In occasione della triste ricorrenza del centenario dalla distruzione del primo Goethanum, si dice che esso diede origine al Convegno di Natale del 23/24. Non so quanto sia vero, ma sembra che abbia riferito Massimo Scaligero che Steiner avesse manifestato l’azzardo (fallimento?) di questo convegno a Giovanni Colazza e che l’antroposofia o meglio la Scienza dello Spirito sarebbe rinata in Italia. Vorrei confrontarmi su questa tema.
Marco d. B.
La distruzione del primo Goetheanum, il 31 dicembre 1922, fu un dramma terribile per Rudolf Steiner come per tutti coloro che vi avevano lavorato artisticamente e anche fisicamente sulle impalcature, insieme agli operai, con tanto spirito di sacrificio ma anche con eccezionale soddisfazione. Un dramma lo è oggi anche per noi, che possiamo solo averne delle immagini dalle foto d’epoca. Anche se sappiamo bene che il primo Goetheanum è sempre lí, in eterico: quello non è mai stato distrutto, solo la parte fisica è bruciata, ma quella eterica, vitale, è rimasta inalterata e può essere visitata in astrale. In futuro ognuno di noi potrà accedervi. Quanto al fallimento dell’Antroposofia, sappiamo che circolano degli scritti, come quello medianico che fa dire al Dottore che nessuno l’aveva capito e per questo se ne era andato… Ma noi non diamo retta alle farneticazioni di un personaggio che forse aveva desiderio di “passare alla storia”. Non vogliamo nominarla né ricordarla. Noi sappiamo che l’Antroposofia non può fallire, perché è un’Entità, che rappresenta il futuro spirituale dell’umanità. Il Dottore esprimeva dolore per la mancanza di comprensione da parte di molti, è vero, ma pensare che non ci fosse nessuno che all’epoca lo avesse capito sarebbe proprio ingiusto, e mai lui avrebbe detto una cosa simile. Pensiamo a Marie Steiner, alla quale egli ha affidato tutta la sua opera perché la curasse, cosa che lei ha fatto amorevolmente e con grande capacità tutta la vita. E poi vogliamo parlare di Colazza? Anche lui non aveva capito? E anche Ita Wegman? È vero che il Dottore aveva annunciato che la Scienza dello Spirito sarebbe “rinata in Italia”. Lo diceva Giovanni Colazza e lo diceva poi anche Massimo. Non perché a un certo punto sia “fallita” altrove (intendendo il Goetheanum), ma solo perché nella sede centrale si è privilegiato l’aspetto formale e organizzativo piuttosto che quello del culto e degli esercizi. Dobbiamo riconoscere che molto è stato fatto dall’ufficialità per la pedagogia Waldorf, per l’agricoltura biodinamica, per la medicina antroposofica, per l’euritmia, per la pittura e potremmo continuare con i tanti aspetti della conoscenza steineriana, tra i quali non dobbiamo dimenticare la Christengemeinschaft, la Comunità dei cristiani a indirizzo antroposofico. Tanto è stato conservato e si è sviluppato nel tempo. La “rinascita in Italia” riguarda lo Spirito dell’antroposofia, al quale hanno contribuito prima Giovanni Colazza poi Massimo Scaligero. Compito nostro è proseguire il loro lavoro, dando una testimonianza vivente di quanto può essere ottenuto seguendo una Via di sviluppo interiore con serietà, impegno e totale dedizione.
Ho un figlio di quindici anni, e mi accorgo che non riusciamo, mio marito ed io, a imporgli la benché minima educazione civica oltre che morale. Se cerchiamo di fargli accettare una qualsiasi linea guida, alcune regole basilari che una volta esistevano in tutte le famiglie, come quella dell’orario, è come se parlassimo al vento. Quale futura società si prospetta per questi giovani di oggi, che non sono capaci di darsi un impegno personale? Penso che quando questa fascia di età alla quale appartiene mio figlio sarà cresciuta, a qualcuno di loro sarà affidato il governo di questo paese: come farà se non è capace neppure di governare la propria esistenza?
Adele F.
I bambini prima e i ragazzi poi dovrebbero crescere aiutati e sostenuti da una seria disciplina. L’errore è quando si vuole far proseguire questa disciplina per tutta la vita, da parte di chi intende sottomettere altri individui. Ma fino ai vent’anni la disciplina è necessaria. Solo chi ha conosciuto il senso del dovere, saprà applicarlo poi liberamente a se stesso. Far crescere i ragazzi utilizzando una giusta e sana disciplina, significa sviluppare in loro la parte migliore. Il fatto che l’attuale gioventú non abbia freni inibitori, come molti deplorano, deriva dal non aver avuto regole da seguire già dalla prima infanzia, oltre ad aver spesso ricevuto dei pessimi esempi da parte degli adulti. La pedagogia permissiva di tipo montessoriano ha prodotto dei veri disastri, ai quali risulta difficile rimediare una volta raggiunta la maggiore età. I giovani che seguono una via di sviluppo interiore, che meditano, che fanno la concentrazione, sono la minoranza, ed è una minoranza che si trova in mezzo a una folla di altri ragazzi che hanno dei problemi seri. L’attuale sistema scolastico è addirittura allo sbando: generalmente i professori non sono all’altezza del compito che devono quotidianamente affrontare. Si limitano a fare il minimo indispensabile, sperando di resistere alla prevaricazione e all’indisciplina degli studenti, che mai come in quest’epoca hanno sopraffatto e umiliato l’autorità degli insegnanti. E cosí un gruppetto minimo di giovani deviati può sobillare una massa di altri, portandoli su una strada che a volte è di non ritorno. Da ragazzi si fa presto, si diventa tutti un branco e si va non si sa dove. La mancanza di punti fermi nella famiglia, l’indulgenza derivante da una debolezza incrementata dai costumi sociali sempre piú lassisti, rendono molti giovani demotivati, o motivati solo all’acquisizione di beni materiali, gadget di ogni tipo, oggetti e accessori informatici. Non ci sono veri ideali, perché non si sanno concepire vere idee. Naturalmente non dobbiamo generalizzare, ci sono anche ragazzi impegnati, studiosi, che preparano con serietà il proprio futuro professionale. Purtroppo però la maggior parte di loro, non trovando facilmente uno sbocco nel mondo del lavoro in Italia, parte per un “periodo di formazione” all’estero, che spesso si trasforma da domicilio temporaneo a residenza a tempo indeterminato. E cosí molte delle menti illuminate dei nostri giovani vengono utilizzate per migliorare altre società, mentre avrebbero potuto farlo nella loro stessa patria. Dobbiamo confidare nei “corsi e ricorsi storici”. A un periodo di eccessivo lassismo (ultima Roma imperiale) segue un contrappasso di rigore anche eccessivo, o di religiosità bigotta (Medioevo), per ritrovare poi un equilibrio (Rinascimento) che si dovrebbe riuscire a conservare. Ci riusciranno questi giovani, una volta diventati adulti? Noi confidiamo nel Bene supremo al quale tutti, coscientemente o inconsciamente, tendiamo, e cerchiamo di applicare, anche oltre ogni ragionevole dubbio, l’esercizio della positività!
In seguito a difficoltà esistenziali che mi opprimono con una certa forza e insistenza ultimamente, pur opponendovi costanti esercizi di concentrazione, mi trovo in difficoltà. A questo riguardo, ho riletto il secondo esercizio di Guarire con il pensiero, “Il rilasciamento”, e vorrei provare ad eseguirlo ogni giorno per parecchio tempo. Sarei molto grato, siccome mi sembra di non averlo compreso del tutto, se mi poteste aiutare nella sua comprensione, o anche semplicemente se mi diceste come eseguirlo.
Mauro M.
C’è qualcuno che in questo periodo non abbia avuto difficoltà esistenziali? Non lo crediamo, soprattutto per chi segue una Via spirituale. E dunque, l’abbandono al Divino, che è il senso del “rilasciamento”, come lo descrive Massimo nel capitolo della “Guarigione”, è il grande aiuto che il nostro Maestro ci dà. Si tratta di considerare i problemi che ci assillano, le ingiustizie che subiamo o i dolori che ci accasciano, guardandoli con obiettività, senza lasciarci trascinare da essi compiangendoci, sentendoci vittime, ma offrendo il dolore che essi ci procurano alla Divinità, con la sicurezza che il karma ci porta incontro ciò che ci occorre per fare qualche passo in piú. È il superamento della brama egoica, la quale ci suggerisce che non sia giusto subire ma che occorre trovare la forza in noi per ribellarci. Farlo sarebbe fortemente arimanico e non ci aiuterebbe nell’avanzare sul sentiero che stiamo percorrendo. Affidarci invece volontariamente al Divino, accettando tutto ciò che ci arriva come una prova da superare, ci fa sentire che siamo nel giusto, che non ci nutriamo di quel senso di rivendicazione istintivo che ci avvelena. Dobbiamo togliere “il pungiglione” al dolore. Accettare le difficoltà significa già in parte superarle. Va molto bene fare l’esercizio della concentrazione, quello non va mai abbandonato, anche se per pochi minuti quotidianamente, ma questo è qualcosa di diverso: è un affidarsi nelle mani del Mondo spirituale con un atto di volontà cosciente. Un annullarsi nell’ego per rinascere nell’Io. Non c’è bisogno che l’esercizio sia fatto per lungo tempo. È l’intensità che si deve ottenere, la qualità non la quantità. Basta un quarto d’ora di serio impegno, per ottenere il giusto atteggiamento interiore e riportare alla effettiva dimensione quanto ci affligge e che ci appare insormontabile. Se noi ci abbandoniamo al Divino, ci accorgeremo di quanto il Divino può aiutarci. C’è un detto proverbiale di antica sapienza popolare che recita: “Aiutati che il Ciel t’aiuta”. In questo caso l’aiuto deve essere il totale e volontario affidamento al Cielo, che saprà darci l’aiuto al momento opportuno e nel modo piú adatto a noi.
Dagli anni 2009 e saltuariamente fino al 2020, con il prezioso ausilio delle due ottime traduttrici, Giovanna Scotto e Angiola Lagarde, abbiamo completato la pubblicazione del ciclo O.O. N° 52 dal titolo Psicologia spirituale dell’anima e meditazioni sul mondo. Pensiamo di fare cosa gradita nel mettere il testo in PDF a disposizione dei nostri lettori al link: “Psicologia spirituale”