Premessa
La Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero stabilisce che attraverso i cinque esercizi ed in particolare attraverso l’esercizio fondamentale della concentrazione su un unico oggetto (in sanscrito Ekagrata ) è possibile liberare il pensiero dai sensi, quindi risolvere i dualismi bene-male, le brame, ogni conflittualità, costruire un proprio corpo sottile (eterico) per immergersi nel mondo degli archetipi e successivamente vivere l’esperienza della beatitudine del Verbo-Logos secondo gli insegnamenti del Cristo e con il riconoscimento e il supporto di Gerarchie angeliche superiori riconducibili all’Arcangelo dell’Aria Mik’ael, colui che è come Dio.
In realtà il moderno asceta può beneficiare in modalità facilitata di molto, molto di piú. Nel flusso volitivo mentale sull’oggetto della concentrazione, il tipo umano moderno può attivare immanentemente e contestualmente all’esercizio di concentrazione, la Shakti divina (che la tradizione tantrica associava al serpente kundalini), la Forza creatrice dell’universo, e potrà farlo in uno dei tre centri energetici principali (noti anche come Tan Tien): Testa, Cuore, Ventre. È importante, dice Scaligero, esercitando le tecniche di visualizzazione e respirazione nel perimetro del magismo solare (Magia solare), ricondurre dapprima la Shakti attiva nel centro della Testa per poi verticalizzarla lungo la colonna vertebrale eseguendo gli esercizi secondo il Canone della Scienza dello Spirito.
Questa opportunità ascetica moderna è sostanzialmente differente dalle tecniche dell’uomo protoario, che attraverso metodiche di Yoga Tantrico e modulazione di mantram faceva risalire l’energia kundalini dal basso verso l’alto lungo i sette chakra, e che con ulteriori esercizi avanzati di Yoga Regale associava il raggiungimento del chakra della Corona con lo stadio ascetico del samadhi. In sostanza nessuna operazione ascetica di ordine superiore è concessa senza il propedeutico risveglio della Shakti divina nel corpo dell’asceta.
L’antico asceta doveva pertanto padroneggiare sia le tecniche del risveglio della Forza-Shakti, sia le tecniche del Pensiero tipiche dello Yoga Regale. Il moderno asceta è facilitato da questo punto di vista perché costituzionalmente, con l’esecuzione dei cinque esercizi fondamentali dati da Steiner e ribaditi da Scaligero, realizza immanentemente un campo unificato di Forza-Pensiero-Sonorità che può condurlo ad immergersi nel Verbo-Logos. Affronteremo ora in sintesi gli aspetti fondamentali dello Yoga Regale.
Lo Yoga Regale
Lo Yoga classico o Regale (Raja Yoga) ci riconduce alla scuola induista di Patanjali, che si pensa vissuto intorno al V sec. a.C. Tale yoga consente di comprendere gli aspetti fondamentali dell’analisi dei semi di meditazione (Bija) e chiarisce quei processi meditativi che sono alla base del raggiungimento dell’Illuminazione divina per il tipo umano dell’epoca.
Il principio che sta alla base della scuola classica di yoga indiano è quello di compiere una realizzazione del Sé con un metodo di abbandono della realtà oggettiva ed un’ascesa verso il divino attraverso il superamento di 7 stadi di coscienza che vanno dal primo livello fisico oggettivo della realtà sino alla Mente di Dio o Mente Universale, attraverso un processo di soppressione delle modificazioni mentali basato su un seme iniziale oggetto della meditazione, un’astrazione sul seme e successivamente il raggiungimento dell’archetipo che, secondo i maestri Indú, si trova al limite della Mente Divina. Come dicevamo, per raggiungere tale situazione si deve operare un’azione preliminare di soppressione delle modificazioni mentali che determina il cosiddetto “Veggente”. Negli stati diversi dalla veggenza vi è assimilazione del Veggente alle modificazioni della mente (citta-vrtti).
Secondo Patanjali le modificazioni della mente sono di 5 tipi e sono dolorose e non dolorose; possono cosí riassumersi:
- retta conoscenza ossia cognizione diretta basata sull’inferenza e sulla testimonianza
- conoscenza erronea ossia la falsa concezione di una cosa la cui forma reale non risponde a tale concezione
- fantasia ossia immagini evocative senza contenuto ma reali
- sonno ossia modificazioni mentali senza contenuto
- memoria ossia permanenza nella mente di ciò che è stato esperito.
La soppressione delle modificazioni si ottiene mediante particolari tecniche e il non attaccamento o distacco verso ciò di cui viene fatta esperienza. Quindi dapprima è necessario sviluppare uno stato di non modificazione mentale (citta-vritty-nyroda), tale processo volitivo è noto come abhyasa che diviene fermamente fondato quando lo si prosegue per lungo tempo. L’indifferenza per gli oggetti reali fisici e non fisici conduce alla consapevolezza della padronanza dei desideri ossia il vairagya attraverso la capacità discriminatrice o viveka. Perseverando nella tecnica di soppressione delle modificazioni mentali si arriva al vairagya supremo, dove si ha consapevolezza dell’essere umano (purusha) e vi è la cessazione anche del piú minimo desiderio dei sensi (guna). Tendenzialmente l’utilizzo della capacità di riflessione, speculazione logica ed inferenza unite alla beatitudine dell’essere, portano al cosiddetto samprajnata samadhi ad esso si contrappone l’asamprajnata samadhi. La parola sanscrita prajna significa la coscienza che opera attraverso la mente ai livelli piú alti di conoscenza, nel samprajnata samadhi si parte da un seme o pratyaya nel campo del primo livello di coscienza raggiunto, sul punto centrale d’espansione, dal quale si protrae poi verso l’esterno in un successivo livello di coscienza, l’operazione prosegue per tutti e sette i livelli. La coscienza dunque opera per stadi contigui di raffinamento, ciascuno con un proprio centro gravitazionale e differente livello di etericità interna, sino ad arrivare al massimo grado di Illuminazione. La successione di samprajanata e asamprajnata conducono verso questa Illuminazione. Anche qui ritroviamo il respiro cosmico a livello di coscienza con espansione e ritenzione verso centri sempre piú rarefatti di polarizzazione dell’Io, in cui si sperimenta il vuoto del samadhi o nuvola. Innestando per sequenze successive un seme in prossimità del centro di gravità (o polarizzazione) raggiunto, si arriva ad una separazione totale dal mondo esterno sino a raggiungere Atman o nuvola di piú alto livello, conosciuta col nome sanscrito dharma-megha. L’analisi del seme di meditazione è in rapporto con la visione cosmologica indú e taoista, infatti l’Universo manifesto passa da stati non manifesti o potenziali dell’energia primordiale intelligente a stati manifesti a piú livelli di etericità (prakrti) in un eterno respiro cosmico o atto sessuale che vede sostanzialmente il deposito di un seme con tutte le caratteristiche di cosmogenesi già riassunte al suo interno sino alla manifestazione in potenza o prakrti-Shakti.
Per gli indú il samadhi è vicino a coloro il cui desiderio è grande ed intenso, tuttavia è funzione delle capacità individuali messe in atto durante gli sforzi di raggiungimento, e comunque è essenziale un completo abbandono a Dio, all’Ishvara, che può identificarsi con il Logos Solare della tradizione esoterica occidentale, quest’ultimo non influenzato dalle leggi del Karma e dei Klesa (afflizioni). In Lui è il limite supremo dell’onniscienza fuori dai confini spazio-temporali, può essere designato dalla vibrazione primordiale OM ripetuta piú volte con costanza ed in meditazione per il samadhi (japa). L’attualizzazione della potenza racchiusa in un mantra o pranava dipende dalla ripetizione e/o nel controllare coscientemente la mente (bhavana). Esistono due processi contigui di samadhi, ciascuno dei quali si compone di piú stati successivi, il primo processo è il sabja samadhi ed il secondo è il nirbja samadhi; il primo è un samadhi con seme o bija, in ciascuno degli stati di samprajnata samadhi si pone un seme oggetto del processo di samyama volto a scoprire la realtà intima degli oggetti della realtà e del pensiero. Il samprajnata si suddivide in quattro fasi che corrispondono ai quattro stati dei guna o quattro veicoli della coscienza.
Il samyama è molto importante dal punto di vista della analisi mentale del seme posto, e generalmente parte da oggetti elementari o simboli appartenenti alla realtà delle forme, che vengono successivamente esperiti per astrazione considerando le qualità e gli attributi che è possibile scoprire secondo un metodo di privazione di involucri successivi dell’oggetto stesso. Il processo si risolve a livello di coscienza.
Ciascuno degli attributi-involucri di significato dell’oggetto può nascondere a sua volta un seme sempre piú astratto, necessario ad espandere successivamente la coscienza a stati di samadhi piú profondi. Il respiro cosciente di samprajnata e asamprajnata è accompagnato dalle tecniche di ionizzazione profonda del pranayama con operazioni di kumbaka (trattenimento del respiro) in prossimità dei momenti di vuoto mentale. A questo punto l’elemento di potenza che potrebbe essere rappresentato da una emissione sino al sahmsara di un flusso kundalini consente di calare la coscienza in profondità e godere dell’Illuminazione divina con conseguente raggiungimento della condizione di Sat-Chit-Ânanda. Questo processo viene ripetuto per tutti gli stati di samprajnata.
Per praticare correttamente il samyama è necessario raggiungere l’archetipo dell’oggetto o del simbolo attraverso una fusione mentale con l’oggetto stesso, che tenda a isolare l’esperienza dal mondo esterno e raggiungere la vera conoscenza. Quando la mente cioè perde la propria soggettività, lasciando posto alla reale conoscenza dell’oggetto, si raggiunge il savitarka samadhi, rovesciando di fatto l’involuzione della coscienza. L’ambito del samadhi che concerne gli oggetti sottili si estende sino alla stato alinga dei guna (ultimo dei quattro stati appartenenti ai tre guna: rajas-tamas-sattva). L’Illuminazione spirituale arriva con l’ultimo stadio del nirvicara samadhi e quindi la coscienza portatrice di verità e del giusto. La conoscenza che si ottiene negli stati superiori è diversa dalla conoscenza per inferenza o testimonianza, poiché quest’ultima si riferisce ad un sottoinsieme di qualità particolari. L’ascetismo, lo studio di sé e l’abbandono al Logos Solare o Ishvara costituiscono lo yoga preliminare (Kriya-yoga), con esso si attenuano i klesa (afflizioni) per la successiva realizzazione del samadhi, Sono dunque i klesa che legano al ciclo di nascite e morti, è possibile risolvere i klesa appartenenti al futuro, distaccando ciò che si percepisce da ciò che viene percepito e guardando alle cose agli eventi nel loro spazio oggettivo. I sensi di percezione(indriya), i veicoli di percezione (bhuta) e gli attributi minimali essenziale all’identificazione di un archetipo (i tre guna nella loro combinazione) costituiscono la natura del conosciuto, mentre la natura del conoscente è pura coscienza, l’unione tra conoscente e conosciuto è determinata attraverso un velo limitato di percezioni e quindi solo la separazione e l’analisi di conoscente e conosciuto mediante il viveka, o discriminazione basata su tecniche yoga, può consentire di risolvere i klesa. L’avidya, o mancanza di consapevolezza, consiste nel prendere per puro o eterno il non-puro o non-eterno, esiste la capacità di fondere il potere della coscienza (purusha) con il potere della cognizione (buddhi) o relativamente con il suo veicolo di espressione (asmita) il grado di asmita ed avidya continuano a crescere man mano che ci si identifica con la materia. È anche per questo che bisogna separare la coscienza dai suoi veicoli, e uno dei mezzi è lo yoga. L’attrazione che accompagna il piacere è il raga, mentre la repulsione che accompagna il dolore è il dvesa; l’abhinivesa è invece il forte desiderio di vivere radicato nella propria stessa energia, questi klesa sono attivi e possono risolversi nella loro origine, ossia ricondurle ai loro semi ed operare attraverso attenuazione (tanu) o inattività (prasupta). L’attività messa in atto prende il nome di pratiprasava, o involuzione, con riassorbimento dell’effetto entro la propria causa. I klesa potenziali possono risolversi con l’esercizio della meditazione e attraverso auto-disciplina di purificazione. Il deposito dei Karma che sono radicati nelle klesa comporta, secondo la filosofia indú, ogni specie di esperienza nelle vite presenti e in quelle future. Ogni anima umana raccoglie con il proprio operato il frutto dei pensieri, dei desideri e delle azioni compiute, durante tale processo di raccolta si attivano nuove cause che porteranno i propri frutti. Tutto questo è registrato nel Karmasaya o Corpo Causale, ricettacolo di tutti i samskara o impressioni risalenti ai nostri pensieri, desideri, sentimenti, azioni. Tale veicolo serve come registratore permanente di tutto ciò che abbiamo pensato.
Il lato oggettivo della manifestazione ha come natura i tre guna (qualità) ossia cognizione, attività e stabilità (sattva, rajas, tamas) e come fine l’esperienza della liberazione.
Rapporto Stati di coscienza / Veicoli o piani di coscienza
Lo stato di veggenza è pura coscienza non modificata dai veicoli, tuttavia quando si manifesta attraverso un veicolo, sembra perdersi nel pratyaya o contenuto seme presente in quel momento nella mente. Non soltanto il pratyaya non è distinguibile dalla coscienza, ma le funzioni del veicolo sembrano svolte dal purusha.
Il distacco dal mondo, tipico del metodo di Patajnali, costituisce però una limitazione, qualora venisse perduta la coscienza delle stato di veglia; per tale motivo, al presente metodo è buona norma integrare il risveglio dell’energia (Shakti) individuale, dove si mantenga memoria della condizione di Essere-Coscienza-Beatitudine, ossia dell’immersione nel Divino in stato di veglia (La triplice via del Fuoco).
Francesco Corona