In queste conferenze io parlerò della vita spirituale, morale e artistica, per mostrare come la Scienza dello Spirito possa riuscire ad illuminare i diversi enigmi che si presentano legittimamente all’uomo nel nostro tempo. Per ripetere ciò che in passato abbiamo già detto assai spesso, dirò anche oggi che il punto di vista da cui prendono le mosse queste conferenze non è al giorno d’oggi affatto riconosciuto o amato. Al contrario: il punto di vista della Scienza dello Spirito come la intendiamo qui, oggi viene considerato con opposizione, con incomprensione, con inimicizia. Ed è bene dire fin dal principio che di questo modo di accogliere il punto di vista scientifico-spirituale, meno di tutti gli altri si meraviglia chi si pone esso stesso da un tal punto di vista. Perché tutto ciò che si può addurre oggi di opinioni e di abitudini di pensiero contro la Scienza dello Spirito, tutto ciò che contro di essa la scienza attuale crede giustificato obiettare o altri punti di vista ritengono giusto di oppugnare proprio chi è penetrato a fondo nella Scienza dello Spirito è in grado benissimo di valutarlo. Potete dunque essere sicuri che colui che vi parla qui è assolutamente in grado di comprendere la contraddizione, l’opposizione, l’incomprensione con cui la Scienza dello Spirito viene accolta. I motivi di dissenso al riguardo sono molti. C’è chi crede che la Scienza dello Spirito si fondi su qualche antica confessione religiosa di origine orientale o d’altra origine, perché crede di riscontrare una certa sua somiglianza con alcuni punti di tali confessioni religiose. Che a proposito di queste somiglianze però le cose stiano in tutt’altro modo, lo si potrà riconoscere solo nello svolgimento della Scienza dello Spirito. Ma basti su ciò questo breve accenno.
Desidero innanzitutto premettere che la Scienza dello Spirito, come la intendiamo qui, non ha nulla a che fare con una tradizione qualsiasi, ma che si fonda su risultati che nell’epoca attuale si possono ottenere direttamente, su un metodo di ricerca per cui non occorre nessuna tradizione, come non occorre una tradizione per i risultati della ricerca nel campo della chimica, della fisica, o di un’altra scienza. Sarà compito delle nostre conferenze mostrare come ciò sia documentabile e dimostrabile.
Da altra parte si manifestano invece motivi di dissenso contro la Scienza dello Spirito, perché la si prende come una specie di nuova religione, come una specie di dogmatismo settario. Essa però non è affatto una religione, né un dogmatismo settario, come non lo sono le altre scienze moderne. Come non si può dire che le persone che si uniscono per coltivare la chimica siano una setta della chimica, cosí non si può parlare a proposito della Scienza dello Spirito, se si penetra veramente nel suo spirito, di un dogma settario. Ma l’opposizione alla Scienza dello Spirito deriva da tutt’altre premesse. Tutte le confessioni religiose delle piú varie tendenze credono (e questo sia detto a titolo di preambolo) di dovere in qualche modo temere una nuova religione; temono che una nuova fede voglia subentrare nel loro regno e minacciare in genere la vita religiosa. A poco a poco però ci si potrà persuadere che con la Scienza dello Spirito le cose andranno esattamente come sono andate, quando, per esempio, al tempo di Copernico, la scienza ha preso una nuova direzione.
Come allora si credeva che la concezione copernicana, dovendo rompere con molte vecchie tradizioni, avrebbe messo in pericolo la vita religiosa dell’umanità, come per secoli il copernicanismo fu bandito dalle varie comunità religiose, cosí oggi qualcosa di simile può accadere con la Scienza dello Spirito; la quale, nel campo dello Spirito, ha un compito analogo a quello di Copernico nel campo scientifico. Alla fine si riconoscerà che fra la Scienza dello Spirito e la scienza delle religioni esiste lo stesso rapporto che fra il copernicanismo e le confessioni religiose; e che contro le esigenze della civiltà attuale si potrà erigersi nel campo dello Spirito altrettanto poco quanto in passato nel campo della conoscenza della natura. A queste cose basterà qui solo accennare; piú avanti tutto risulterà evidente.
Un’altra significativa obiezione vien fatta da parte di coloro che effettivamente dovrebbero considerare la Scienza dello Spirito, se la intendessero rettamente, come una specie di continuazione dei loro stessi sforzi: vien fatta da coloro che credono di stare sul saldo terreno della ricerca scientifica, del pensiero e delle concezioni scientifiche. Cominceremo oggi col mostrare con un’immagine (ma nell’immagine è inteso qualcosa di piú che una semplice immagine) quale sia il rapporto fra la Scienza dello Spirito moderna e la corrente della conoscenza scientifica. Nessuno piú di chi sta sul terreno della Scienza dello Spirito, può riconoscere l’alto valore e il grande impulso di civiltà dell’atteggiamento scientifico moderno; e gli egregi ascoltatori che già da anni ascoltano queste nostre conferenze, certo sapranno che da parte della Scienza dello Spirito è sempre stato energicamente sottolineato il totale riconoscimento del pensiero scientifico e della ricerca scientifica. Chi mai oggi potrebbe far fluire una corrente spirituale nella civiltà, credendo di doversi porre in contrasto col pensiero scientifico? Potrebbe farlo solo chi non si accorgesse quali opere sono state create per l’umanità, nel corso degli ultimi secoli e fino ai nostri giorni, dal pensiero scientifico; potrebbe farlo solo chi non comprendesse quanto profondamente sia penetrata la scienza non solo nel contenuto, ma in tutto l’atteggiamento e in tutti i problemi della conoscenza. Contro le legittime pretese delle conquiste scientifiche, nulla verrà obiettato nel corso delle nostre conferenze.
L’umanità ha visto crescere e fiorire la conoscenza scientifica, l’ha vista penetrare nella vita della nostra tecnica, nella vita del nostro traffico, l’ha vista trasformare tutta la civiltà materiale esteriore e conquistare la vita sociale dei popoli in tutto il mondo terrestre. Ma proprio perché la Scienza dello Spirito moderna comprende tutto ciò, proprio per questo dalle prestazioni della scienza essa ricava quanto segue: se la scienza non viene presa in senso astratto, teorico e dogmatico, ma in modo vivo, allora dalla sua forza stessa e dalle sue abitudini di pensiero potrà scaturire qualcosa: potrà scaturire qualcosa che illumini l’anima umana non solo sulle leggi esteriori del mondo sensibile e delle forze e sostanze materiali, ma anche sulla vita dell’anima stessa, sul destino dell’anima, sui problemi della morte e dell’immortalità e su tutta la sfera della vita spirituale. Perché fin dall’inizio è bene sottolineare che qui per Scienza dello Spirito noi non intendiamo un compendio delle diverse scienze, come per esempio oggi il nome di scienza spirituale viene usato per la storia, per la sociologia, per la storia dell’arte, per la storia del diritto o simili; qui per Scienza dello Spirito s’intende la conoscenza di una vita spirituale reale, che è altrettanto reale quanto lo è la vita della natura intorno a noi, e a cui l’uomo col suo Spirito e con la sua anima appartiene altrettanto realmente quanto col suo corpo appartiene alla sfera che può esserci illuminata dalla scienza.
Ma in tal modo noi calchiamo un terreno col quale, come è comprensibile e come già abbiamo detto, molti spiriti moderni non possono convenire, perché a loro sembra ancora assolutamente fantastico e visionario il modo con cui la Scienza dello Spirito si accosta allo spirituale e agli enigmi vitali. Non altrimenti in fondo appariva fantastica e visionaria ai suoi contemporanei anche la concezione copernicana. Ma la Scienza dello Spirito e la scienza naturale, se vogliamo usare un’immagine, stanno fra loro in questo rapporto: quando in autunno un contadino raccoglie i suoi frutti, la maggior parte di questi frutti viene subito usata come alimento per gli uomini; e questa parte, metamorfosata, ha una grande importanza per la vita umana, appunto come nutrimento. Se però la vita ha da continuare, un’altra parte di questi frutti deve venire usata per la nuova seminagione. Non deve venire usata come alimento, ma deve essere elaborata in altro modo: deve scomporsi nei suoi elementi. Cosí, la massima parte delle grandi e splendide conquiste della scienza è destinata ad alimentare la vita della tecnica, la vita sociale, la vita del traffico; è destinata a fecondare la civiltà materiale, a penetrare e a configurare progressivamente la vita dell’umanità.
Ma proprio in quello che la scienza ci offre, è contenuto anche qualcosa che potrà poi a sua volta essere offerto all’anima umana, pur senza fluire direttamente nella vita materiale; qualcosa che potrà essere elaborato entro l’anima umana nel modo che ora descriverò, e che, se non verrà preso teoricamente o dogmaticamente ma verrà accolto entro l’anima in modo vivo, si comporterà nell’anima come il seme che è stato deposto in terra. Ciò che in tal modo può essere accolto dall’anima umana, poi si trasforma e diventa quella forza chiaroveggente che noi intendiamo qui (lungi da ogni forma di superstizione e da ogni oscurantismo) come la forza che è in grado di contemplare il mondo spirituale.
La Scienza dello Spirito si distingue infatti dagli altri campi della conoscenza, perché presuppone uno sviluppo dell’anima umana oltre il limite ammesso di solito dalla scienza attuale. La scienza attuale prende l’uomo cosí com’è; lo prende con la sua forza conoscitiva, fondata sull’osservazione dei sensi e sull’intelletto, mediante la quale egli osserva intorno a lui il mondo, investiga le leggi della natura, edificando in tal modo la scienza. Normalmente si prende l’uomo cosí com’è, e l’uomo, per approfondirsi nella scienza, prende se stesso cosí com’è. Ciò però non avviene nella Scienza dello Spirito. Per l’uomo cosí com’è, e come deve essere anche in tutti gli altri campi della scienza, il mondo spirituale è a tutta prima un mondo nascosto, un mondo che per i sensi non c’è, e che non c’è neppure per l’uso normale dell’intelletto e della ragione; è un mondo che sta dietro il mondo dei sensi, sebbene il piú profondo essere dell’uomo appartenga proprio a quel mondo sovrasensibile, se mi è lecito usare questa espressione. L’uomo stesso, cosí com’è e come comprende se stesso con la sua forza di conoscenza, appartiene al mondo dei sensi e al mondo dell’intelletto. In senso piú profondo però egli appartiene al mondo spirituale; questo senso piú profondo però egli deve prima svilupparlo. Con altre parole: come è vero che l’uomo per la scienza normale prende se stesso cosí com’è, altrettanto è vero che per la Scienza dello Spirito, per la conoscenza dello Spirito, egli deve prima trasformarsi per poter penetrare nel mondo spirituale. La forza di conoscenza, la facoltà di conoscenza relativa al mondo spirituale, deve prima svilupparsi; l’uomo deve prima trasformarsi affinché la facoltà di conoscere il mondo spirituale, sopita in lui, si desti. Ma questa facoltà di conoscenza sopita è in lui, ed egli può portarla a destarsi.
Questo punto di vista però non soltanto è scomodo, ma per molti riguardi è incomprensibile per l’uomo d’oggi. Perché oggi, quando si tratta dei problemi della vita superiore, siamo a tutta prima inclini a chiederci: che cosa può conoscere l’uomo? E allora taluni che vivono nelle abitudini di pensiero del nostro tempo giungono alla conclusione (e con ragione), che la facoltà conoscitiva dell’uomo è limitata e non può penetrare affatto in un mondo spirituale. Molti, da un lato, dicono: può darsi che un tal mondo spirituale esista, ma la facoltà conoscitiva dell’uomo non è in grado di penetrarvi. Altri invece sono piú radicali e dicono: il mondo spirituale non si mostra a nessuno; di conseguenza non esiste. Questa è la concezione del materialismo, o come oggi piú nobilmente si dice, del monismo.
Non c’è alcun dubbio che l’uomo, cosí com’è, non possa penetrare nel mondo spirituale; non può penetrarvi se vuole afferrarlo scientificamente, senza limitarsi ad afferrarlo con la sola fede. La pura fede oggi non basta piú all’umanità, e sempre meno le basterà, a causa dell’educazione scientifica diffusasi negli ultimi secoli. Ma la facoltà di conoscenza del mondo spirituale deve prima essere educata entro l’anima umana; prima devono essere create le condizioni per cui l’uomo possa penetrare nel mondo spirituale.
Se poi ci si lascia indurre a ritenere che una tal cosa sia possibile, allora di solito ci si forma l’idea che deve trattarsi di forze abnormi! Devono pur essere forze abnormi, devono pur essere prodotte da condizioni abnormi, le forze che conducono l’uomo al mondo spirituale! Ma anche questo è un malinteso. Si tratta invece del fatto che la conoscenza e le forze dell’anima che conducono l’uomo al mondo spirituale, sono in fondo presenti nell’anima umana. Nella vita quotidiana ordinaria queste forze operano bensí sull’anima (anche se questa è tutta dedita alla vita quotidiana), ma in questa vita quotidiana, per cosí dire, restano sommerse, e operano in regioni subordinate della vita; oppure, se operano in sfere piú importanti, lo fanno in modo che il loro influsso non si noti. Ciò che nell’anima esiste sempre, ciò che non manca in nessun’anima, pur essendo presente nella vita quotidiana solo in misura e forza minima, questo, se sviluppato ad un certo livello e ad una determinata intensità, deve produrre le forze conoscitive per la Scienza dello Spirito. Qui non intendo fare delle astrazioni, ma entrar subito nel concreto. Vi prego perciò di rivolgere la vostra attenzione sopra una facoltà che ognuno di voi conosce, sopra una facoltà che ha un suo compito particolare, ma che se dal suo basso livello vien portata ad una certa intensità, ci dà una forza fondamentale per la Scienza dello Spirito.
Ognuno di noi sa che cosa significhi rivolgere l’attenzione, rivolgere l’anima a qualche cosa. Nella vita noi dobbiamo rivolgere 1’attenzione dell’anima, potremmo anche dire il nostro interesse, ai diversi oggetti; perché ci è necessario farci di questi diversi oggetti rappresentazioni che restino in noi, che sussistano nella memoria e continuamente influenzino la nostra anima. Quale parte abbiano nella vita umana l’attenzione o l’interesse, potrà ben notarlo colui che già si sia dato la pena di riflettere sulle cause di una buona o di una cattiva memoria. Quelli che si sono occupati della memoria, sanno bene che una buona e forte memoria è per molti riguardi conseguenza della facoltà che l’uomo ha di rivolgere l’attenzione sulle cose, di seguirle con interesse. Le cose a cui abbiamo dedicato un’intensa attenzione e a cui abbiamo rivolto tutto il nostro interesse, s’imprimono nella nostra anima, si conservano nella vita della nostra anima. Chi passa fuggevolmente accanto alle cose, chi non se ne lascia prendere, dovrà poi lamentarsi della debolezza e dell’inutilità della sua memoria. Ma quello che noi chiamiamo interesse, dedizione alle cose della vita, è importante per la vita umana anche per un altro riguardo. Perché dal fatto che noi riteniamo le cose, che riteniamo in forma di rappresentazione le cose con cui una volta siamo stati connessi, dipende quella che noi possiamo chiamare l’intima integrità della vita dell’anima, a noi tanto necessaria. Chiunque si sia occupato dell’anima, sa che per la sana sua vita è necessario che l’uomo conservi il nesso fra il presente e le sue esperienze passate. Chi per gran parte non si ricordasse come la sua autocoscienza, come il suo io, si siano comportati negli anni passati, per cui, guardando indietro, non riconoscesse di averli sperimentati, chi avesse del suo Io una esperienza sempre nuova, quegli non avrebbe un’anima sana. Cosí la vita sana dell’anima risale in ultima analisi al fatto che noi siamo in grado di rivolgere l’attenzione alle cose della vita. Questa è dunque una forza fondamentale dell’anima che ha una grande importanza per la vita, che è sempre presente nella vita.
Ora qualcuno potrebbe dire: che cosa ci racconti? Tu ci parli, per illustrarci la Scienza dello Spirito, di qualcosa di assai banale, e affermi che quest’attenzione deve svilupparsi ulteriormente e deve esser portata ad una particolare intensità! Eppure è proprio cosí. L’attenzione è qualcosa che per la vita normale basta sia debole e che, quando anche nella vita esteriore è davvero intensa, ha sempre una intensità debolissima rispetto a quella dell’investigatore dello Spirito. L’investigatore dello Spirito, infatti, deve sempre di nuovo esercitarsi ad aumentare la propria attenzione; e deve portarla ad un tal grado d’intensità, rispetto al quale il grado che noi esplichiamo nella vita normale è veramente minimo.
Si potrebbe dire: ma allora sembra ben facile raggiungere il terreno dell’indagine spirituale, se si tratta solo di sviluppare qualcosa che nella vita ordinaria già esiste. Ma anche a questo proposito valgono le parole usate da Goethe nel suo Faust: «Facile è sí, ma il facile è difficile» [Johann Wolfgang von Goethe, Faust II, atto primo, Palazzo Imperiale, Sala del Trono].
Ci vogliono degli anni di paziente disciplina dell’anima, per poter sviluppare la forza che nella vita ordinaria ci si presenta in misura minima come attenzione; e nella Scienza dello Spirito questa intensificata attenzione noi la chiamiamo concentrazione della vita spirituale. La chiamiamo concentrazione della vita spirituale, perché lo Spirito umano o l’anima umana, cosí come essi sono, nella vita quotidiana esplicano le loro forze sopra una vasta sfera, sopra una sfera che abbraccia tutto ciò che il mondo sensibile esteriore ci offre e che l’intelletto elabora a contatto delle percezioni sensoriali esteriori. Nella vita ordinaria le forze dell’anima si effondono su tutto ciò che l’uomo vuole e brama, su tutto ciò che lo appassiona, e cosí via; in breve, la vita dell’anima a tutta prima si effonde in ogni direzione. L’investigatore dello Spirito invece deve sviluppare in sé, in aggiunta, uno strumento scientifico-spirituale, che egli deve preparare come in laboratorio il chimico deve preparare, nel campo materiale, i suoi strumenti; e questo strumento consiste nel fatto che le forze dell’anima normalmente effuse su tutta la vita, si concentrino, per cosí dire, in un solo punto, che l’attenzione sia tutta rivolta su un solo punto. Quale mai punto? Su un punto che l’investigatore dello Spirito stesso si sceglie nell’esperienza interiore dell’anima. Ciò significa che l’investigatore dello Spirito deve formarsi una rappresentazione, o un impulso dell’anima, un impulso di sentimento o di volontà, e deve collocarlo nel centro della propria anima. Meglio è scegliere una rappresentazione o un impulso che non abbiano a tutta prima nulla a che fare col mondo esterno: un’immagine, un simbolo.
Facciamo un esempio semplice. Prendiamo qualcosa che non ha a tutta prima nessun elemento di realtà; questo non conta. Io mi rappresento di essere illuminato da una luce (luce di una stella, luce del sole) e che questa luce fluttuante attraverso il mondo sia saggezza. Un simbolo. Ora io concentro tutta quanta la mia attenzione su questo simbolo. Non importa affatto che in questo simbolo qualcosa corrisponda alla verità; quello che importa è che tutte le forze dell’anima siano concentrate su questo unico punto. Perciò è necessario fare la preparazione di cui ho parlato ampiamente nel volume L’Iniziazione [O.O. N° 10]; la preparazione che è stata presentata lí nei suoi diversi metodi. Qui possiamo solo accennare alla cosa in linea di principio e in forma introduttiva.
Per ottenere ciò, è necessario esplicare l’intensa volontà di concentrare veramente tutta la vita dell’anima su questo unico punto. Ciò però significa essere in grado di produrre artificialmente ciò che di solito si produce naturalmente con lo stato di sonno. Nello stato di sonno i nostri sensi si rilasciano; il mondo cessa di essere sensibilmente percepibile. Colori, suoni, odori cessano di fare impressione su di noi. Ma al tempo stesso la nostra coscienza si dilegua. Per l’investigatore dello Spirito però tutte le impressioni esterne devono essere messe a tacere volontariamente, pur mantenendosi desta la coscienza. Deve cioè prodursi uno stato di quiete simile a quello che si produce nel sonno: e tutti gli impulsi volitivi devono totalmente estinguersi. Per l’investigatore dello Spirito deve anche totalmente acquietarsi tutto ciò che normalmente l’uomo suscita in sé al fine di inserirsi attivamente ed energicamente nel mondo. Egli deve distogliere la sua coscienza da tutto ciò a cui normalmente è rivolta, e deve concentrare tutta la sfera dell’anima solo su di un punto che egli stesso ha prescelto. Allora le forze dell’anima si rinvigoriscono, e in particolar modo quelle forze dell’anima che normalmente, nella vita quotidiana, restano nascoste. In tal modo a poco a poco subentra qualcosa che potrei paragonare a ciò che si produce nel campo della vita materiale esteriore, quando per esempio il chimico fa delle indagini sull’acqua. L’uomo sta nel mondo davanti all’investigatore dello Spirito come davanti al chimico sta l’acqua. Per l’investigatore dello Spirito l’uomo è un’unione, è un’intima compenetrazione dell’animico-spirituale e del fisico-corporeo, cosí come per il chimico l’acqua è una combinazione di ossigeno e di idrogeno. E come il chimico non potrebbe mai conoscere che cosa è l’acqua se facesse le sue indagini solo sull’idrogeno, cosí non si potrebbe mai conoscere che cosa l’uomo è nello Spirito o nell’anima se lo si osservasse soltanto nell’esistenza corporea. In questo campo l’investigatore dello Spirito non deve temere di essere preso per un dualista, come il chimico non deve temere di scomporre l’acqua in ossigeno e idrogeno. Non si ha nessuna ragione di considerare dualista l’investigatore dello Spirito che nel suo campo fa una specie di chimica spirituale, come non si ha ragione di tacciare di dualismo il chimico che asserisce che l’acqua non è un’unità ma consta di idrogeno e di ossigeno, e che per conoscere la natura dell’acqua, deve separare l’idrogeno dall’ossigeno.
Con gli stessi mezzi, solo nel campo suo proprio, procede l’investigatore dello Spirito. E quello a cui ho ora accennato, ossia la necessità di una concentrazione, di un’attenzione accresciuta, questo evoca e suscita nell’anima umana forze presenti bensí in essa, ma normalmente sopite; forze per cui l’animico-spirituale, che di solito è inseparabilmente vincolato al fisico-corporeo, esce da questo elemento corporeo come l’idrogeno esce materialmente dall’acqua nell’esperimento chimico. E se l’investigatore dello Spirito pratica, magari per anni, con energica e fedele disciplina, una siffatta intensificazione dell’attenzione, allora sperimenta che quanto in genere può essere facilmente messo in dubbio nella sua realtà, ossia l’animico-spirituale, diventa per lui esperienza diretta; cosicché per lui ha un significato immediato il dire: io mi sperimento nell’animico-spirituale indipendentemente dal corpo; solo adesso io so che cos’è l’animico-spirituale, perché mi sperimento nell’animico-spirituale. Non è che l’investigatore dello Spirito debba aggiungere alle conoscenze scientifiche ordinarie altre conoscenze dello stesso genere; ma piuttosto che, sebbene la sua indagine sia condotta assolutamente con spirito scientifico, particolarmente con spirito scientifico, tuttavia il suo metodo di ricerca è atteggiato diversamente. E appunto perché il suo metodo vuol restare fedele alle leggi della scienza, deve assumere un’altra forma da quella dei metodi scientifici applicati al campo materiale. L’investigatore dello Spirito, per esempio, si rende cosciente di quanto segue.
Nell’epoca nostra si ha una certa ragione di chiedere: forse che la scienza ci ha fornito, non diciamo una prova, ma almeno una giustificazione ipotetica dell’opinione che il pensiero umano, cosí come si presenta nell’uomo, sia una funzione o un risultato del cervello? Principalmente su questo si appuntano, in senso tutt’altro che moderno, le critiche degli avversari della scienza che si dichiarano seguaci della Scienza dello Spirito. Molte persone che vorrebbero riconoscere lo Spirito, appunto per questo prendono posizione a priori contro l’idea che il pensiero umano sia legato al sistema nervoso centrale, sia un efflusso del sistema nervoso centrale. E si fanno delle grandi polemiche contro ciò che la scienza non ha dimostrato, è vero, ma che ha creduto di poter porre come ipotesi: ossia che il pensiero umano sia una funzione del cervello. E molti subito pensano che la Scienza dello Spirito corra serio pericolo, se si crede di dover riconoscere che il pensiero umano sia vincolato al cervello, e che senza un sistema nervoso centrale l’uomo non possa pensare. Su questo punto però la Scienza dello Spirito non ha nulla da obiettare alle giustificate pretese della scienza; perché è vero che il pensiero, cosí come lo esplichiamo nella vita normale, è vincolato al sistema nervoso centrale e a tutto il sistema nervoso. Ma la vera Scienza dello Spirito ci insegna a riconoscere che quella formazione, quella configurazione del cervello, del sistema nervoso centrale, che ordinariamente deve essere connessa col pensiero, è a sua volta un prodotto dello Spirito; che lo Spirito deve prima edificare il nostro corpo, affinché questo corpo possa poi diventare strumento del pensiero. La Scienza dello Spirito non ritiene che il pensiero, come ci si presenta nella vita quotidiana, sia eterno e immortale, ma ci insegna a riconoscere che a edificare lo strumento del nostro pensiero è la vera vita animico-spirituale che vive dietro lo strumento del nostro pensiero, che vive in genere dietro la nostra corporeità. E i metodi scientifico-spirituali di cui abbiamo parlato, ci conducono a quelle forze attive e creatrici che stanno dietro ad ogni elemento materiale.
Cosí il metodo scientifico-spirituale, dovendo immergersi in quell’elemento che esso separa dal corpo, procede verso una forma di esperienza e uno stato d’animo del tutto diversi dall’esperienza e dallo stato d’animo della vita ordinaria e della scienza ordinaria. Desiderando esprimere solo fatti concreti, dirò subito fin dall’inizio quanto segue. Ciò che normalmente si estrinseca nel nostro pensare e rappresentare, e che normalmente è vincolato al cervello, grazie alla concentrazione a cui prima abbiamo accennato, si separa realmente dalla corporeità. E l’investigatore dello Spirito giunge a sperimentarsi in sé, a sentirsi interiormente rafforzato, a sentirsi proprio, a sperimentarsi fuori del suo sistema nervoso centrale con cui di solito è congiunto in ogni suo pensare, sentire, volere; e sperimenta che la propria corporeità si contrappone a questa esperienza animico-spirituale, come un oggetto qualsiasi a cui ci si contrapponga.
Con altre parole: come nella vita normale ci si sperimenta dentro il proprio corpo, cosí, se si applicano su di sé i metodi della Scienza dello Spirito, ci si sperimenta fuori del proprio corpo. In particolare se si applicano al pensiero questi metodi di concentrazione, ci si sperimenta fuori del proprio cervello. Solo allora si comprende che il nostro cervello è uno strumento. Perché non vi racconto una fiaba o un’immagine fantastica, ma qualcosa che per l’investigatore dello Spirito è sperimentabile, quando dico: sperimentando se stesso egli si sente come se circondasse da fuori il suo cervello, come se stesse alla periferia del suo cervello. Egli sa che cosa significhi pensare non come si pensa normalmente, ma stando in un elemento puramente animico-spirituale; che cosa significhi sentire il cervello fuori di questo elemento, sentirlo perfino come qualcosa che oppone resistenza, contro cui ci si urta quasi fosse un oggetto esterno. Ho già descritto altre volte l’intensificarsi di una tale esperienza, fino a diventare una piú ampia conoscenza; in particolare l’ho descritto nel mio breve scritto: Una Via per l’Uomo alla conoscenza di se stesso [O.O. N° 16].
Se l’investigatore dello Spirito continua i suoi esercizi e ha veramente l’abnegazione di concentrare tutta la vita della sua anima non solo su di una immagine, ma su centinaia e centinaia di immagini, cosicché le sue stesse forze si accrescano sempre piú, allora subentra quello che nello scritto sopra citato ho designato come un evento sconvolgente. Questo evento si presenta per uno in una forma, per un altro in un’altra forma, ma ha sempre qualcosa di tipico. La forma in cui lo descrivo qui potrà valere per tutti. Se avrà fatto sufficientemente a lungo gli appositi esercizi (e se saranno fatti nel modo giusto questi esercizi non disturberanno mai la vita esteriore), l’uomo potrà giungere a dirsi, magari nel bel mezzo della vita quotidiana: che cos’è che vuol manifestartisi nelle tue rappresentazioni ordinarie? È qualcosa che vuol penetrare in te, ma che vuol penetrare in te come ciò che normalmente affiora solo dalla tua stessa anima. Può però anche voler penetrare in te come un sogno quando ti desti dal sonno: ma è qualcosa di infinitamente piú grande che un sogno, quello che ora penetra in noi e di cui ci domandiamo: che cosa mai accade? Accade qualcosa che assomiglia ad un fulmine da cui ci si senta attraversati. E si può dire: è come se il corpo ti cadesse via e andasse distrutto. Tuttavia tu sai che puoi stare dentro di te, senza stare dentro il tuo corpo.
Ora questa esperienza è sempre esistita, sebbene nel mondo esteriore non sia stata resa nota; e fatta che si sia una volta questa esperienza, allora si sa che cosa intendano gli investigatori dello Spirito quando dicono: chi sperimenta l’eterno nell’uomo, chi sperimenta l’animico-spirituale, deve accostarsi alla porta della morte. Si sperimenta in sé in immagine la morte. Si sperimenta in immagine (nell’immaginazione reale e non figurata) che cosa significhi il fatto: l’animico-spirituale si separa dal corpo e sussiste in sé, come si separa dal corpo quando l’uomo varca la porta della morte. Di tutto questo dovremo riparlare; oggi mi limiterò a esporre introduttivamente quale sia la natura della vita spirituale e della Scienza dello Spirito che vi si riconnette.
Si presenta dunque all’uomo una somma di esperienze interiori le quali conducono a sapere che cosa significhi fare una chimica spirituale, che cosa significhi separare dal corporeo l’animico-spirituale, per investigarne i destini e per conoscere che una separazione dello spirituale dal corporeo esiste realmente e che esiste realmente una vita dello spirituale indipendente dal corpo. Sapersi al di fuori del proprio corpo, ecco dunque il frutto dell’attenzione intensificata, della accresciuta concentrazione. Già negli stadi relativamente elementari di questa disciplina si può prender nota di questo star fuori dal corpo; e specialmente in relazione al sistema nervoso centrale. Quando nel pensare e nel rappresentare ci si sente come attratti dal mondo spirituale e come fuori del proprio cervello, ossia del proprio corpo, allora si ha sempre di nuovo la necessità (perché a tutta prima si sta nella vita ordinaria come un uomo terreno) di ritornare sempre alla forma normale del nostro rappresentare e a pensare come si pensa appunto nella vita normale. Ma si sperimenta l’attimo in cui si deve dire: ora tu sei stato fuori del tuo corpo; tu devi di nuovo tornare nel tuo corpo e devi configurare ciò che hai sperimentato lí, in modo che il tuo cervello se ne possa far prendere, in modo che i pensieri che tu hai avuto al di fuori del corpo diventino pensieri del cervello!
Si sperimenta questo reinserirsi nel cervello; e ciò è connesso con qualcosa che deve essere stato ben preparato, e che può esserlo se si sono fatti gli esercizi descritti nel volume: L’Iniziazione. Allora, sommergendosi col pensare entro il cervello, si sa che il cervello oppone una resistenza, e che in effetti il processo pensante ordinario è distruttivo per il sistema nervoso centrale, è un processo puramente distruttivo, che però viene compensato di nuovo dal sonno. Ogni pensare è in sostanza un processo distruttivo, e il sonno ripara sempre di nuovo questo processo distruttivo. Ma se si fanno progressi nella disciplina spirituale, allora si sperimenta di immergersi in un processo di dissolvimento; e se durante lo stadio preparatorio non sono stati suscitati i giusti sentimenti, ciò si esprime nella paura che si ha di risommergersi nell’organismo. L’uomo ora sta proprio fuori del corpo terreno. Ci si sente come sommergere in un abisso. Ed è perciò che si devono appunto fare quegli esercizi che conferiscono calma e spassionatezza all’anima in contrapposto all’ansietà e alla paura che altrimenti possono presentarsi. Si tratta dunque di un certo modo di atteggiare l’anima, di un certo stato d’animo che si esprime in quelli che sono la forza di conoscenza e il metodo d’indagine dei mondi spirituali.
E anche qualcos’altro deve subentrare, se si vuole che una vera manifestazione dei mondi spirituali penetri nell’anima umana. C’è un’altra forza che deve venir intensificata al massimo grado: la dedizione, l’amore per ciò che ci viene incontro. Di questa dedizione abbiamo bisogno fino ad un certo punto anche nella vita ordinaria. Ma nel cammino verso i mondi spirituali essa deve essere intensificata al punto che l’uomo impari, fin entro il suo piú profondo organismo, a reprimere, a rinunziare ad ogni attività. L’esercizio sempre piú intenso porta a poco a poco a sopprimere i movimenti provenienti dall’egoità dell’uomo, e per cosí dire ad abbandonarsi totalmente al corso dell’esistenza che ci fluisce davanti. E non soltanto questo; ma anche fino ad un certo grado a sentire come qualcosa di esterno a noi quelli che sono i movimenti involontari. Con questi esercizi 1’uomo impara a sentirsi fin nel suo sistema vascolare.
Allora del mondo spirituale l’uomo può dire: tu lo sperimenti al di fuori del tuo corpo; tu lo sperimenterai come un mondo variamente articolato, in cui si presentano delle entità, come nel mondo della natura si presentano gli esseri della natura. Grazie alla concentrazione, cioè ad una accresciuta attenzione, e grazie alla meditazione, cioè ad una accresciuta dedizione, l’uomo trova la via verso il mondo spirituale, cosí come trova la via verso la natura quando la considera con gli occhi esteriori e con l’intelletto. Perché quando l’uomo ha cosí separato, con un processo di chimica spirituale, il suo animico-spirituale dal corporeo, allora veramente egli si afferra anche nella propria illimitatezza; allora egli si afferra nell’esistenza che sta al di là di nascita e morte, o, se si vuole, di concezione e morte. Allora egli si riconosce in questa sua entità eterna in modo da comprendere quell’idea dell’evoluzione (di cui spesso ancora dovremo parlare) che nel campo della vita dello Spirito umano corrisponde all’idea dell’evoluzione a cui, nel suo campo, la scienza naturale moderna deve tanto: allora l’uomo comprende l’idea delle ripetute vite terrene, fra le quali stanno le vite trascorse in mondi puramente spirituali. L’idea della reincarnazione distingue infatti una vita fra nascita e morte entro il corpo, e una vita fra la morte e una nuova nascita in un’esistenza puramente spirituale.
È bene ripetere ancora che tutte queste cose, come è comprensibile, vengono facilmente considerate come sogni e fantasticherie da coloro che credono di essere ben radicati nelle abitudini di pensiero della scienza. E al tempo nostro le ricerche fatte sul sogno, sull’ipnosi, sulla suggestione, sull’autosuggestione ecc., spesso mostrano che dalle profondità della vita subcosciente dell’anima può emergere ogni sorta di cose atte a provocare nell’uomo la seguente idea illusoria: tu sperimenti qualcosa che ha un significato al di fuori della tua vita corporea. Tutte queste sono obiezioni teoriche; e chi penetra piú a fondo nella Scienza dello Spirito, non le farà piú. Perché nel corso delle nostre conferenze dovremo sollevare molte obiezioni e dovremo mostrare quale sia la posizione assunta dalla Scienza dello Spirito nei loro riguardi. Qui però ne parleremo solo sinteticamente.
È facile dire: quando l’investigatore dello Spirito ha sperimentato l’animico-spirituale nella sua autonomia, e crede poi di poter guardare indietro come in una memoria ampliata a precedenti vite terrene o all’ultima vita terrena, tutto questo altro non può essere che una metamorfosi dei suoi desideri, che una vita metamorfosata dei suoi desideri che s’insinua nel subconscio e affiora nella coscienza diurna, formando illusioni, allucinazioni, e cosí via. Ora è ben comprensibile che in tal caso un pensiero incolto parli di autosuggestione, di illusioni, di allucinazioni, ecc. non sa però di che cosa si tratta. Chi ha separato la sua vita animico-spirituale dalla vita corporea grazie ad una chimica spirituale, noterà che, quando ha realmente sperimentato un tale sguardo sulla vita precedente, non si tratta affatto di un desiderio metamorfosato o di qualcosa che possa affiorare dal subcosciente. Possiamo infatti esprimerci in proposito cosí: ciò che si sperimenta nello Spirito è normalmente assai differente da ciò che possiamo sognare. Purtroppo nel campo che viene designato come quello della Scienza dello Spirito, si fanno spesso delle grandi confusioni. In nessun altro campo quanto in quello della Scienza dello Spirito è tanto diffusa la ciarlataneria; e spesso si sente dire da qualcuno che ha dato solo un’occhiata alla Scienza dello Spirito, che ne ha accolto solo qualche insegnamento e si è magari convinto che questi insegnamenti sono veri: il tale e il tal altro hanno sperimentato questa o quella cosa in una vita terrena precedente e sono stati in una vita precedente questo o quello. Purtroppo molta confusione si fa in questo campo.
Normalmente le affermazioni che vengono fatte in proposito sembrano proprio corrispondere a certi desideri umani; perché i personaggi, che coloro che fanno dichiarazioni sulle loro vite passate vorrebbero essere stati, hanno talvolta un aspetto ben singolare. Per lo piú si tratta di personalità celeberrime, eccezionali, di cui si può aver notizia non tanto dall’indagine spirituale, ma dalla storia! [si veda ad es. I segreti della soglia O.O. N° 147 del 27 agosto 1913, dove dice: «Per tanti è molto ambíto essere stati in una precedente incarnazione Giulio Cesare o Maria Antonietta. Io potrei ad esempio citare venticinque o ventisei Marie Maddalene reincarnate in cui mi sono imbattuto nella vita!»].
Ma a chi penetri realmente nei mondi spirituali, le cose si presentano in tutt’altro modo. Facciamo un esempio: dopo aver applicato i metodi scientifico-spirituali alla propria anima, qualcuno getta uno sguardo in una vita terrena passata, come è possibile e perfino comprensibile, se i metodi scientifico-spirituali hanno esercitato fino ad un certo grado un’azione sull’anima. Si presenta allora l’immagine di esperienze passate fatte in una vita terrena passata. Ma in tal caso si noterà che di queste esperienze, nel momento in cui si contemplano nell’orizzonte ampliato della memoria, non si sa bene che cosa fare; nella vita ordinaria non si potrà di tali esperienze far nulla se non arricchire la propria conoscenza. Si potrà osservare che in una vita passata si sono avute certe abilità, certe cognizioni ecc. Ora questo ci viene incontro in immagine. Ma nella vita attuale siamo troppo vecchi, per far di nuovo nostre queste abilità e cognizioni. E normalmente non ne deriverà nessun atteggiamento sognante, nessuna fantasticheria. La vera vita è di solito ben differente dall’immagine fantastica che forse ci si fa di una vita terrena passata. Si potrà anche riconoscere che nella vita precedente si è stati in rapporto con questa o quella persona. Se però, nel momento in cui noi scopriamo una tal cosa, volessimo già trarne delle conseguenze per la vita attuale, questo non potremmo farlo perché le condizioni attuali non ce lo consentono; e possiamo solo risalire a quella che potremmo chiamare la legge spirituale delle cause. Riconosciamo dunque qualcosa, ma non possiamo applicare alla vita attuale una tal conoscenza. Dobbiamo perciò suscitare in noi una totale abnegazione, e dire: i rapporti che in passato hai stabilito con determinate persone, si svilupperanno in futuro; devi però attendere fino a che i nessi spirituali trasformino le cause, manifestatesi in una vita precedente, negli effetti attuali. Se la conoscenza ha da essere una conoscenza reale, non è proprio possibile che i nostri sogni diventino realtà!
Ogni riflessione concettuale non può piú servirci ora a farci un’idea di come abbiamo vissuto nell’esistenza che trascorre fra la morte ed una nuova nascita. La forma dei nostri compiti attuali, dei nostri attuali interessi, l’aspetto dell’ambiente esteriore materiale in cui viviamo, dei nostri desideri, delle nostre brame, dei nostri affetti, il carattere del nostro mondo di rappresentazioni, tutto ciò è per lo piú assolutamente opposto a quanto abbiamo sperimentato nel mondo spirituale prima di scendere nella nostra attuale incarnazione. Quello a cui si aspira lí, quello che si desidera lí, non corrisponde affatto ai desideri della vita terrena. Facciamo un esempio un po’ grossolano: qui in terra può facilmente capitarci di venir colpiti dolorosamente da un colpo del destino (nel mio scritto: La soglia del mondo spirituale, ho messo in rilievo che le obiezioni che in proposito possono esser fatte da parte materialistica non sono per nulla decisive).
Dunque qualcosa di doloroso ci colpisce, qualcosa che non corrisponde affatto, neppure nel subcosciente, ad un nostro desiderio. Ora facilmente noi potremmo pensare che nel mondo spirituale in cui abbiamo dimorato prima di nascere, tutti i nostri desideri, tutta la nostra situazione fosse simile alla nostra situazione attuale qui in terra. Cosí però non è.
Nel mondo spirituale il nostro modo di sentire l’incarnazione è assolutamente un altro. Dobbiamo perciò pensare di essere stati noi stessi a provocare volontariamente tutta la costellazione che ora ci consente di sperimentare dolore. Tutto ciò certo noi oggi non lo desideriamo, non lo desideriamo proprio affatto; tuttavia apprendiamo di averlo noi stessi desiderato e agognato, perché, grazie all’esperienza e al superamento di un tale dolore, abbiamo potuto perfezionare la nostra vita animica. Per cui, come vedremo, il problema del nostro destino diventa per la conoscenza scientifico-spirituale il problema del nostro perfezionamento.
Se ci presentiamo in tal modo all’anima la vita dello Spirito, essa effettivamente si manifesta alla nostra interiorità rinvigorita come un ambiente spirituale, cosí come ai sensi e all’intelletto si manifesta l’ambiente naturale. E l’investigatore dello Spirito deve superare molti ostacoli, per riuscire a sollevare al livello di una scienza tutto quello che è in grado di osservare. Perché da tutto quanto già è stato descritto, avrete certo compreso che le esperienze che l’investigatore dello Spirito deve fare, le esperienze che gli dànno notizia del mondo spirituale, egli deve prima conquistarsele. E dapprima esse compaiono tanto debolmente che le piú deboli, le piú sbiadite immagini mnemoniche della vita quotidiana spesso potrebbero essere chiamate forti, in confronto a queste manifestazioni del mondo spirituale; per cui questi ricordi quasi sbiaditi (che però sono ricordi del mondo spirituale) devono venir rafforzati e rinvigoriti. Un tale rafforzamento ha luogo solo gradualmente, grazie al costante immergersi, al costante allenarsi alle condizioni spirituali. Un tale rinvigorimento e rafforzamento della vita dell’anima è la condizione essenziale per l’indagine spirituale. Ma anche qualcos’altro deve esservi aggiunto.
Rudolf Steiner (1a parte)
Conferenza tenuta a Berlino da Rudolf Steiner il 30 ottobre 1913 – O.O. N° 63 – Tratta dalla Rivista Antroposofia N° 6 del 1961.
Da uno stenogramma non riveduto dall’Autore.