’Io, lo adultera e crea spettri.

 

Intendo con spettro uno specchio in cui il percipiente, credendo di ascoltare il mondo, ascolta le dissonanze provenienti da se stesso. La mancanza di verità produce malattie dell’Io. Tali disturbi ine­riscono dapprima entro una sfera dialettica, rendendo animato il disanimato, per produrre, solo molto piú tardi, attraverso il sistema nervoso, disturbi ontici.

 

La menzogna è maieutica per i disturbi ontici. L’organismo sensorio non è piú in grado di deco­dificare la verità nei percetti.

 

Non dobbiamo necessariamente immaginare questo ascoltare di cui parlo come se ci trovassimo di fronte ad una radiolina da accendere. Il nostro sistema sensorio ascolta con tutti i sensi. Chiunque abbia mosso qualche passo al buio saprà che l’andare a tentoni implica piú l’ascoltare lo spazio cir­costante (l’entrare in risonanza con esso) che il toccare degli oggetti, tenendo stese le mani, nella speranza di non cascare a terra.

 

 

Il Mousikòs Anér

 

In Socrate parole e azioni sono poste tra loro in rapporto armonico: «Non vi è la minima discre­panza tra ciò che dice e ciò che fa. Egli è un mousikòs anér. Qui la frase si riferisce a qualcuno che esibisce una specie di armonia ontologica, il cui logos e il cui bios stanno in un accordo armonico. E questo rapporto armonico è anche un’armonia dorica» [Focault].

 

Benché nella Grecia antica il significato di mousikòs anér fosse solitamente un altro, è bene sof­fermarsi proprio su questo aspetto.

 

Sono convinto che il mousikos aner rappresentasse un gradino piú elevato rispetto a quello del parresiastes, poiché il mousikòs anér non difende la verità ma la esprime (effonde) con il suo essere.

 

Ed è per questo che Dostoevskij scrive: «La verità …se qualcuno mi provasse che Cristo è al di fuori dalla verità e se fosse veramente provato che la verità è fuori di Cristo, io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità».

 

Si diviene mousikòs anér anche dopo aver varcato la soglia della morte. Non solo il sacrificio in favore della verità permane (e si rende evidente) ma si disgiunge dal parresiaste. La verità prodotta si rende, per cosí dire, autonoma. Il mousikòs anér è il generante verità.

 

Falcune e Borsellino

 

Si pensi ai giudici Falcone e Borsellino: i loro esseri sono divenuti generatori di verità. La verità, disgiunta dal senso ultimo della loro ricerca, è dive­nuta alimento per una trasformazione sociale.

 

Il mousikòs anér è, in un certo senso, un corpo au­tonomo e permanente dell’essere umano. Una sorgente zampillante verità.

 

Al di sopra di esso possiamo ritrovare il basanos, la pietra di paragone, colui che è in grado di vagliare la «vera natura del rapporto tra logos e bios che si realizza in quanti entrano in contatto con lui. …Come conseguenza dell’esame socratico, uno può cominciare a curarsi del modo in cui vivrà il resto della propria vita, volendo ora vivere nella maniera migliore possibile; e questa volontà prende la forma di un particolare zelo nell’apprendere e nell’educare se stesso, indipendentemente dall’età che si ha» [Focault].

 

In Grecia il basanos fungeva da specchio per l’Io altrui. In realtà tali iniziati non avevano poteri magici: giungevano alla condizione di poter riflettere nell’altro nient’altro che la sua stessa imagine, suscitando, con la propria ascesi, l’autoeducazione altrui.

 

Cosí come il bugiardo inizia a vedere cospirazioni ovunque (ma in realtà è la sua anima a riflettere se stessa) allo stesso modo il basanos riusciva a farsi specchio per la riflessione altrui. Nulla di piú.

 

Socrate riusciva a farsi vettore di puro pensiero. Gli interpellanti venivano posti di fronte a loro stessi, al loro stesso Io.

 

Da quanto ho avuto modo di raccogliere in termini di testimonianza, Massimo Scaligero è stato un basanos. Ancora prima di bussare alla sua porta, si sperimentava quel sacro timore che costituiva la premessa per fare della propria vita una creazione novella.

 

L’armonia ontologica, scaturente dall’accordo tra logos e bios, è l’espressione di una particolare relazione tra corpo eterico e l’elemento acqua.

 

Non mi è possibile approfondire la relazione tra eteri ed elementi: posso aggiungere solo la nota­zione che segue.

 

Quando la relazione tra eterico ed elemento acqua avviene correttamente, a livello animico, si forma una sorta di organismo autonomo, avente cioè una propria unità e verticalità. Quando questo non avviene, l’essere umano si adatta all’ambiente come l’acqua al contenitore: tende a perdere la propria organizzazione, la propria autonomia, scorre e si “scioglie” nell’ambiente.

 

Ho definito quindi con l’espressione mousikòs anér quel punto di tangenza del corpo eterico collimante con il corpo astrale. Da un lato, nel corpo eterico o ritmico permangono i motivi strut­turanti il nostro Io, dall’altro, nell’elemento astrale portiamo la nostra melodia, il nostro motivo incarnatorio. In questo punto di tangenza è possibile, praticando una seria osservazione fenomeno­logica, risalire alla melodia originaria, a quella che Henning Köhler definiva “La silenziosa nostal­gia per la dimora”.

 

Un discepolo di Marcus Fingerle mi ha riferito le parole che il Professore gli affidò durante un seminario estivo a Trento: «Arrivati a questo punto, dobbiamo permetterci la verità».

 

Già, la verità deve fluire, deve essere resa possibile. E qui ritorna la relazione tra parresiastes e mousikòs anér, tra musica, musicalità e verità. Una relazione che si esprime attraverso il silenzio, quel silenzio che rivela l’inaudibile.

 

Icona Vergine del Silenzio

Icona Vergine del Silenzio

 

Permettiamoci la verità allora, permettiamoci il silenzio.

 

Lasciamo che la musica silenziosa dell’altrui essere di­venti per i nostri cuori silenzio udibile, gorgogliante: mani­festo mistero.

 

Il Cristo domina le acque

Il Cristo domina le acque

 

 

Nicola Gelo (5. Fine)