Leggevo il testo di Gabriele Burrini sui due Gesú. Lui scrive che fra il Gesú salomonico e il Gesú natanico corrono nove mesi di distanza. In pratica il salomonico sarebbe nato tre mesi prima di Giovanni. È possibile sapere, per una mia ricerca, in quali testi di Steiner si parla di nove mesi di differenza?
Luigina M.
Lo scritto di Gabriele Burrini riporta spesso brani tratti dalle conferenze di Rudolf Steiner, e anche in questo articolo fa ad un certo punto, piú avanti, riferimento al commento del Dottore al Vangelo di Luca. Ma trattandosi di un attento studioso di tutta la tradizione ebraico-cristiana, le ricerche di Burrini si spingevano sempre a vasto raggio in tutti gli scritti, anche apocrifi, come il libro di Enoch, o i manoscritti di Qumran, da cui traeva poi le sue personali e sempre precise, conclusioni. Nel numero di luglio 2019, nell’articolo “Conoscere i Vangeli”, egli scrive: «I due bambini Gesú nacquero a poca distanza l’uno dall’altro: prima il salomonico e nove mesi dopo il natanico; tre mesi dopo il salomonico nacque Giovanni Battista. Per questo il bambino natanico e Giovanni Battista sfuggirono alla strage degli innocenti» (www.larchetipo.com/2019/07/spiritualita/conoscere-i-vangeli-2/). Non è precisato però che la fonte sia, in questo caso, di Rudolf Steiner, il quale, nel suo Vangelo di Luca, cosí dice: «Le nascite dei due Bambini Gesú avvennero a pochi mesi di distanza l’una dall’altra. Ma tanto il Gesú del Vangelo di Luca quanto pure Giovanni, nacquero tanto piú tardi che la cosí detta “strage degli innocenti di Betlemme” non poté colpirli. Infatti, non avete mai pensato, leggendo della strage di Betlemme, come mai fu possibile che Giovanni sopravvivesse? I fatti sono tali, che potrete trovarne la conferma. Pensate un po’: il Gesú del Vangelo di Matteo viene condotto dai suoi genitori in Egitto, e poco prima, o contemporaneamente, nasce Giovanni. Questi – secondo ciò che comunemente si crede – resta in Palestina, dove veramente avrebbe dovuto soggiacere al decreto di Erode; egli avrebbe dunque dovuto morire per l’eccidio commesso da Erode, sicché non avrebbe potuto essere vivo piú tardi. Vedete che si deve proprio riflettere su tutte queste cose; perché se allora furono veramente uccisi tutti i bambini al di sotto dei due anni, Giovanni avrebbe dovuto venire ucciso esso pure. Ma di ciò avrete la spiegazione, se considerate i fatti della Cronaca dell’Akasha, i quali vi mostrano che gli eventi narrati dal Vangelo di Matteo, e quelli del Vangelo di Luca, non avvengono nel medesimo tempo, sicché la nascita del Gesú natanico non cade piú nel tempo della “strage di Betlemme”. E cosí è pure di Giovanni. Sono solo pochi mesi di differenza, ma bastano per rendere possibili questi fatti». I corsivi, nostri, evidenziano l’affermazione precisa di Burrini e quella invece meno definita di Steiner. L’esatto computo dei mesi potrebbe quindi provenire da una diversa fonte della tradizione di cui Burrini era serio e profondo conoscitore. Non si può escludere però che il Dottore abbia trattato in altri punti della sua vastissima opera lo stesso tema, definendo in quel caso con precisione il numero dei mesi. Ai nostri lettori piú volenterosi il compito di scoprirlo e darcene notizia.
Mi domando se il matrimonio abbia ancora una sua validità, visto che ci si sposa con grande fasto, abito bianco costosissimo, pranzi da corte imperiale, regali faraonici, poi la vita insieme mostra poco dopo un logorío, addirittura un fastidio che alla lunga non si riesce a superare, anche se ci sono figli piccoli. E allora ci si separa con grande facilità. Non si valuta prima con serietà il passo che lega all’altra persona, non si valuta dopo con serietà il passo che divide. Molti infatti arrivano a pensare che il matrimonio sia superato e che sia piú conveniente mettersi insieme, e in seguito, se la cosa non funziona, lasciarsi senza problemi burocratici. È giusto questo per persone che seguono l’antroposofia? E si può ovviare, o c’è qualche modo per riuscire a evitare di cadere nella trappola di tutte le contraddizioni del vivere quotidiano?
Renzo F.
Le persone che seguono l’antroposofia non sono molto diverse da quelle che non la seguono. Anche se dovrebbero esserlo, soprattutto per quanto riguarda i criteri di scelta di chi è destinato a condividere il proprio percorso di vita, crescere insieme, sostenere, educare e indirizzare i figli che eventualmente verranno. È difficile, almeno all’inizio, la convivenza con individui che seguono la Scienza dello Spirito, i quali lavorano interiormente per non avere vincoli e aspirano alla “libertà”, magari studiando a fondo Filosofia della Libertà. La difficoltà deriva dal fatto che l’altro si presenta nel quotidiano con tutta la sua umanità, e anche con quella dose di egoismo che caratterizza ogni persona, indipendentemente dalla disciplina seguita e dalla volontà di migliorarsi. Per stare vicino all’altro bisogna quindi affrontare l’urto dell’ego, oltre ai comportamenti che derivano da un passato in cui si è fatto un proprio personale, e diverso, percorso di formazione interiore. Però, se l’amore reciproco è nato, quell’amore va ogni giorno alimentato, superando dissidi, diversità di visione e problemi pratici di ogni genere. Il matrimonio è una palestra in cui ci si esercita ad essere altruisti e a superare insieme difficoltà e contrasti. Bisogna capire che l’altro è un essere che vale, e soltanto standogli vicino possiamo contribuire a farlo fiorire. Ognuno dei due deve impegnarsi in questo, ogni giorno, con la stessa tenacia con cui si consegue il proprio sviluppo interiore. Quando poi vengono dei figli, l’impegno da parte dei due, congiuntamente, è essenziale per una corretta formazione dell’anima del bambino. Il quale, finché è piccolo, non ha ancora l’Io autocosciente, quindi va aiutato a svilupparsi in modo sano, morale e secondo la tradizione. Anche la religione è importante per il bambino, cosí come la preghiera. L’uomo che ha pregato da piccolo, ritroverà in sé la possibilità di farlo da adulto, quando ne sentirà una necessità profonda, in momenti difficili della vita. Se non avrà sviluppato il senso della preghiera, l’abitudine a rivolgersi al Divino, gli sarà arduo trovare tale impulso in sé. Quando il figlio crescerà e cercherà la propria indipendenza, i genitori lasceranno che abbia le sue esperienze personali e il suo giusto afflato verso la libertà. Ma è importante comprendere, e fargli comprendere, che la libertà non è del fisico, non è dell’eterico e neppure dell’astrale: è dell’Io, e nell’Io va cercata, trovata e realizzata. Quando si è compreso questo, allora si sa anche che il “vincolo” del matrimonio non è un legame che soffoca la libertà dell’altro, ma un aiuto reciproco per giungere al traguardo che ogni persona si pone venendo sulla terra: la propria autorealizzazione.