Liriche e arti figurative

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Liriche e arti figurative

Carmelo Nino Trovato «Canto del drago»

Carmelo Nino Trovato «Canto del drago»

 




 

Onda d’amore

 

 

Ragazza che sorrideTu non sai

del mio amore,

ma non può

non saperlo

la tua anima.

Anche se ignori

donde giunga,

l’onda t’investe.

Come grumo

di dolore

si ferma

al centro

del tuo cuore

e solo io

ne scioglierò

l’incanto.

Dal lieve fluire

d’amore

mi riconoscerai

e un antico sorriso

a lungo serrato

distenderà

il mio volto.

 

 

Alda Gallerano

 




 

Mare cristallino

 

Dopo gli anni passati

a sondare l’abisso

scoprire infine

che abisso non è

ma cielo

e quindi

che il volare

mi appartiene

ma non il cielo

e tornare a sera

a un’altra fonte

che neppure

mi appartiene

mentre io

che quella fonte

sono

guardo me

riflesso nei riflessi

e pensoso separo

le cristalline trasparenze

dell’acqua

scoprendola acqua

di uno smeraldino mare.

 

 

Stelvio

 




 

Un ritorno dall'Oltre

 

Lirica e immagine di Liliana Macera

Lirica e immagine
di Liliana Macera

 

Buona sera, non parlare.

Tanto grato è questo

silenzio al mio spirito.

Fissami negli occhi

e guardando i tuoi

vedrò spazi infiniti

e inascoltate musiche

lontane mi sfioreranno.

Sorto d’incanto

al mio fianco, hai la lievità

della spuma del mare,

il mormorio sommesso

degli alberi alla sera

illuminati da aurei riflessi

crepuscolari. Facciamo

sosta in questo viale.

Non parlare, l’alba

e il tramonto sono

nelle tue pupille, e temo

di veder morire il sole

sotto le tue palpebre.

Dammi la tua mano,

e udrò un rincorrersi

di parole non dette

in quest’ora di fiaba,

in quest’attimo

d’interminabile speranza.

Buona sera, reclina il tuo capo

sulla mia spalla

sino a sfiorarmi il viso;

i tuoi capelli mi narreranno

storie meravigliose

e forse, chissà,

rivivranno anche gli eroi

della mia fanciullezza

alla magia del tuo respiro.

Ha un sapore nuovo

il tuo silenzio, questa sera,

non so se d’antiche leggende

o d’amore. Buona notte,

svanisci tra le nubi del sogno,

ed io, stanco il capo,

scivolo giú

in cerca di un sostegno,

ma fredda è la stanza

deserta di te.

 

 

 




 

Campo di grano

 

Chi ha imbrattato di sangue

quei campi di grano?

Ahi, chi ho visto danzare

tra i papaveri mentre l’aurora

ondeggiava tra gli olivi?

Non esiste contraddizione

tra la tua paura e la sovrana

identità speculare di bene e male,

e la tua vita non ha piú peso

di questo piccolo insignificante

bocciolo chiuso di papavero.

Ahi, dunque sbuccia

la tua essenza e abbi il coraggio

di fissare il colore.

Bianco come la neve di marzo

sotto la quale dorme

l’acqua dei ghiacciai

o come l’anima delle cicogne

che migrano

sopra la foresta Nera.

Rossa come la fiamma

del focolare di chissà quale

casa di montagna, dove i tuoi avi

sbucciarono castagne

tra le nere ombre che i muri

di pietra riflessero.

Chi ha imbrattato, dunque,

quei campi di grano?

Il sangue certo delle rondini

ha potuto disegnare un cosí grande

catafalco vegetale

sibilante alle brezze.

E sotto il tuo sguardo ironico,

dietro alla tua andatura

da grigio e triste impiegato

non senti risuonare un rombo

lontano di tamburi? Non scorgi

all’orizzonte il galoppo

polveroso degli stalloni

tra le ginestre profumate,

gialle dell’oro sottile del meriggio?

Chi ha dunque sparso sangue

per quei campi di grano?

E chi è l’Artefice e l’Assassino

che ha permesso e voluto

questo trionfale scempio

della terra, questa infinita

bellezza che vive e muore?

 

 

Marco Rossi