Imprenditore e prestatore d’opera

Critica sociale

Imprenditore e prestatore d’opera

Lavoro in fabbrica

 

L’errore di credere di poter pagare il lavoro ha generato l’equivoco che la soluzione sociale potesse essere identificata solo a livello economico, ignorando o misconoscendo gli aspetti umani del lavoro, implicanti quindi una dimensione giuridica e soprattutto una realtà spirituale. Si è pensato invece che fosse sufficiente che l’operaio non vendesse piú la sua forza lavoro al capitalista per risolvere ogni problema, dal momento che poteva trattenere per sé il provento di un’assurda vendita di se stesso.

 

Certamente il “capitalista”, disponendo di una quantità di prodotti finiti, viene a trovarsi in una posizione migliore del prestatore d’opera. Ma è anche vero che nessun consiglio di fabbrica, nessuna conduzione statale, nessuna cogestione, nessuna organizzazione sindacale sono riusciti a sostituirsi efficacemente alla capacità ideativa dell’imprenditore.

 

La posizione di vantaggio dell’imprenditore, la ricchezza che egli si conquista, derivano dal fatto che egli può offrire sul mercato una idea realizzata, un prodotto finito al quale hanno contribuito i molteplici e parziali interventi dei prestatori d’opera. Essi però non sono forse debitori al “capitalista”, al “padrone” di questa sua capacità ideativa che consente loro di poter avere una occupazione? Perché accusare la ricchezza creata dal profitto, perché distruggerla quando essa è il risultato di un impiego economicamente costruttivo? Il problema semmai è quello di non sottrarre il capitale a questa sua funzione positiva.

 

Inoltre, la merce prodotta nel sistema economico attuale non viene consumata da chi la fabbrica ma dagli altri, e secondo la reciprocità insita nella divisione del lavoro, sono gli altri che, con la loro opera, andranno a esaudire la sue necessità. Non vi è quindi un momento della giornata in cui si lavora per se stessi e un altro momento in cui si lavora per l’imprenditore. Dal punto di vista economico operaio e capitalista producono insieme qualcosa per la società, che dà loro in cambio l’equivalente in denaro di quei prodotti che serviranno sia alle loro necessità personali che alle esigenze dell’azienda. Che l’operaio lavori due ore o che sia sottoposto a un eccesso di attività – deprecabile da un punto di vista umano – le cose non cambiano: egli produrrà sempre qualcosa per gli altri. Certamente un maggior numero di ore lavorative farà aumentare il profitto di un’azienda, cosí come una scarsa utilizzazione degli impianti la danneggerà. Il vero problema quindi sta nel realizzare un equilibrio fra esigenze umane e necessità economiche.

 

Il contributo dell’imprenditore si manifesta primariamente in una funzione di vertice che divide e organizza i diversi compiti, non in una sottrazione. Si può affermare che dal punto di vista strettamente economico il plusvalore non esiste. Se ingiustizie vi sono, queste si sovrappongono alla funzione fondamentale di divisione del lavoro all’interno di una azienda. Alla formazione di un valore contribuiscono operai, tecnici, imprenditori e alla fine gli stessi consumatori. Il processo della formazione del valore non è attribuibile a un solo fattore e non si ingorga al livello del capitale, ma continua verso il consumo; la dinamicità di questo processo trova una delle spin te fondamentali nella presenza dell’imprenditore che ha bisogno, per svolgere bene la sua funzione, della proprietà dei mezzi di produzione. Quando il “padronato” è stato sostituito dal funzionario di Stato (in sostanza dalla forma peggiore di capitalismo, quello di Stato) la determinante politica ha preso il sopravvento sulla concretezza economica, provocando una serie innumerevole di disastri. Guerra alla proprietà, guerra al profitto, hanno infine impedito, nella loro ossessività, di comprendere che la vera soluzione consiste nella evoluzione del fenomeno capitale, affinché esso perda quanto di troppo egoistico e soggettivo gli si è stratificato sopra, per essere restituito interamente alla funzione sociale che esso, malgrado tutto, continua a svolgere.

 

 

Argo Villella


Selezione da: A. Villella Una via sociale Società Editrice Il Falco, Milano 1978.