Dante e Catone sono davanti l’uno all’altro. Testimone dell’incontro Virgilio, la ragione, la razionalità.
I due sono accomunati dall’esigenza totale e radicale nella ricerca della libertà.
È il primo momento in cui il sommo poeta rivela, attraverso queste parole commissionate a Virgilio, i suoi intenti.
La Divina Commedia ci accoglie, sin dai primissimi versi, con un turbinio d’immagini, episodi ed incontri, che nulla lasciano presagire sulle intenzioni di Dante. Fino a quel momento non si riesce neanche ad immaginare che ci possa essere un intento nel suo viaggio.
La sintesi di questi versi è talmente potente e ricca di significato che, non a torto, è un vero e proprio mantra da meditare, perché il senso di quelle parole è profondissimo, Vero per ogni livello evolutivo raggiunto.
L’esigenza di libertà di Catone è talmente potente, da spingerlo all’estremo sacrificio stoico; per non cadere schiavo di Giulio Cesare.
Siamo nel mondo antico, ancora non pervaso dall’evento del Golgotha. Eppure Dante pone il giudice Romano dove dovrebbe stare un cristiano: ai confini del Purgatorio, cioè là dove già è Cristianesimo, oltre il limbo pagano.
Somma è la considerazione che Dante aveva del concetto di Libertà, e di chi «per lei vita rifiuta».
In verità, la Libertà vista come atto Divino è l’Atto Creante per eccellenza, quindi Catone rinuncia alla vita per qualcosa che è già divino in senso cristiano; per cui lui è già cristiano.
La libertà che cerca Catone riguarda l’agire, l’essere padrone delle realizzazioni decise. Il giurista sacrifica la propria vita per non perdere la propria libertà. Non sfugge l’apparente paradosso di sacrificare l’unica cosa di cui è in grado di godere: la vita, cioè senza vita il problema della libertà semplicemente non esiste. Catone, sacrificando la propria vita, di là dall’aspetto pedissequo dell’evento, per la libertà, non compie un atto per se stesso – infatti non potrà mai beneficiarne – ma per chi gli sta attorno: parenti, amici, seguaci.
In effetti è un Sacrificio d’Amore. La Cristianità dell’Antico Romano è suggellata anche dal non egoismo del suo gesto, che arriva all’atto stoico per eccellenza, pur di realizzare la libertà, non per se stesso, quindi, ma per gli altri.
Schopenhauer sosteneva che l’uomo è solo apparentemente libero, perché è padrone di realizzare le proprie scelte, ma non di volere il volere: cioè essere libero di desiderare o di volere alcune cose anziché altre. Sotto questo aspetto il filosofo polacco non aveva torto. L’oggetto del nostro volere, e/o desiderio, è già dato alla nostra coscienza e quindi non può essere determinato. La libertà che Catone persegue, o lotta per non perdere, è limitata dal fatto che l’oggetto della libertà è un dato di fatto già presente nella sua coscienza.
Gli si contrappone, anche figurativamente, la figura di Dante, che cerca, anche lui, la libertà, ma per farlo sta affrontando un viaggio nei mondi spirituali, che sono la raffigurazione della propria interiorità, e l’ascesa del l’individuo verso il Divino.
Guardando i versi con razionalità didascalica, secondo l’attuale concetto di libertà; Dante avrebbe compiuto un errore clamoroso, sarebbe stato nel posto sbagliato per la sua ricerca.
Questo ci viene chiarito molto bene con la Scienza dello Spirito da Steiner e da Scaligero.
La Libertà non è il libero arbitrio che, come abbiamo visto, anche grazie alle parole di Schopenhauer, è libertà solo apparente. È libertà interiore, dalle proprie debolezze, istinti, passioni; che determinano i nostri pensieri e quindi presentano alla nostra coscienza gli oggetti del nostro volere come dati di fatto.
Il pessimismo del filosofo polacco è superato proprio dalla nostra Ascesi con gli esercizi, che ci portano alla purificazione della nostra anima: affinché il nostro Volere sia libero di creare realmente secondo Verità, e non secondo egoismo.
Liberi di volere il Volere, che è atto creante dell’Iside Sofia, l’Archetipo primo della creazione, che è vera Libertà proprio perché priva di ogni nostra debolezza, delle “pieghe della nostra anima”, come le chiamava Romolo Benvenuti.
In queste poche parole è racchiuso tutto il mistero della nostra evoluzione:
La Divinità ci ha creato.
Per evolverci dobbiamo uccidere la nostra parte che si oppone al Christo.
Cosí possiamo rinascere nello Spirito Santo.
Massimo Danza