Il “materialismo” accompagna tutti nella vita quotidiana. È importante osservare come se ne sia pervasi in ogni momento della vita; qualunque sia il bagaglio culturale, religioso o filosofico si possa avere. Il fatto che afferrando oggetti, evitando pesanti muri, ci si muova in una realtà materiale resistente, dura, impermeabile a noi, crea una dipendenza psicologica piú pervasiva di quanto si possa ritenere. È un modo di percepire che ci accompagna sin dalla nascita. Anche la percezione dualistica del mondo, la contrapposizione tra un soggetto che percepisce e una realtà esterna a sé, gioca il suo ruolo nella coscienza di ognuno.
Se da un lato si percepisce un sasso come fatto tangibile, duro, a sé vivente, dall’altro ogni sentimento, pensiero, istinto, rientra nell’incerto mondo interiore, personale e in apparenza evanescente. Soprattutto il pensiero è considerato “inconsistente” e quindi privo di ogni realtà oggettiva. Perde ogni confronto con la dura immalleabilità di una sedia, di un palazzo. Quindi, non solo filosoficamente, ma anche pragmaticamente, lasciamo scivolare i nostri pensieri, senza alcuna attenzione, se non quando ci servono a risolvere qualcosa di contingente, materiale. Lo stesso filosofare ha perso forza e vigore sociale.
Questo atteggiamento, umanamente condiviso dall’intero genere umano, ha spinto i materialisti, in particolare quelli di stampo marxista, a ritenere che il pensiero fosse una “secrezione” della materia, senza alcuna importanza. Eppure, non solo non è possibile non pensare, ma non è possibile fare alcunché nella vita senza una preordinazione razionale che ne consenta un efficiente svolgimento. Per quanto un gesto sia istintivo, spontaneo, è sempre il frutto di concatenazione razionale, altrimenti non si riesce a compierlo. Ogni tipo di gesto, anche il semplice alzare un bicchiere d’acqua, richiede una modalità d’esecuzione. Quindi, anche accettando la visione del materialismo storico marxista, non ci si può esimere dall’ammettere che il pensiero sia fondamento, se non altro, per l’agire umano. Tutto l’interagire umano con l’ambiente che lo circonda è coordinato dal pensiero.
Senza ancora far ricorso ad una mentalità spiritualista, si può esasperare questo pensiero aggiungendo che in questo agire ci sia sempre un atto creativo. Infatti, tornando all’esempio del bicchiere, alzandolo l’individuo “crea” un’azione, che prima di essere fatta non esisteva, la quale dopo che è stata compiuta, è quindi esistita. Fondamentalmente, anche se può sembrare azzardato, tutti gli individui del mondo durante la loro esistenza creano continuamente, coadiuvati dalla razionalità, e non se ne accorgono. Atto creativo che diventa piú evidente con la costruzione, ovviamente, di manufatti, opere ingegneristiche, architettoniche o artistiche che siano.
Un aspetto che non risulta quasi mai evidente, anzi rimane sempre sconosciuto, è la concatenazione creativa dell’uomo, che si muove sempre partendo da un’idea iniziale, fino ad arrivare al singolo oggetto o ad un’opera. Una sorta di “scatole cinesi”, che diventano sempre piú particolari, contingenti. Dall’idea generica di “manufatti” discende l’idea di mobile, sedia, di un particolare stile, fino ad arrivare al singolo oggetto. Tutte le opere dell’uomo sono contenute in determinate categorie, che a loro volta appartengono a Idee piú generiche ed ampie. Senza diventare eccessivamente didascalico, ognuno può verificare come tutto quello che l’uomo crea appartenga a sottocategorie di categorie, di Idee. In ognuno di questi passaggi si possono riscontrare elementi razionali che giustificano, categorizzano l’oggetto d’indagine.
Rimanendo nell’ambito della sedia, si può sempre verificare come per realizzarla sia necessario avere piú progetti ben chiari in mente: quello della sedia senz’altro, ma anche l’idea di suppellettile sulla quale riposare; che è un mobilio d’arredamento; che è un manufatto dell’uomo. In tutti questi passaggi si ravvisano elementi concettuali, razionali, che ne determinano l’esistenza.
Stiamo forse parlando di Archetipi umani? di Entelechie? Da ognuno di questi Archetipi discendono infiniti elementi della stessa categoria, che determinano sottocategorie anch’esse infinite: infiniti sono i manufatti, di cui si hanno infiniti mobili, da cui si hanno altrettante infinite sedie.
Se l’uomo non si muovesse cosí, verrebbe definito folle. Fare qualcosa che non ha nessun senso e nessun criterio di appartenenza risulta una follia totale. La stessa opera d’arte astratta fa parte, appunto, di una categoria di quadri, che sono delle opere d’arte, che genericamente appartengono alla facoltà di creazione artistica dell’uomo. Tutta la civiltà dell’uomo è da sempre costruita cosí.
In tutta la storia dell’Umanità si ritrova sempre un’idea che di passaggio in passaggio si concretizza in infiniti elementi, che diventano infine singoli oggetti. Quindi nel suo muoversi l’uomo ha come fondamento il pensiero, l’Idea, l’Entelechia. Certamente non in senso didascalico come ingenuamente hanno pensato Marx e i suoi epigoni, ma come atto fondamentale, per cui la sostanziosa ed immalleabile materia acquista forma e colore di aiuto e diletto umano.
Approfondire ulteriormente porterebbe fuori tema. Ho iniziato parlando con i frutti dell’agire umano, perché è facile ravvisarne la razionalità, la concettualità che lo determina. Ora, dando uno sguardo al mondo esterno, alla natura, a tutto quello che pare preesistere all’uomo, cioè a quello che possiamo definire il creato, il discorso diventa meno evidente. Abbiamo esseri e cose che si alternano alla nostra attenzione, di cui in un primo momento non sappiamo nulla. La prima cosa che risulta evidente è che persino la terra, la roccia, tutto è vivente, nasce per vivere e poi perire. Quindi se già parlo in termini di natura vivente, di creato che nasce ed ha una sua vita, non commetto nessun illecito.
Anche in questo caso affronto il tema senza mettere in discussione la concezione materialistica del mondo, senza far ricorso ad entità astratte ed esoteriche. Eppure, come la stessa scienza ci insegna, la stessa materia rocciosa del nostro pianeta ha un suo ciclo di vita, al termine del quale il pianeta Terra si dissolverà. Anche per il creato, ad una migliore osservazione, non si può non notare come tutto sia circoscrivibile in categorie d’appartenenza, che partendo da cerchi ampi e generici, si circostanzia in famiglie sempre piú circoscritte, fino ad arrivare al singolo essere.
Come nel caso dei manufatti dell’uomo, anche nella natura ogni categoria si ripete all’infinito, generando al suo interno altrettante infinite sottocategorie, sino ad arrivare agli infiniti singoli esseri. Per spiegarmi, di tutta l’infinita natura, abbiamo le infinite specie viventi, di cui fanno parte gli infiniti animali, di cui abbiamo gli infiniti felini, di cui fanno parte le infinite tigri.
Si potrebbe obiettare che le categorie della natura non sono infinite, ma hanno un numero ben conosciuto dalla scienza. Gli stessi animali sono in una ben determinata quantità. Se è un concetto in apparenza vero, lo è nel singolo momento d’attenzione. Ma guardando la natura nel divenire, ci si accorge subito di come tutto si ripeta all’infinito. Anzi, proprio da questa obiezione si può notare cosa sia realmente immortale ed infinito: è l’idea, il concetto da cui discendono le infinite vite. Se un essere è formato solo da un determinato numero di esemplari, è pure vero che il loro nascere, vivere e perire è infinito.
A questo punto l’analogia con il mondo finito, costruito dall’uomo, prende sempre piú corpo ed evidenza. Anche nella natura Idee e Archetipi suddividono e regolano la vita di tutti gli esseri che compongono la natura vivente, comprese le rocce e i cristalli. Rendersi conto di come gli Archetipi siano alla base degli esseri viventi, non contraddice o nega la scienza. Anzi il progredire della scienza rafforza il concetto di pensiero quale fondamento della realtà, perché dissuade ulteriormente che possa esistere nell’universo qualcosa che non risponda a criteri razionali, di cui il pensare non sia fondamento.
A questo punto mi appello alla legge della logica fondamento essenziale della razionalità umana: contraddirla significa negare l’evoluzione cosciente dell’uomo stesso, soprattutto quale essere razionale e scientificamente progredito. Dunque, se A = B e B = C allora A = C. Conoscendo due di questi tre elementi, automaticamente si conosce anche il terzo senza bisogno di incontrarlo realmente. In conclusione un “A” è l’uomo, il quale ha Idee e crea secondo Archetipi, categorie. Un “B” è la razionalità, che progetta secondo schemi che rispondono funzionalmente all’utilità umana dei suoi manufatti. E “C” è il frutto del lavoro umano. Nel Creato, ironicamente potrei dire “invece”, con “C” possiamo definire gli esseri viventi, “manufatti” della natura; “B” il pensiero che li determina come forma e funzione. A questo punto non può non esserci un “A”, secondo la legge della logica citata in precedenza. Una entità Creatrice, una grande Madre, che partorisce Idee, Archetipi, che si sostanziano in essi viventi.
Per me questo è Goethe.
Massimo Danza