Renzo Arcon

In memoria

Renzo Arcon

Renzo Arcon 1

 

Giovanni Blason

Giovanni Blason

 

Triestino del 1946, avrebbe compiuto settantasei anni quest’autunno. Minuto di corpo ma, come vedremo, imponente nello Spirito, nacque in una famiglia di nobili origini francesi (il cognome di provenienza è Arzon) in cui il padre frequentava il circolo di Giovanni Blason, pittore e rappresentante di un’antroposofia ope­rativa a Trieste. Una certa atmosfera, per­tanto, aleggiava nell’ambiente familiare. Era ancora fanciullo quando il padre, indicandogli la libreria di casa, gli disse che avrebbe potuto leggere tutti i libri che voleva “tranne quelli”, indicando i testi di antroposofia. Risultato: il piccolo Renzo cominciò a leggere Teosofia di Rudolf Steiner a otto anni.

 

Ma i libri erano proprio nel suo destino: fu direttore interinale della biblioteca civica Attilio Hortis di Trieste, dopo essersi occupato per anni dell’archivio diplomatico. «L’elenco delle opere scritte o curate o partecipate» – come scrive il quotidiano di Trieste in un articolo a lui dedicato – «è molto lungo, a indicare i tanti interessi e le tante curiosità che lo hanno animato». Il lavoro piú importante dal punto di vista scientifico è probabilmente quello relativo ai “camerari” del comune triestino, pubblicato a cura della Deputazione di storia patria nel 2000.

 

Renzo in una rievocazione storica

Renzo in una rievocazione storica

Collaborò con l’associazione Tredici Casade per rievocazioni storiche di epoca medievale di cui era particolarmente esperto, e nel 2008 diede vita al Comitato promotore della cultura giuliana.

 

Ma lasciando l’aspetto professionale e culturale della sua attività, per quanto riguarda ciò che piú ci sta a cuore, restano quali testimonianze del suo operato spirituale il volumetto Di Artú e della Tavola Rotonda pubblicato dalle edizioni Il Cinabro nonché gli articoli rinvenibili nell’archivio dell’Archetipo. Al suddetto libretto arturiano parteciparono anche Andrea Marcigliano, con una dotta e sapiente prefazione, ed il sottoscritto con la postfazione: quindi ne uscí un lavoro collettaneo che univa nella collaborazione i contributi diversi di tre amici. Renzo considerava molto importante questa collaborazione ed il lavoro insieme, quasi questa forma anche elementare di socialità fosse l’unica via per questi tempi. Maggiormente preziosa perché rivolta allo Spirito.

 

Sigillo templare

Sigillo templare

 

Riprendendo il filo del suo percorso di vita, fin da bambino ebbe la capacità di percepire sottilmente gli esseri della natura; natura in cui amava immergersi con passeggiate in Carso di cui era un ottimo conoscitore; aveva anche il dono della conoscenza del passato dei luoghi che riusciva a ricostruire imaginativamente.

 

Era persona molto generosa sia nel donare beni materiali, pur non essendo certo facoltoso, che nello spendersi nell’assistenza spirituale e anche di ordine pratico, verso parenti, amici e conoscenti. Talvolta questa assistenza spirituale gli pesava, specialmente quando gli pareva di coglierne l’inutilità per via della leggerezza di chi avrebbe dovuto recepire il suo contributo con maggiore serietà ed efficacia.

 

Renzo Arcon 2

 

Per molti è stato, oltre che un amico, una sicura guida verso lo spirituale. «Chi si ferma è perduto» diceva spesso, rievocando un vecchio motto, ed era realmente in continua ricerca del passo successivo, non si accontentava mai del gradino conquistato nel corso di qualche lavoro spirituale eseguito insieme, e tentava di indicare il movimento ulteriore da fare.

 

Aveva una “maledizione”, per cosí dire, che era quella di percepire la sofferenza altrui: ciò lo portava ad essere estremamente comprensivo e concessivo nei confronti degli altri al punto di apparire persino debole o troppo remissivo.

 

Non proponeva mai se stesso, non si metteva mai in mostra, anzi semmai evitava e sfuggiva le occasioni di essere al centro dell’attenzione. Aveva la capacità di farsi interiormente da parte al punto che in certi momenti importanti riusciva in piena consapevolezza a dar voce ai Maestri assistendo e imparando egli stesso da quanto andava dicendo.

 

Ora narrerò di un episodio cosí come mi fu riferito da un amico comune che era con Renzo e vi assistette. Nel corso di uno degli incontri che Massimo Scaligero teneva in via Barrili a Roma il mercoledí e il sabato, si accorse che il Maestro stava subendo un pesante attacco da forze sottili ostili ed era in imminente pericolo di vita. Con grande slancio di offerta pronunciò dentro di sé le parole: «Prendete me!». Scaligero si riprese e poté terminare la riunione. Poi, come era solito fare, passò a salutare tutti gli intervenuti, scambiare due parole e stringere loro le mani; giunto il momento di Renzo gli disse semplicemente: «Grazie», confermando cosí in modo implicito che l’aiuto era stato reale e non un mero impulso emotivo. Poi, qualche tempo dopo Renzo ebbe un grave incidente automobilistico in cui distrusse il mezzo, peraltro uscendone illeso: le entità dell’Ostacolo avevano in quel modo riscosso il loro credito.

 

Renzo a Tintagel sulle orme di Artú

Renzo a Tintagel sulle orme di Artú

 

Quasi a chiudere simbolicamente il cerchio di un’esistenza dedicata all’antroposofia ha passato definitivamente la Soglia il 25 febbraio, giorno di nascita di Rudolf Steiner. Nel trapasso, avvenuto dopo una lunga malattia che ne aveva minato il fisico, con un carcinoma e una forma leucemica di minor gravità, contrasse il Covid, presumibilmente preso recandosi all’ospedale per la chemioterapia. Anche qui un segno del destino: dopo qualche giorno di cure a casa il fisico indebolito cominciò a manifestare una tosse continua e insistente. Il giorno dell’aggravamento mancavano dalla città i due amici medici che lo avevano assistito, e cosí non restò altro da fare che rivolgersi al medico di base, il quale di fronte a una sospetta polmonite non poté che ordinare il ricovero. Cosí Renzo si trovò a condividere il tragico destino di molti italiani che son defunti da soli in un ospedale senza i propri affetti vicino. Del resto il suo giorno di nascita era quello di un’altra tragedia nazionale: l’8 settembre.

 

Vengono qui di seguito proposti due suoi scritti che meglio ne restituiranno la dimensione della figura spirituale: il primo è una sorta di lascito per il futuro mentre il secondo è il resoconto di un sogno in cui aveva incontrato il professor Pio Filippani Ronconi, di cui era grande estimatore e che considerava una guida spirituale di elevatissimo livello.

 

 

Marco Allasia