Nella nostra casa piace, o piacerebbe, a tutti avere intorno ordine, pulizia e serenità. E se non ci sono queste caratteristiche, ci sentiamo a disagio, vorremmo che l’atmosfera cambiasse. Nella nostra Casa che è l’Italia accade la stessa cosa: ci piacerebbe che ci fosse ordine, pulizia e serenità. Allo stesso modo in cui il buon padre e la buona madre di famiglia curano amorevolmente i figli e si preoccupano di farli crescere in armonia, con tutte le possibilità di apprendimento, di conoscenza e di sviluppo delle loro doti naturali, cosí ci aspettiamo che faccia il Governo, lo Stato, con gli individui che popolano la Grande Casa che è la nostra nazione.
Se si ama la casa, se ne curano i particolari; non c’è bisogno del lusso, ma si cerca di organizzarla in modo che ci sia, oltre all’indispensabile, anche qualcosa che la caratterizzi e in qualche modo esprima la specificità di chi vi abita. E la nostra nazione di specificità ne ha in abbondanza: un territorio ameno, ricco di biodiversità, dal clima temperato, con splendidi monti che la circondano in alto e che come una spina dorsale lo attraversano da Nord a Sud, il mare intorno con insenature, golfi e porti dagli splendidi panorami, le grandi e piccole isole, i vasti e profondi laghi, i fiumi come l’imponente Po, l’Arno d’argento e il biondo Tevere, le pianure fertili, i prodotti coltivati con maestria, l’artigianato, l’arte. Una patria di cui essere fieri e da amare.
Ma oggi non la possiamo amare, è stato deciso che non dobbiamo. Non si può nemmeno parlare di Patria, è sconveniente. Rimanda a un’epoca da libro Cuore di De Amicis, sconosciuto ai bambini di oggi, con la Piccola vedetta lombarda, che a noi piccoli faceva versare fiumi di lacrime. O peggio, il concetto e persino la parola Patria sembra rimandare a un Ventennio che viene mostrato ai piú giovani come un periodo di degrado e di inciviltà. E non è il caso di commentare quanto di positivo vi fu sviluppato da grandi menti di intellettuali, politici ed economisti dell’epoca, tanto da essere persino d’esempio per molti paesi esteri. Se lo facessimo, rischieremmo di incorrere in pesanti multe e in ostracismo ad ogni livello, personale e professionale.
E dunque, la nostra Patria non si deve amare. Questo è l’imperativo, inespresso ma potentemente suggerito. Meglio essere universalisti, di ampie vedute. Dobbiamo amare il mondo intero, soprattutto i territori molto lontani da noi, di cui è imprescindibile preoccuparci: ci riguarda tutti, trascurando quello che ci sta intorno. È vero che il Cristo disse “Ama il prossimo tuo” e che c’è una infinita saggezza in questo suo unico comandamento che tutti li riassume, ma anche il Vangelo è fuori dei tempi, e il “prossimo”, ovvero chi sta vicino a noi, non merita attenzione, in confronto a chi non vediamo direttamente ma che ci viene mostrato, con abili artifici, in Tv o al cinema. E che richiede il nostro contributo, che andrà a rimpinguare le organizzazioni internazionali, mentre le nostre città subiscono un continuo e inesorabile deterioramento, soprattutto nelle periferie, e tante campagne e piccoli borghi vengono abbandonati per l’inurbamento selvaggio, finendo per inselvatichirsi o diventare luoghi fantasma.
Però proprio nei film, nelle serie Tv sponsorizzate provenienti da oltre Atlantico, che invadono tutti i canali ad ogni orario, è frequente vedere scene di bambini e giovani che nel cortile della scuola, prima dell’inizio delle lezioni, alzano la bandiera a stelle e strisce e con la mano sul cuore recitano a mente il Pledge of Allegiance, il giuramento di fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d’America. Quello che per noi è sconveniente non lo è per la nazione alla quale si guarda con ammirazione, quella che ha invaso, oltre che tanti spazi del nostro territorio nazionale, anche tanto spazio nella nostra interiorità individuale.
Una invasione di cui molti non si rendono conto, o non considerano importante. Basi americane della NATO sono ovunque nella nostra penisola, da Aviano a Sigonella, e custodiscono un vero prezioso “tesoro”: bombe atomiche e missili a testata nucleare. Basi che godono di extraterritorialità, e tutto ciò che vi avviene, come manovre ed esercitazioni militari, spionaggio e controspionaggio, è assolutamente segreto per lo Stato ospitante, e ampiamente tollerato.
È stato deciso da chi ci guida e sa come imporsi, che ci dobbiamo adeguare allo stile statunitense: il modo di vivere, di cantare, di ballare, persino il linguaggio. La patria del bel canto, delle opere liriche, delle romanze, delle canzoni melodiose e orecchiabili, ha dovuto adeguarsi alle cantilene di vocette nasali, o gracchianti, o a quelle gutturali evocanti le foreste o le savane, con tanto di frastuono di strumenti a percussione accompagnati, negli spettacoli che richiamano folle esultanti, da roteanti luci stroboscopiche e psichedeliche. È ormai comune nei talent show vedere italiche fanciulle eteree, dal pallido incarnato, con un delicato viso raffaellita, intonare canti cupi e sgraziati, poco consoni alle corde non solo vocali ma anche sentimentali del nostro popolo. E la danza, che da noi aveva raggiunto un apice di artistica grazia e destrezza, trasformata in tribali salti scomposti, burattineschi o robotici. Per non parlare del linguaggio di questo “bel Paese là dove il sí suona”, che è sempre piú imbastardito da parole mutuate da un inglese onomatopeico e tecnicistico.
Naturalmente non dobbiamo essere sciovinisti – una caratteristica che appartiene piuttosto ai nostri cugini francesi – ma aperti e interessati a quanto avviene in altre nazioni, non però proni e asserviti a quei dominatori incontrastati che stanno, volontariamente e cinicamente, snaturando le nostre radici culturali. E lo fanno con estrema sagacia, con una furbizia tipica dell’Ostacolatore. Si svuotano grandi masse di giovani dal cuore dell’Africa, ben scelti fra i piú validi e forti, aiutati economicamente e trasbordati dai barconi alle grandi navi, ottenendo due scopi precisi: svuotare i paesi di provenienza dagli individui che sarebbero utili alla società locale, che quindi decade sempre piú nella miseria e nell’arretratezza, e riempire l’Europa, soprattutto l’Italia, di una moltitudine di nuovi schiavi, in alcuni casi per la coltivazione e la raccolta di ortaggi e frutta, in altri come validi pusher, utili a far circolare la droga, indispensabile strumento per infiacchire soprattutto le nuove generazioni.
Il nostro Paese è concupito in modo particolare per l’abitudine atavica delle famiglie al risparmio. Si vuole mettere le mani sulla grande quantità di denaro accantonato da piccoli e grandi risparmiatori conservato dalle banche. E lo si farà con tasse sempre piú esose, oltre che con bollette gonfiate in maniera fraudolenta. In generale tutta l’Europa è terreno di conquista per coloro che si ritengono i dominatori del mondo. Un contraltare di civiltà e progresso come “il vecchio continente” infastidisce chi si ritiene superiore e non vuole condividere il proprio predominio.
E guai se i Paesi dell’Unione Europea trovassero utile allearsi con una rinata civiltà russa, liberatasi dal lungo e infausto periodo dell’Unione sovietica di stampo marxista. Una unione eurasiatica, prevista per un lontano futuro ma di cui già si potrebbero oggi gettare le basi, rimetterebbe in parità la bilancia delle forze socio-politiche al di là e al di qua dell’Atlantico, che ora si vuole assolutamente far pendere dalla parte della potenza angloamericana.
È vero che non dobbiamo cercare di prevedere il futuro, come è scritto in Reincarnazione e Karma, ma dobbiamo almeno prepararlo, nella mente e nel cuore. Precisa a tale proposito Massimo Scaligero: «Che senso ha la possibilità di prevedere il futuro? Forse, per esempio, il vantaggio di evitare i malanni o gli avvenimenti spiacevoli, o di preparare quelli gradevoli o favorevoli? Sarebbe ingenuo credere ciò. Muoversi con indipendenza nel tempo è un atto fuori dell’ordinario, conseguibile solo da esseri non casualmente operanti nel mondo, anzi operanti secondo una precisa missione. Il loro còmpito non è evitare all’umanità ciò che le è necessario per la sua evoluzione, bensí aiutarla a sviluppare, secondo libera determinazione, la conoscenza di sé autentica, come forza, la cui carenza rende inevitabili le prove dolorose. Se con mezzi estranormali si riuscisse a evitare taluni fatti disastrosi, il loro contenuto, respinto e pertanto non risolto, si presenterebbe in altra forma, indubbiamente piú virulenta. Ci sono avvenimenti dolorosi che non si possono evitare solo per il fatto che eccezionalmente si possano prevedere. Si possono invece preparare le forze risolutrici del loro contenuto negativo: si può agire verso il futuro e retroattivamente riguardo al passato, con un atto di volontà presente, che sviluppi un potere causale piú forte di quello proprio alle cause già poste».
E dunque, il periodo doloroso che stiamo attraversando – con gli effetti del Congiuravirus e delle relative in oculazioni, che sempre piú si manifesteranno in adulti, giovani e perfino bambini, e con la guerra che dilania i popoli slavi fratelli, fortemente voluta e provocata da chi sapeva di poterne trarre profitto – è il Karma che noi stessi abbiamo preparato, abdicando a quello che era il nostro compito come individui e come popolo.
Ma non è troppo tardi, tutto può prendere una piega insperata se solo decidessimo di cambiare il nostro modo di affrontare individualmente e collettivamente la rinascita della nostra “Grande Casa”, rendendola pulita, ordinata e armoniosa.
Non si tratta di tornare indietro, a tempi idilliaci che sono tali solo nelle immagini colorate di rosa del ricordo, ma di creare nuovi sentimenti di appartenenza, una nuova volontà di riscatto, una presa di coscienza dei compiti che ci attendono per creare quella nuova civiltà, nella quale tutti possano sedere alla futura Tavola Rotonda, a immagine di quella dei cavalieri del Graal: ogni nazione rappresentata da un cavaliere, ognuna con la propria caratteristica, in unione fraterna, e non, come accade oggi sotto i nostri occhi, di “ognuno contro tutti”.
Scopo finale della socialità è infatti la fratellanza del “tutti per uno, uno per tutti”! Ma come risvegliarla? Non certo attraverso la politica, che tende a etichettare e a conservare le ben consolidate contrapposizioni – destra-sinistra, conservatori-progressisti, capitalisti-proletariato – mentre in realtà dietro la facciata c’è chi da piú in alto decide per entrambi gli schieramenti, i quali si adattano volentieri ad ogni perentoria imposizione pur di conservare privilegi e prebende.
E se non è la politica, chi dovrebbe prendere le redini e decidere di risvegliare con risolutezza i dormienti e gli acquiescenti? Un golpe? Una novella marcia su Roma? Non è certo quello che auspichiamo, né crediamo sia piú il tempo per scelte autoritarie, constatando tra l’altro la scialba tempra di coloro che potrebbero attuarle.
La Scienza dello Spirito ci dà la risposta e ci fornisce la soluzione. La trasformazione deve avvenire nell’interiorità dell’uomo, quando il suo pensiero diverrà vivente. Solo cosí, partendo da un diverso e autocosciente individuo, si riuscirà a giungere alla vera fratellanza fra gli uomini, e lo Stato realizzerà, con la Tripartizione sociale, la suddivisione dei suoi compiti: quello culturale, quello giuridico e quello economico.
Sarà quindi lo sviluppo dell’individuo a dar luogo alla trasformazione dell’intero Stato. Come ha detto Rudolf Steiner a conclusione della sua conferenza Fratellanza e lotta per l’esistenza (O.O. N° 54): «La fratellanza rende l’essere umano piú forte nella lotta per l’esistenza, ed egli troverà nella calma del suo cuore le sue forze piú grandi, quando svilupperà la sua intera personalità, in unione con gli altri fratelli dell’umanità. È vero che un talento si sviluppa nella tranquillità, ma anche quanto segue è vero: il carattere, e con esso l’intero essere umano e l’intera umanità, si sviluppa nella corrente del mondo».
Non è del nemico austriaco che oggi deve avvertirci la piccola vedetta lombarda, ma di un piú subdolo nemico, che si nasconde dietro un falso umanitarismo, che cela un progetto di transumanesimo di cui soprattutto i piú giovani sono i futuri destinatari. Il nostro individuale risveglio dalla fascinazione collettiva di cui siamo stati vittime in questi due anni di procurata pandemia, e ora di guerra pianificata a tavolino per interessi mirati alla decadenza dell’Europa, servirà alla presa di coscienza di chi è intorno a noi, ognuno per il suo prossimo, ognuno per la propria patria. Ogni individuo per la propria società, ogni società per la propria nazione. Il risveglio delle coscienze individuali sarà il risveglio delle nazioni, non contrapposte le une alle altre, ma in unione e collaborazione reciproca. Ognuno, con la mano sul cuore, darà testimonianza di fedeltà alla propria bandiera, che non sventolerà sul terreno di guerra contro l’altra, ma unirà le forze per portare gli uomini, diversi fra loro ma fraternamente uniti, verso un destino di comune vera Civiltà.
Marina Sagramora