Avvento dell'Uomo Interiore

Recensioni

 

Avvento dell'Uomo Interiore

Avvento dell'uomo interiore

 

In occasione dell’uscita del libro di Massimo Scaligero, edito da Sansoni, Firenze, nel 1959, uscí su East & West una recensione di Pio Filippani Ronconi, in inglese, che abbiamo pensato di tradurre trovando di grande interesse la sua sintesi precisa, significativa e molto articolata, non solo dell’opera presa in esame ma dell’intero pensiero scaligeriano.

 

 

Già dalla fine del XIX secolo si è notato che mentre si affermava una civiltà basata sulla tecnologia e sulla meccanica, cresceva allo stesso tempo l’ansiosa ricerca di una realtà sovrasensibile che con­ferisse nuovamente al mondo dimensioni umane. Questa tendenza è stata accompagnata da un grande interesse per l’Oriente, in quanto sede tradizionale di una civiltà ispirata dalla sua connessione con il mondo sovrasensibile, e questo interesse si è espresso in molti modi, che vanno dall’influenza del pensiero buddista e delle Upanishad, e delle forme della filosofia romantica tedesca, ai recenti tentativi di far rivivere in Europa e in America alcune forme di buddismo, yogismo, tantrismo e islamismo sufico.

 

Questa è una tendenza interessante, in quanto esprime una reale necessità sentita per la ricerca spirituale, che va oltre la filosofia puramente razionalistica e oltre la religione considerata una espressione del sentimento; è comunque di frequente una via di fuga dal positivismo della nostra epoca, ed è quasi sempre espressione di un ingenuo desiderio di riscoprire un contenuto sapienziale raggiunto attraverso la semplice adozione di forme per mezzo delle quali tale contenuto si è espresso nei tempi passati in uomini spiritualmente plasmati in uno stampo che non è piú il nostro. In altre parole, questa tendenza e questi sforzi spesso esprimono confusione tra un oggetto di pensiero (buddismo, yogismo, ecc. come tali) e uno sforzo mentale attraverso il quale questo pensiero viene realizzato, indipendentemente dalla forma che può in definitiva assumere. Questa forma che i neo-buddisti e i neo-sufisti occidentali hanno scambiato per “tradizione”, è invece ciò che la tradizione ha eliminato, è il “passato” da cui la sua essenza viva si è liberata.

 

Detto questo come considerazione preliminare, riconosciamo ora che uno degli obiettivi che Scaligero aveva in mente preparando quest’opera, era esattamente quello di indagare i tratti essenziali della tradizione, di là dalle forme in cui si sono espressi nei precedenti cicli storici, e di attribuire un significato e un valore alla nostra epoca moderna alla luce della vera Tradizione.

 

Nell’esporre alcuni dei punti trattati in questo lavoro, notiamo prima di tutto che l’Autore pone al centro della sua ricerca l’Io, un Io che – non identificato con i sensi – è visto come l’assoluta coscienza dell’essere. Tuttavia, le esperienze dei sensi che attraverso il materialismo dogmatico della nostra attuale civiltà condizionano tutte le sue espressioni, sono state necessarie per staccare l’Io umano dal mondo semidivino del potere formativo e degli archetipi, con cui era in comunione nelle piú alte espressioni delle civiltà orientali, perché divenisse cosciente di sé anche se solo nella forma limitata ed empirica dell’Io. Correlato a questa “caduta” dell’Io nel mondo frammentario delle esperienze dei sensi, il pensiero, già fluendo attraverso l’uomo in forme di intuizione e ispirazione, è divenuto un’attività logica e razionale, che conduce a quell’astrattezza esasperata che finisce col negare lo Spirito da cui, in ultima istanza, deriva. In altre parole, nel corso dell’“Età del Ferro” siamo diventati spiritualmente poveri, avendo ucciso la Natura da cui gli antichi e i non lontani orientali ricevevano le loro divine ispirazioni.

 

Dharanā

Dharanā

 

Il lato positivo di questo processo è l’oggettivazione dell’Io e del mondo dell’esperienza. Tale oggettivazione è una nuova facoltà su cui si basa la scienza moderna; in essa Scaligero riconosce il reale valore della civiltà moderna. Il pensiero astratto, che è assolutamente oggettivo, tagliato fuori dalla Natura, e quindi “morto”, è tuttavia la radice da cui scaturisce l’esperienza del pensiero puro. Il pensiero puro è la chiave di volta del sistema che M. Scaligero propone. Come può essere realizzato?

 

La pratica della concentrazione mentale (già nota agli indiani come dharanā) distaccando l’attività del pensiero da quell’incessante vagare da una cosa all’altra, causato dall’oscillare delle facoltà psichiche influenzate da tendenze innate, istinti, abitudini e i cosiddetti “complessi”, fa confluire il pensiero con la volontà e lo restituisce alla sua essenza cosciente. Cosí il pensiero puro, attraverso le percezioni che incontra, tra cui quella del proprio essere, rivive, prima sotto forma di immagini, poi di ispirazioni, infine in quella di intuizioni composte da forza di volontà, ciò che è il contenuto spirituale del mondo.

 

Vajradhātu, il cibo del Graal

Vajradhātu, il cibo del Graal

 

La scissione tra l’Io e il mondo è cosí saldata, e dopo questo l’uomo comincia a risorgere, essendo passato oltre la Natura, che fino ad allora era stata il suo sostegno. Avendo superato la natura, il suo nuovo nutrimento sarà il celestiale cibo del Graal, che fluisce dalla sfera adamantina degli archetipi, nota al Mahāyāna come vajradhātu, che nutre un essere ora di nuovo etereo e immortale.

 

Questa breve nota su questo lavoro che Scaligero ci ha dato, mostra la sua importanza. È rivolta soprattutto agli uomini moderni e “positivi” dei nostri giorni, coloro che cercano lo spirito attraverso la propria libera individualità, senza aspettarsi rivelazioni e redenzioni dal mondo di un’epoca passata, che, pur se profonda e brillante, ora non è piú, e quindi non è piú azione ma fatto statico, natura.

 

Il lavoro è anche interessante per il fatto che attribuisce un significato e una posizione nel mondo moderno allo studio del pensiero orientale. Quel pensiero da una parte presenta a noi occidentali una mescolanza composta di ciò che eravamo, e quindi ci aiuta a ricostruire un quadro completo di ciò che siamo diventati; dall’altra mostra il valore delle concezioni metafisiche e dei mezzi della ricerca spirituale (come la tecnica della meditazione) che, se riadattati alle mutate condizioni dell’uomo, possono ancora aiutarlo a ritrovare se stesso e a raggiungere una resurrezione delle sue facoltà interiori.

 

 

Pio Filippani Ronconi

 


 

Tradotto da: East and West, Dicembre 1959, Vol. 10, No. 4.