Swami Vivekananda

Orientalismo

Swami Vivekananda

Swami Vivekananda

Swami Vivekananda

 

Alcune personalità autorevoli della tradizione metafisica indiana affermano che vi sono serie ragioni per accusare Swami Vivekananda di aver compromesso l’ortodossia e la purezza della tradizione con il suo tentativo di divulgare le dottrine indú in America e nel mondo occidentale.

 

Questa potrebbe sembrare una critica plausibile, per il fatto che la grande metafisica derivante dagli antichi Rishi ed esposta nei Veda, nelle Upanishad e nella Gītā non può essere resa comprensibile ai lettori che rappresentano una civiltà molto successiva e molto diversa, a meno che ci si assuma il rischio di alterare il loro significato originario. Si può, tuttavia, sostenere che l’attuale pubblico occidentale è troppo permeato di positivismo e di spirito razionalistico e materialistico per poter apprezzare nella sua forma originaria una dottrina essenzialmente spirituale, di cui ogni parola è misteriosamente identificata con valori inesprimibili non riconciliabili con le tendenze prevalenti del pensiero occidentale moderno.

 

Da questo la necessità di interpretare e tradurre in termini moderni un insegnamento che era rimasto fino ad allora oltre la comprensione degli studiosi occidentali, il suo splendido isolamento assicurato dietro un impenetrabile bastione di simboli, miti e dottrine segrete. Superare il baratro di un’antitesi cosí profonda è stata un’impresa particolarmente audace, la cui realizzazione deve essere riconosciuta come un contributo molto vantaggioso alla cultura moderna, a dimostrazione del significato e del potere immutabili della tradizione. La tradizione, infatti, non appartiene al passato, al presente o al futuro; essa possiede una forza propulsiva senza età, capace di esercitare la sua influenza in ogni periodo di tempo, assumendo in ogni epoca successiva una veste formale adeguata alle tendenze culturali contemporanee.

 

Come vedremo nel corso delle brevi osservazioni che seguono, la verità è che Vivekananda ha saputo guardare oltre i limiti formali della tradizione, perché ne aveva padroneggiato il significato piú profondo. Questo gli ha dato una visione piú ampia e universale, alla quale ha adattato coraggiosamente la vecchia modalità di espressione, quella stessa modalità che i fanatici zeloti di tutte le scuole e sette avrebbero desiderato che rimanesse per sempre congelata in uno stampo inalterabile.

 

Gli fu quindi possibile colmare il divario tra Oriente e Occidente rendendo cosí disponibile, per il mondo occidentale, e nel linguaggio piú adatto alla sua mentalità meccanicistica e razionalistica, le originarie rivelazioni dottrinali della saggezza orientale.

 

Non si può perciò essere d’accordo con l’opinione che Vivekananda abbia travisato i princípi della tradizione ario-vedica semplicemente perché li ha riversati nello stampo della dialettica moderna e del linguaggio moderno. Coloro che hanno acquisito una conoscenza spirituale oltre che dottrinale di questi princípi possono facilmente identificarli nella loro versione moderna. Lo spirito originario, perenne, dell’opera non ha subito alterazioni. Il grande asceta indú, lungi dall’avventurarsi in una mera interpretazione moderna della dottrina indú, ha portato il messaggio di tale dottrina direttamente alla mente e all’anima del lettore contemporaneo, che è stato cosí spinto ad esplorare le profondità di una dottrina che nessuna dialettica può mai trasmettere pienamente a coloro che non sono spiritualmente qualificati per apprenderla.

 

Il segreto piú riposto di quella dottrina non può essere afferrato solo attraverso l’insegnamento e l’erudizione, poiché si trova oltre i confini del mondo umano. La verità metafisica, la pura saggezza, lo Yoga, devono essere sentiti prima di poter essere compresi. Si possono tenere discorsi filosofici sul mistero del Purusha e dell’Atman, ma quel mistero non sarà mai approfondito da coloro che non lo sentono scaturire dalla loro stessa anima come qualcosa di auto-rivelato, a parte e molto al di sopra di tutti gli sforzi per comprenderlo con gli ordinari processi mentali.

 

Possiamo concludere che il lavoro di Vivekananda, dando un potente stimolo allo studio della tradizione ascetica indú, pur indicando i vari aspetti dello Yoga, non era inteso a impartire conoscenze dottrinarie, ma il suo scopo principale consisteva nell’aprire nuove strade al potere dello spirito umano sulla materia bruta. Un preziosissimo contributo è stato cosí offerto a quella fusione mondiale di valori culturali, tradizionali e civilizzatori che sembra essere il fine ultimo al quale tende il mondo moderno anche se con mezzi diversi e attraverso tante tragiche incomprensioni e conflitti.

 

 

Vivekananda è una delle personalità di spicco del risveglio spirituale dell’India. Membro dei Kaiasta, una sottocasta di guerrieri, fa tornare alla mente, in virtú della sua poliedrica personalità, alcune grandi figure della storia occidentale, come Platone, Leonardo e Goethe. C’è nella sua natura, insieme alla piú fine sensibilità mistica, tutta l’abilità ispirata peculiare di un puro ānī; infatti, è un poeta della natura e dell’umanità, mentre rimane allo stesso tempo un silenzioso ricercatore del mistero di Brahman.

 

Di statura atletica e ottimo ginnasta, è un uomo eccezionalmente colto, la cui vasta e profonda conoscenza arricchisce una mente estremamente versatile, abile nell’esplorare ogni branca sia del sapere moderno che dell’antica tradizione. Una virile autostima e un tratto affabile, un’indole metafisica e una discreta umiltà verso i suoi simili, sono diverse sfaccettature del suo equilibrato carattere. Tanto il mondo antico quanto quello moderno sono per lui libri aperti. Nessun uomo è dotato di un apprezzamento piú totale e piú devoto all’amore divino del Cristo, ma è allo stesso tempo un sostenitore dell’uso della forza quando necessario, rifiutando di concedere ai materialisti e agli atei il diritto esclusivo di ricorrere a misure forti. «Sii virile, sii forte!» è il suo consiglio ai suoi discepoli di Alwar; «Posso rispettare anche un uomo malvagio – aggiunge – purché si dimostri forte e virile, perché la sua forza interiore lo porterà un giorno a rinunciare alla sua malvagità e ai suoi schemi egoistici per scoprire la Verità»

 

Ramakrishna Paramahansa

Ramakrishna Paramahansa

 

Vivekananda è l’organizzatore, il difensore e l’apostolo della fusione metafisica concepita da Ramakrishna Paramahansa di tutti gli ideali mistici sulla base della carità umana e della fraternità sostenuta dalla grazia divina. Anche se è stato Ramakrishna ad aver consegnato per la prima volta il suo messaggio mistico universale, è grazie a Vivekananda che quel messaggio è stato divulgato al mondo. È stato Vivekananda che si è assunto il compito di trasmettere in termini di pratica saggezza universale il messaggio rivelato da Ramakrishna ai suoi stessi discepoli. È ancora Ramakrishna che parla e insegna, ma è grazie al lavoro di Vivekananda che il suo insegnamento prende vita ed è compreso da persone di ogni paese. È la voce di Vivekananda che diffonde in lungo e in largo il linguaggio dell’antica saggezza ariana, rendendolo alla portata dei princípi creativi del pensiero occidentale contemporaneo. Azione vigorosa e pensiero contemplativo sono strettamente alleati nella mente di questo straordinario profeta-guerriero. Attraverso di lui si è raggiunta una sintesi che era stata perduta da secoli.

 

È riuscito ad attirare l’attenzione mondiale sulla nazione indiana. Si è recato in America nel 1893, uno straniero senza risorse, assolutamente sconosciuto ma ben deciso a pronunciare al mondo le supreme parole della Sapienza. Fu uno dei relatori al Congresso Mondiale delle Religioni tenutosi a Chicago in quell’anno, e fu ascoltato con meraviglia e ammirazione da centinaia di rappresentanti di ogni credo.

 

Poi, dopo aver visitato i principali centri della cultura americana, è venuto in Europa, portando ovunque il messaggio dell’India, un Paese e un popolo in grado di donare al mondo moderno una conoscenza d’importanza assolutamente necessaria, ma anche una nazione i cui milioni di abitanti brulicanti stanno correndo alla deriva su una tragica marea di mali sociali ed economici. Il suo messaggio politico è stato trasmesso con forza irresistibile, mentre la sua esposizione dello Yoga originale ha attirato l’interesse generale.

 

L’ascesi non distoglie la sua attenzione dal mondo degli uomini; al contrario, egli è teso a sollecitare l’umanità a sondare al massimo i problemi dello spirito. Raja Yoga, Jnāna Yoga, Karma Yoga, Bhakti Yoga sono gli aspetti complementari dello Yoga originale che intendeva esporre in termini facilmente comprensibili da studiosi di ogni razza e nazione. E quando la sua opera è stata completata, ha detto: «Se ho fatto qualcosa oralmente con le parole o fattivamente con le azioni, se qualche uomo è stato aiutato nel suo cammino da alcune delle parole che ho detto, non merito alcun elogio per questo; il merito appartiene interamente a Ramakrishna. Le mie sono le imperfezioni; tutto ciò che è forte, sano, vivificante nelle mie affermazioni, è tutto suo». Non bisogna dimenticare, a tale proposito, che Ramakrishna era solito indicare Vivekananda come il migliore dei suoi discepoli, e l’uomo che un giorno avrebbe svolto nel mondo degli uomini la missione che lui stesso aveva previsto solo come un grande speranza.

 

Quando il giovane asceta pronunciò il suo messaggio al mondo moderno, migliaia di proseliti americani ed europei si fecero avanti, pronti a seguirlo e a sostenerlo nel suo duplice compito di spiritualizzare il materialismo occidentale e di lavorare allo stesso tempo per la redenzione morale e materiale dei popoli dell’India.

 

Ma solo pochissimi furono ritenuti degni di lavorare con lui. Quest’uomo, rigorosamente attaccato ai suoi princípi ideali, disdegnava l’aiuto dei ricchi che lo avrebbero volentieri supportato con dollari e sterline. Tra i pensatori orientali, egli fu il primo ad opporsi alla plutocrazia e al suo pretenzioso convincimento che denaro sia il guaritore di tutti i mali del mondo.

 

Riguardo al proprio paese, egli sostiene che la redenzione dell’India può solo essere raggiunta attraverso l’eroismo consapevole e l’abnegazione. L’India, dice, non ha bisogno di dollari o sterline che sono solo simboli del materialismo e del frenetico sensualismo che caratterizzano la cosiddetta civiltà “moderna”. In quanto inventore e fiduciario delle piú alte dottrine religiose e sostenitore di una tradizione metafisica di valore supremo, l’India può essere rigenerata sia socialmente che materialmente da un completo risveglio di quelle dottrine e di quella tradizione.

 

L’edificio centrale della Missione Ramakrisna

L’edificio centrale della Missione Ramakrisna

 

La saggezza mistica di Ramakrishna diventa cosí una forza sociale attiva grazie agli sforzi di Vivekananda. La Missione Ramakrishna, da lui fondata, è un’organizzazione culturale-religiosa il cui scopo consiste nell’assistere gli umili la cui povertà e mansuetudine sono l’espressione viva e sofferente della volontà divina. Questa Missione è diventata presto l’incarnazione della dottrina del Maestro, cioè lo strumento per mezzo del quale un ideale universale che abbraccia tutte le religioni è stato applicato a scopi pratici. Gradualmente, la Missione Ramakrishna è giunta ad agire come forza di guarigione in India, offrendo alle convinzioni religiose contrastanti un terreno comune per quella comprensione e fraterna riconciliazione che è lo scopo finale perseguito da Vivekananda. È proprio la sua fervida speranza vedere l’India rigenerata trasformarsi in “un corpo islamico dal cuore vedantino”.

 

La sua carità spirituale riaccende naturalmente il suo amore per i popoli dell’India e la loro patria. Margaret Noble, una dei suoi fedeli discepoli, conosciuta con il nome indiano di Nivedita, gli chiese una volta cosa avrebbe potuto fare per rendersi piú utile alla causa. «Ama l’India», fu la secca risposta di Vivekananda. Questo è, infatti, il principio guida che egli costantemente instilla nella mente dei suoi seguaci. Per servire fedelmente la causa di un popolo come l’indiano, lui insegna, bisogna rinunciare ad ogni interesse e ambizione personali; la conoscenza metafisica e la pratica dello Yoga, e i suoi effetti benefici, devono essere valutati solo in funzione del beneficio indiretto che deriva alla comunità dalla maggiore utilità dell’assistente sociale.

 

 Vivekananda e Nikola Tesla

Vivekananda e Nikola Tesla

 

Non si può concepire un errore peggiore della pratica del misticismo come fine a se stesso, vale a dire come una forma di individualismo essoterico, totalmente distaccato dagli interessi e dalle vicissitudini degli uomini viventi. È solo tra gli umili, i poveri e i peccatori che l’ignoranza e l’errore possono essere superati dall’asceta, la cui visione spirituale deve essere portata al servizio come contributo metafisico al bene dell’umanità in generale. L’India può essere salvata solo dal risveglio della tradizione originaria, nonostante quella tradizione sia stata quasi persa in un labirinto di misticismo settario e di forme culturali. È convinzione prevalente di Vivekananda che «l’India deve essere rigenerata dal ritmo tonante dei Veda».

 

L’antico spirito ariano rivive in lui. I princípi brahmanici ed eroici che costituiscono l’essenza stessa della spiritualità indú, si fondono in una sintesi universale nella mente di quest’uomo, come risultato delle sue esperienze sociali cosí come di quelle metafisiche. Egli sa bene che il distacco del sacerdozio indiano dalla vita del popolo è stato un errore fatale dell’India decadente. Quei mistici e filosofi che pensavano che avrebbero trovato meglio la strada per il paradiso separandosi dal mondo vivente e dalla propria patria, hanno da tempo perso il loro titolo alla beatitudine eterna. L’antica sintesi deve ora essere reintegrata. «Dovreste sforzarvi – dice Vivekananda ai suoi discepoli – di trasformare la vostra vita attiva in una miscela di ampio idealismo e di senso pratico. Dovete essere sempre pronti a sedervi in profonda meditazione e ad alzarti da essa per andare nei campi e lavorare la terra; dovete essere preparati a spiegare le sottigliezze degli Shastra e poi correre al mercato per vendere il frutto del vostro lavoro… L’isolamento religioso ha lo scopo di aumentare la vostra utilità pratica come uomini di mondo… Un vero uomo è colui che è forte come la forza stessa e tuttavia ha il cuore di una donna…».

 

 

Uno sforzo costante per spiritualizzare la vita umana quotidiana applicando al mondo della realtà l’energia che scaturisce dal mistero dello Spirito, è la forza motrice di tutta l’opera di Vivekananda. «Alcuni dicono – scrive – che le religioni stanno cadendo in rovina mentre le idee spirituali stanno scomparendo dal mondo degli uomini. Al contrario, mi sembra che le religioni stiano ora entrando nella via che le condurrà al loro compimento finale. …Finché la religione sarà nelle mani di un’élite di preti, rimarrà confinata negli esigui confini di un tempio, una chiesa, un libro di preghiere, un rito e un formulario. Ma si estenda la sua portata e si purifichi il suo ritualismo, venga permeata di tutto lo spirito della fratellanza universale degli uomini; essa sarà allora una forza viva che influenzerà di nuovo ogni aspetto della vita della comunità e della vita dell’individuo; una dispensatrice di bene infinitamente piú efficiente di quanto non lo sia mai stata».

 

Una capacità di comprendere i nostri simili per servire la società, per aiutare il nostro prossimo è, per Vivekananda, la prova piú chiara del progresso spirituale di un uomo e la vera misura della presenza attiva di Dio tra le sue creature viventi; perché è la capacità di amare e servire il nostro prossimo che proclama la vittoria dell’uomo sul proprio egoismo, mentre attesta tangibilmente la sua sottomissione alla volontà divina.

 

Ramakrishna-Mission

 

Tutto ciò che si possiede deve essere donato al prossimo bisognoso, dato che i beni di un uomo non gli sono dati per il proprio godimento egoistico, ma per metterlo in grado di «fare il gioco di Dio».

 

In un momento in cui la Missione Ramakrishna era alle prese con una grave crisi finanziaria durante una di quelle epidemie cosí tristemente frequenti in India, Vivekananda ordinò ai suoi seguaci «di vendere tutto se necessario». «Noi siamo dei sannyasin – aggiunse – e dobbiamo essere pronti in ogni momento a dormire sotto un albero e vivere di elemosina».

 

In fondo, il suo concetto di azione come mezzo per collegare l’idea di Divinità a tutti gli aspetti della vita umana, incluse le forze istintive di rajas e tamas, è una versione moderna dell’espressione vedantina «Io sono Lui», o «In verità tutta la realtà esteriore, inclusa Māyā, è Brahman, e Brahman è l’Io». È, infatti, il riconoscimento della qualità divina come nucleo segreto di tutto ciò che esiste (non, però, in senso panteistico o teosofico, quanto piuttosto in senso trascendente). La grande Forza Motrice è Una, e lo scopo da raggiungere è implicito in Essa. Cosí la forza universale che sta alla base di ogni azione, è la forza divina, come l’impulso spirituale che ci spinge all’azione è anch’esso divino, e qualunque cosa ci venga offerta è solo una delle innumerevoli manifestazioni possibili della Divinità. Colui che fa l’elemosina può essere lo stesso spirito divino, e ogni azione non è che un segno visibile della presenza divina all’opera, mentre l’oggetto a cui mira il donatore del­l’elemosina è esso stesso divino.

 

Practical Vedanta

 

Questo è, naturalmente, il significato ultimo della formula “advaitistica” nel Vedānta, ora recuperata e divulgata come dottrina di rigenerazione sociale da Vivekananda. Per un uomo che ha acquisito questa forma universale di consapevolezza religiosa (la parola “conoscenza” reca il significato di “realizzazione interiore” per la mente tradizionale indú), nessuna azione esiste, a parte la sua forza motrice spirituale, o può essere rivendicata dall’Io come sua creazione esclusiva. Solo il divino Purusha esiste, sicuro contro l’influenza di Prakriti e unico ispiratore delle attività di Prakriti sotto la direzione divina a lui inerente come l’immediata espressione dell’Eterno.

 

Questo è, ancora, il significato ultimo del ben noto commento allo Yoga-Sūtra di Patanjali ora adottato da Vivekananda come complemento al suo Rāja-Yoga. La visione metafisica ispira praticamente lo Yoga in tutte le sue forme, cosí come tutta la vita spirituale, in modo che ogni azione e ogni inclinazione dell’uomo diventi un percorso verso il compimento dello Yoga, consentendo la piena conoscenza e pratica delle materialità della vita costantemente illuminate dalla piú alta spiritualità. Poiché ogni facoltà è chiamata a svolgere questo compito, la forza vitale che produce l’azione può diventare uno strumento per gli scopi del Karma-Yoga; e gli impulsi emotivi o appassionati possono aprire la strada al Bhakti-Yoga, mentre il pensiero umano acquisisce attraverso il ānā-Yoga una qualità essenzialmente creativa, che porta alla piena comprensione ed espressione della Verità trascendente.

 

Il ānā-Yoga dovrebbe permettere all’uomo di acquisire conoscenza attraverso il proprio potere di ragionamento riportato alla sua libertà originaria autosufficiente; e questa è la ragione dell’opinione di Vivekananda che «ciò per cui lavoriamo è il miglioramento dell’uomo». «Nessun insegnamento teorico – prosegue a dire – ha mai reso un uomo migliore. Le nostre possibilità di auto-miglioramento risiedono dentro noi stessi. Dobbiamo imparare a “realizzare” la verità, e questo può essere fatto solo con il potere del pensiero. Che l’uomo pensi! …Il suo potere del pensare è la gloria dell’uomo. …Io credo nel potere della ragione, ed è alla mia ragione che mi affido, essendo nato in un paese dove si impara presto a conoscere i pericoli di seguire i dettami dell’autorità».

 

Come abbiamo visto, l’insegnamento di Vivekananda conduce a una prassi di portata universale, la sua idea fondamentale è che ogni azione o pensiero individuale deve essere “vissuto attraverso” come una funzione del Tutto divino di cui è espressione; e che questo costante riferimento del finito all’Infinito, di ciò che è mortale all’Immortale, dell’individuo all’universale, nella vita quotidiana cosí come nei regni intimi del pensiero, è la premessa necessaria alla serenità spirituale e alla pace sociale dell’individuo.

 

L’Ecclesia Magna della tradizione occidentale, concepita come l’espressione complessa del desiderio di ogni uomo verso la divinità, corrisponde per stretta analogia all’idea di Vivekananda di una religione universale concepita come un aspetto essenziale delle vite di tutti i popoli della terra, a prescindere dai pregiudizi nazionalistici. Questa è, dopo tutto, un’interpretazione odierna del Devayana, il “sentiero degli dèi”, che risiede, secondo la tradizione vedica, nel cuore degli uomini. Il pensiero del Maestro è perfettamente chiaro anche a questo proposito: «Accetto – dice – tutte le religioni del passato e del presente, e sono contento di adorare Dio in ogni chiesa, con qualunque suo rito. Vado alla moschea musulmana, entro nelle chiese cristiane e mi inginocchio ai piedi del Crocifisso, frequento i templi buddisti e cerco rifugio all’ombra del Buddha e della sua legge, vado nella foresta e siedo sotto un albero, perdendomi on meditazione accanto all’indú che si sforza di percepire la luce della grazia divina che arde nei nostri cuori».

 

La “Chiesa Universale” di Nuova Delhi

La “Chiesa Universale” di Nuova Delhi

 

Trovare la via dell’Universalismo è davvero un desiderio segreto, anche se inconscio, di ogni uomo vivente. Tutto ciò che si soffre su questa terra ha lo scopo di aprire un varco, attraverso la mente cosciente dell’uomo e le sue naturali inclinazioni, al concetto dell’universalità dell’umanità sotto Dio. È l’unica idea che, essendo una rivelazione diretta della potenza divina, può offrire una soluzione ad ogni problema che l’umanità deve affrontare, sia nella sfera morale e politica sia in quella sociale e scientifica.

 

L’uomo che piú strenuamente si oppone al compimento del disegno divino che abita nel suo petto, subirà le maggiori sofferenze e sventure, dalle quali, tuttavia, trarrà una coscienza sempre piú chiara di se stesso e della Verità suprema, una consapevolezza che infine effettuerà la sua liberazione finale.

 

Bhakti – Devozione

Bhakti – Devozione

 

La confusione attuale e le difficoltà che essa infligge all’umanità saranno seguite da eventi meravigliosi. Sconosciuti alla maggior parte delle persone, molti grandi passi vengono compiuti verso la riconciliazione degli uomini con gli uomini e la pacifica unificazione di tutta l’umanità. Vediamo come la Scienza tenda a diventare uno strumento di Verità, mentre l’orizzonte della conoscenza si allarga e la Tradizione apre le menti degli uomini a una migliore comprensione del mondo spirituale. Ciò che è piú importante di tutto è evitare formule e sistemi autonomi, entro le cui spire gli uomini sono legati e imprigionati.

 

«La Bibbia, i Veda, il Corano e tutti gli altri Shastra consistono in un gran numero di pagine, molte delle quali, nessuno sa quante, devono ancora essere propriamente comprese e assimilate. Vorrei che tutte quelle pagine fossero sempre disponibili per tutti, perché noi che viviamo nel presente dobbiamo trovare la nostra strada verso un futuro senza tempo».

 

 

Massimo Scaligero

 


 

Tradotto da: East and West, Ottobre 1950, Vol. 1, No. 3.

 

Link all’articolo originale inglese: “Swami Vivekananda”