Terza e ultima parte della trilogia dedicata da Ovidio Tufelli, alias Fulvio Di Lieto, al rapporto tra l’epoca dell’antica Roma e quella attuale. L’Urbe della prima ora, quella di Romolo e Numa, in contrapposizione con quella repubblicana prima, e in seguito dell’impero, con l’inevitabile dissoluzione, che sola poteva dar luogo a una ristrutturazione dalle fondamenta. È ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi, se siamo attenti ai precisi parallelismi, che non ci fanno presagire nulla di positivo per l’immediato, ma di esaltante per il futuro Nuovo Rinascimento sotto il segno dello Spirito.
Il volume incorpora gli articoli del periodo che va dal 2016 al 2020, espressi in chiave antroposofica, con precisi riferimenti ai preziosi insegnamenti di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero.
Riportiamo qui di seguito una breve significativa selezione:
Le pietre di Roma, quelle imperiose del Colosseo e dei Fori, o quelle del Tempio del Sole Invitto, sepolte nello spazio tra Piazza San Silvestro e Via Condotti: l’anima che le aveva plasmate non era morta, la ricordavano i colori degli affreschi della Casa di Livia, della Domus Aurea, i marmi policromi delle Terme di Caracalla. Era un’anima che il tempo non aveva consumato. E non era solo la Roma irrigidita nell’inerzia delle rovine, seppure nobili, era anche la città superba e possente del cristianesimo in cattedra e in trono, che oltre i richiami veterotestamentari si esprimeva nel “Giudizio” della Sistina e comprimeva le eresie sotto il peso reale e virtuale della immensa cupola di San Pietro. Era la Roma barocca, quella che testimoniava l’estro del cattolicesimo romano con i suoi ori e i suoi stucchi, con la sua scenografica resa ludica dalle liturgie e dai paramenti. Una religione disinibita e carnale, celebrante i suoi rituali con i cori angelici dei pueri cantores, con gli angeli flessuosi e ammiccanti, con la “Teresa in Estasi “del Bernini e i divini capricci del Borromini, che voleva mettere ali ai marmi, flettendoli, ondulandoli, per farne, al termine dell’opera scultorea, bastimenti per trasvoli iperurani.
La Riforma, con i suoi rigori e le sue austerità, in particolare nei Paesi dove il credo di Calvino si era maggiormente imposto, aveva mortificato anche le arti figurative, letterarie ed espressive. Aveva inoltre provocato nel cattolicesimo, già avviato a un’evoluzione in chiave umanistica grazie al Rinascimento, che era nato e si era svolto per lo piú nell’ambito cattolico italiano, la reazione integralistica della Controriforma. Ne erano derivate quelle forme di contrapposizione dogmatiche e culturali estreme, per cui il cattolicesimo si agguerriva rinunciando al dettato evangelico del porgi l’altra guancia, e il protestantesimo, specie nei paesi mitteleuropei, faceva del rigetto dei princípi trascendenti cristici la filigrana delle proprie enunciazioni.
Le tempeste dogmatiche e speculative avvengono però nello strato superficiale della storia umana. In profondità, sono gli archetipi della vita cosmica a fornire gli ancoraggi eterni che fissano le regole essenziali, operanti immutate dal primo attimo della creazione. Ciò vale per le grandi opere dell’uomo al servizio del suo Genio immortale, e piú ancora vale per le civiltà che molti uomini al servizio dell’anima collettiva promuovono nel tempo. Tolti gli orpelli della superbia e della crudeltà, del potere effimero che dà la spada opposta al lituo, l’anima di Roma rifulge del Genio misterico cui la votarono i suoi fondatori, i suoi sacerdoti, le Vergini vestali, i suoi Iniziati, compagine eletta, per un occulto disegno, a farsi portatrice del Verbo. Ogni pietra delle sue rovine ne pulsa, sublimata.