Il mondo Spirituale e la Scienza dello Spirito

Antroposofia

Il mondo Spirituale e la Scienza dello Spirito

sogni

 

Nel corso di questa conferenza vedremo quanto ingiu­stificato sia (sebbene, come è naturale, possa facilmente accadere) che il pensatore materialista dica: quanto viene in tal modo ottenuto mediante la concentrazione, median­te la dedizione della vita dell’anima, mediante la medita­zione, non si distingue proprio affatto dalle illusioni e al­lucinazioni di un’anima malata. Se si osservano le cose dal lato esterno, si può dire che l’esperienza dell’investi­gatore dello Spirito non si distingue da tutto questo. Si può dire perfino: quando l’investigatore dello Spirito descrive queste cose, è proprio come quando un sognatore descrive i suoi sogni. Nei sogni descritti dal sognatore si esprime qualcosa che possiamo sperimentare anche nel mondo esterno: si esprimono reminiscenze del mondo esterno. Perciò, in un certo senso, è possibile dire: quanto l’investi­gatore dello Spirito separa dalla propria corporeità come parte animico-spirituale e si presenta all’anima come un mondo di immagini, questo tuttavia, quando lo descrive, è tale che le qualità delle immagini vengono ricavate dalle qualità degli esseri del mondo esterno.

 

Chi consideri ciò che si trova scritto nella mia Scienza occulta [O.O. N° 13] può, se vuole, dire: le cose che tu descrivi, che sono da conseguirsi soltanto mediante la Scienza dello Spirito nei mondi sovra­sensibili, sono cose che si sperimentano anche nel mondo esterno, sebbene combinate in modo diverso. Questo lo si può in un certo senso riconoscere; tuttavia le obiezioni sollevate oggi da molte parti contro quello che la Scienza dello Spirito dice, sono qualcosa di ingenuo. Se per esempio qualcuno dice che ciò che è contenuto nella Scienza occulta è come spremuto fuori e fantasticamente combinato da una specie di esperienza interiore, e che una tale descrizione effettivamente è fantastica e non è affatto reale, allora ben presto si noterà di quale spirito sia figlia una tale logica. Perché se ci si addentra di piú nella cosa, si potrà notare che questa logica è simile a quella di un bambino che abbia visto finora solo un leone di legno, e che, vedendo una volta un leone vero, dica: questo non è un leone vero, perché il leone vero è fatto di legno.

 

Cosí fanno spesso gli avversari della Scienza dello Spirito. Non conoscendo bene le cose, essi obiet­tano allo scienziato dello Spirito che le cose da lui descritte non sono come quelle che si conoscono nella vita ordinaria. Si può bensí obiettare che le descrizioni dell’investigatore dello Spirito siano reminiscenze tratte dalla vita ordinaria: questa obiezione però vale altrettanto quanto quella di un bambino o quella di un adulto che, non sapendo leggere, dica: quelle che io vedo davanti a me sono forme di ogni genere: vedo un tratto che va dal basso a sinistra verso l’alto a destra, e poi un altro tratto che va dall’alto a sinistra verso il basso a destra, e poi un tratto trasversale! E chi sa leggere, sente tutto questo come una A.

 

Quello che conta non è ciò che si raggiunge direttamente e che si contempla, non è ciò che si osserva nel mondo spirituale e si trasporta nel mondo dei sensi; ma è che si impari a leggere a contatto di ciò che si contempla. Perché quello che viene contemplato deve esser letto nel modo giusto. Ma questo leggere lo si impara al tempo stesso esercitandosi a immergersi nel mondo spirituale. E se qualcuno nelle descri­zioni della Scienza dello Spirito vede solo reminiscenze del mondo ordinario, e dice che quando si parla di vite terrene precedenti questi sono solo concetti che si ritrovano anche nella vita normale, sebbene raggruppati diversamente, allora quel tale assomiglia ad un uomo che, guardando un foglio scritto, dica: credi tu di impararne qualcosa di nuovo? Io conosco già tutto quanto vi è contenuto; perché questo foglio non contiene che i caratteri che io già conosco, e null’altro di nuovo. Proprio qualcosa di simile sarebbe il dire: ciò che l’investigatore dello Spirito descrive, sono solo reminiscenze del mondo dei sensi! Quello che conta però in queste descrizioni è quanto di essenziale si manifesta dietro di esse.

 

Cosí la Scienza dello Spirito è ciò che all’investigatore spirituale si presenta come risultato delle sue esperienze. E questo è il difficile della Scienza dello Spirito, questo è il lato ancor oggi tanto incompreso, il lato che apparentemente tanto poco oggi si accorda con le mete che ci si propongono nella vita; ossia che l’investigatore dello Spirito debba essere sempre presente in quella che per lui deve essere l’espe­rienza, l’osservazione; che egli debba essere sempre dentro in tutto ciò; che vi partecipi sempre non con il suo corpo ma con la sua anima, quando parla delle condizioni del mondo spirituale, quando intende essere veramente un rappresentante della Scienza dello Spirito. Mentre abitualmente l’uomo, quando vuole imparare qualcosa del mondo oggettivo, deve distaccarsene, l’investigatore dello Spirito, invece, deve sommergersi nell’oggetto di cui la sua scienza ha da riferire: deve diventare uno con esso.

 

Oggi però questo lo si considera solo come un’esperienza soggettiva; e non si tiene conto del fatto che i metodi dell’indagine spirituale di cui abbiamo parlato, rendono la vita animico-spirituale indipen­dente da ogni soggettivo sperimentare. Infatti, qualsiasi esperienza si abbia, e anche se spesso questa esperienza viene chiamata mistica, sussiste però il fatto che ciò che sperimentiamo soggettivamente lo sperimentiamo nel corpo; mentre ciò che l’investigatore dello Spirito sperimenta, lo sperimenta, sí, fuori del corpo, ma può essere riconosciuto dall’intelletto che funziona entro il corpo, dalla ragione ordinaria. Perché non è giustificato obiettare che chi vuol avere nozione dei mondi spirituali deve lui stesso essere un investigatore dello Spirito. Per imparare a conoscere, per scoprire e investigare i fatti e le entità spi­rituali, occorre essere investigatori dello Spirito; ma non per accogliere e comprendere le comunicazioni scientifico-spirituali. Per questo, basta saperle accogliere con un sano intelletto umano e con un senso sano, come si accoglie quello che, con i loro metodi, scoprono i chimici o i fisici.

 

Woodrow Wilson

Woodrow Wilson

 

Se si considera in tal modo l’indagine spirituale, allora essa ci apparirà come una scienza nella quale la scienza naturale in certo modo deve sfociare, al cui livello la scienza naturale deve sollevarsi. Come la scienza naturale ha additato all’umanità delle mete materiali, come essa ha trasformato radicalmente, e non solo limitatamente a taluni campi, la vita materiale, cosí la Scienza dello Spirito feconderà e trasfor­merà quella che deve essere l’esperienza animico-spirituale dell’umanità, conforme alle attuali e future mete dell’evoluzione umana. Di queste mete dell’evoluzione, cosí come esse si manifestano già sebbene non chiaramente riconoscibili (perché chiaramente riconoscibili si paleseranno soltanto alla Scienza dello Spirito), di queste mete possiamo dire ciò che ne ha detto un uomo del nostro tempo, che ha avuto una parte importante nella storia: ossia ciò che Wilson, il presidente degli Stati Uniti d’America, ha detto a proposito di qualcosa di piú esteriore, che vale però in senso del tutto generico anche per le mete della Scienza dello Spirito. In un libro sulle riforme sociali da lui pubblicato (e scelgo appunto questo esempio per non fare male a nessuno, per non urtare nes­suno; perché la Scienza dello Spirito non deve certo contribuire alla lotta, ma alla pace fra gli uomini), Wilson dice [in Woodrow Wilson, Die neue Freiheit (La nuova libertà) Monaco 1913] che la vita materiale esteriore si è completamente trasformata, che alle antiche condizioni patriarcali fra datori di lavoro e lavoratori sono subentrate condizioni del tutto nuove. Le corporazioni dei lavoratori si contrappongono ai datori di lavoro in modo tale, che quelle che erano le precedenti relazioni fra i diversi fattori della vita si sono totalmente trasformate. Che ciò abbia avuto luogo è una conseguenza della vita moderna; soprattutto per colui che vede le cose nel modo giusto, ciò è una conseguenza della conoscenza della natura conseguita dall’umanità attuale. Ma ora Wilson dice che quella forma di regolata convivenza che noi abbiamo, cor­risponde ancora sotto vari aspetti a ciò che esisteva precedentemente, a ciò che era ritenuto giusto al tempo in cui il singolo lavoratore stava di fronte al suo datore di lavoro in un rapporto patriarcale. E Wilson ora pretende che si stabilisca un’armonia tra la regolata convivenza degli uomini d’oggi e ciò che è stato creato dalla civiltà attuale. Questo è il culmine della letteratura straordinariamente interessante del pre­sidente americano. Quanto egli dice a proposito delle condizioni esteriori, potrebbe oggi essere detto a proposito delle piú intime mete del tempo attuale, a proposito di tutta l’esperienza dell’anima umana. Se vogliamo meditare in certo modo sulle mete spirituali dell’epoca nostra, possiamo risalire a pensatori vissuti in altri tempi dell’evoluzione umana: ad Archimede, fondatore della meccanica, e a Platone, il grande filosofo greco. Essi erano dell’opinione, e l’hanno espressa, che l’applicazione della scienza alla tecnica danneggi lo Spirito umano, lo indebolisca.

 

Treno tedesco

 

Ora possiamo comprendere che spiriti eminenti in altri tempi abbiano avuto questa idea; tuttavia il corso della storia non si orienta certo su idee del genere, come non si orienta su quanto la gente credeva al tempo in cui in Germania si doveva costruire la prima ferrovia. Un collegio di persone assai erudite, il collegio medico ba­varese, ebbe in quel tempo il compito di pronunciare un giudizio periziale sull’opportunità o meno di costruire una ferrovia [la perizia è citata in Die deutsche Eisen­bahn (La ferrovia tedesca) di R. Hagen, 1885]. E il giudizio di questo collegio fu che la ferrovia non si doveva costruire, perché se la si fosse costruita, gli uomini che vi avrebbero viaggiato avrebbero avuto il sistema nervoso danneggiato; se però si doveva giungere al punto di far viaggiare la gente in ferrovia, allora si dovevano per lo meno erigere, a destra e a sinistra, degli alti tavolati affinché gli uomini dimoranti nelle vicinanze non fossero danneggiati nel vedere e nell’udire il passaggio del treno.

 

Oggi forse molti sorridono dell’opinione di quel collegio di medici periti; ma anche se ci si sorride sopra, si può trovare la cosa giustificata. Si può infatti prendere posizione pro o contro, e dire: sebbene il collegio medico bavarese abbia ingrandito fantasticamente la cosa, tuttavia per chi conosca la storia non solo esteriormente ma anche interiormente, si è pur avverato quello che il collegio supponeva, e si può dire: quel collegio vedeva giusto. Ciò nonostante non è stato necessario prendere una posizione contraria. E perché? Perché è la storia stessa a prendere dal canto suo posizione! E comunque i singoli uomini possano pensare, il corso dell’evoluzione del mondo procede oltre, e l’uomo deve conformarsi al corso dell’evoluzione. E questo è anche quello che Wilson pretende: ossia che il corso dell’evoluzione ha intro­dotto certi fenomeni nella civiltà, e ad essi l’uomo deve conformarsi.

 

Immortalità dell'anima

 

Se questo lo si estende allo stato di coscienza dell’anima, allora si può dire: da tutto quanto è scaturito per le anime dal corso della storia, sono risultate mete infinitamente piú complicate di quelle del passato. Questa trasformazione noi possiamo facilmente rappresentarcela relativamente al mondo esterno; ma la vita si è mutata anche nell’ambito delle esigenze immediate e quotidiane dell’anima. Chi credesse che con le stesse forze animiche che in passato conducevano legittimamente l’uomo ai mondi spirituali si potrebbe ancor oggi raggiungere il medesimo fine, non terrebbe certo conto del corso del divenire uni­versale. Non terrebbe conto che non solo dietro di noi stanno quattro secoli di scienza naturale, ma, cosa assai piú importante, quattro secoli di educazione scientifica; e che oggi è diventato necessario introdurre nei cuori e nelle anime umane i risultati della Scienza dello Spirito. E se anche non in tutti i particolari ciò si adegua al corso della storia, tuttavia possiamo dire: se oggi qualcuno obietta qualcosa contro la Scienza dello Spirito, sia dal punto di vista della confessione religiosa, che ritiene minacciata, sia da qualche altro punto di vista, allora si potrebbe dire che egli somigli piuttosto da vicino a quel collegio di medici bavaresi che voleva erigere dei tavolati lateralmente alle strade ferrate, affinché gli uomini del vicinato non fossero danneggiati. Ma il corso della storia non ha tenuto conto del giudizio di quel collegio. All’uomo infatti non è concesso di lasciarsi superare dalle mete dell’evoluzione; anzi, gli è data la forza di collaborare alla for­mazione e alla edificazione di nuove condizioni. Ma le esigenze che nella vita esteriore e dalla vita este­riore si accostano all’anima umana e le mete che si presentano all’uomo da fuori, esigono dall’anima mete interiori. E le mete interiori dell’anima sono le mete della Scienza dello Spirito, sono le mete a cui l’ani­ma anela quando si rende conto che la scienza naturale ha trasformato l’immagine esteriore del mondo, il corpo della civiltà. La civiltà però ha bisogno di un’anima. E quest’anima deve essere la creazione stessa della Scienza dello Spirito. Compenetrare d’anima e di Spirito il corpo della civiltà: questa è la meta della Scienza dello Spirito. E se questa meta della Scienza dello Spirito viene in modo siffatto con­cepita, allora sarà facile riconoscere che l’investi­gatore dello Spirito può considerare con piena cal­ma tutti i contrasti, le opposizioni, le incompren­sioni che ancor oggi si contrappongono alla Scien­za dello Spirito. Le condizioni di vita maturate nel corso della storia esigono una siffatta cono­scenza del mondo spirituale, una conoscenza in cui l’anima si senta tanto forte, da ricavare le energie per la sua esistenza non solo dal mondo dei sensi, ma da quanto può venirle offerto dalla conoscenza del mondo spirituale. Sempre piú si riconoscerà che per la vita moderna l’anima abbisogna di forze che non le affluiscono soltanto dalla conoscenza della vita sensibile, ma dalla conoscenza della vita spi­rituale che per l’anima è pur sempre la vera patria. Di queste vigorose forze l’anima si compenetrerà come di un elisir di vita; e sentirà che il significato del suo stesso essere trascende nascita e morte; e sperimenterà in sé quella natura che possiamo designare col nome di immortalità. Pervasa cosí, come da un vivo sangue, dall’elisir di vita, l’anima paleserà di essere all’altezza dei compiti che l’epoca attuale e il futuro della storia le affidano.

 

Parlerò solo di sfuggita del presente e dell’avvenire dell’anima umana. Ogni altro particolare sarà dato in altre conferenze. Nella conferenza di oggi ho voluto solo suscitare il sentimento di ciò che l’in­vestigatore dello Spirito porta in sé, di ciò che fluisce in lui dalla comprensione del significato della vita attuale e delle sue esigenze. Parlare dal punto di vista della Scienza dello Spirito, come cerco di fare in queste conferenze, si può soltanto facendo due premesse. Quello che l’investigatore dello Spirito ha da comunicare come risultato di una vera indagine spirituale, si scosta a tutta prima talmente da tutto ciò che oggi per lo piú è creduto e considerato giusto (sebbene sia la diretta conseguenza dello sviluppo storico degli ultimi secoli), che chi sostiene la Scienza dello Spirito viene considerato nei confronti della vita spirituale un ciarlatano, un oratore insensato, un uomo frivolo, oppure si crede in lui con cieco fanatismo.

 

Scienza dello Spirito

 

Di questi due estremi possono esservi diverse sfumature; ma gradi intermedi quasi non ce ne sono. Cosí l’investigatore dello Spirito deve senz’altro parlare con la consapevolezza di poter essere conside­rato o in un modo o nell’altro. Ma, come abbiamo veduto, l’indagine spirituale stessa è qualcosa con cui l’uomo è talmente congiunto che, se è realmente un investigatore dello Spirito, vi impegna tutta l’anima sua. E impegnandovi cosí come fa la sua anima, egli è anche capace di sopportare l’uno o l’altro genere di giudizi che si fanno su di lui. Chi sta immerso in questa Scienza dello Spirito è in grado di avere la coscienza e la forza atte a parlare dell’indagine spirituale; in quanto da un lato, per la sua convivenza con le verità spirituali, è in grado di giudicarne la forza di conoscenza e di verità; per cui, da questa coscienza della forza di verità e di conoscenza, è anche in grado di far fronte ai malintesi o alle false accuse solle­vate coscientemente contro la Scienza dello Spirito. D’altro lato però la Scienza dello Spirito porta anche alla vita spirituale diretta e alla vita spirituale dell’epoca; e insegna al­l’investigatore dello Spirito (nel caso che le sue simpatie e le sue incli­nazioni tendano verso mete diverse) che all’epoca nostra rappresentare la Scienza dello Spirito è una necessità. E sebbene questa necessità di una conoscenza spirituale spesso non venga espressa chiaramente dagli uomi­ni d’oggi, tuttavia è presente come un’oscura esigenza. Nelle profondità dell’anima si nota oggi l’invocazione alla conoscenza spirituale, sebbene spesso questa invocazione non sia percepibile al pensiero cosciente dei nostri contemporanei: il nostro tempo ha bisogno della conoscenza del­lo Spirito. E ogni altra scienza che sia adeguata al nostro tempo smor­zerebbe lo Spirito, estinguerebbe dalle anime lo Spirito e l’azione spiri­tuale che proviene anche da altre correnti, se la Scienza dello Spirito non lo accendesse. L’indagine spirituale sa che l’anima umana ha biso­gno dello Spirito; e perciò spera che delle mete dell’evoluzione umana faccia parte il coltivare lo Spirito.

 

Abbiamo veduto che l’anima umana deve trasformarsi, se vuole giun­gere allo Spirito. Da ciò naturalmente risulta che è piú comodo lasciare lo Spirito dov’è, senza pre­occuparsene, piuttosto che intraprendere con l’anima la via che conduce allo Spirito. È piú comodo pren­dere nota, servendosi di ciò che risulta ad un sano intelletto umano e ad un sano senso della verità, esclusivamente dei rapporti materiali della natura, che non sviluppare un’intelligenza piú acuta e adope­rarla per scorgere ciò che la Scienza dello Spirito insegna. È piú comodo vivere senza lo Spirito. Ma lo Spirito ha una caratteristica: la caratteristica che, se si vuol vivere senza di lui, esso arreca altrettanti danni per quanto arreca degli utili e dei frutti se si vuole vivere con lui. Volendo vivere con lui, esso ravviva l’anima, le infonde calore e coraggio, la compenetra di tutte le abilità di cui noi uomini abbi­sogniamo per la vita. Se si vuole rinnegare lo Spirito, allora esso si ritrae ed estingue e distrugge la vita dell’anima nella stessa misura in cui l’anima non vuole sapere nulla di lui. A chi lo vuole rinnegare, esso toglie a poco a poco il coraggio di vivere; e porta disperazione, paura di vivere e angoscia, in cambio della fecondità di vita che esso arreca a chi lo riconosce. Si può bensí rinnegare lo Spirito, ma non si può annientarlo. Se lo si rinnega, allora esso si palesa nell’intimo dell’anima come una contro-immagine che nell’anima umana stessa aspira allo Spirito. L’investigatore dello Spirito che parla della Scienza dello Spirito come di una meta del nostro tempo, sente queste cose. Perciò, nonostante le obiezioni che si possono fare oggi alla Scienza dello Spirito, su di essa egli si fonda. Ed essa si farà strada, perché l’umanità può certamente chiudere gli occhi per non vedere lo Spirito, ma non può impedire che lo Spirito agisca. E questa azione dello Spirito si trasformerà alla fine nell’esigenza di guardarlo in faccia, questo Spirito.

 

Ecco dunque quello che cercherò ora di esprimere brevemente riassumendo i sentimenti che la con­ferenza di oggi ha inteso suscitare: lo Spirito può venir rinnegato, perché è assai piú comodo compren­dere il mondo e vivere in esso senza lo Spirito, piuttosto che con lo Spirito. Ma pur rinnegandolo, all’esigenza dello Spirito non si può resistere. Perciò quello che la Scienza dello Spirito vuole inserire nella civiltà come un elisir di vita, verrà inserito in essa per forza propria. Perché l’anima umana rinnega spesso lo Spirito; dovrà però sempre ricercarlo questo Spirito, per un’esigenza della sua stessa intima natura, delle sue stesse piú profonde mete.

 

 

Rudolf Steiner (2a parte – Fine)

 


 

Conferenza tenuta a Berlino da Rudolf Steiner

il 30 ottobre 1913 – O.O. N° 63 – Tratta dalla

Rivista Antroposofia N° 7 del 1961.

Da uno stenogramma non riveduto dall’Autore.