Sia Rudolf Steiner che Massimo Scaligero hanno espresso una grande prudenza nel consigliare o meno l’uso di una dieta vegetariana. Ciò è dovuto al principio di rispetto della libertà di scelta individuale. Queste le parole di Steiner: «Nella Scienza bisogna avere innanzitutto rispetto per la libertà umana, in modo che non si abbia l’impressione di voler imporre o proibire qualcosa ad una persona, ma che invece le si prospetti la realtà dei fatti quale essa è».
È questo un punto di vista rispettosissimo affinché chi opera una scelta radicale come il cambio di dieta, possa compiere quel passo con la determinazione di una volontà profonda che non giunge dall’esterno ma sia essa una determinazione dell’Io.
Debbo a questo punto far riferimento a una storia vissuta in prima persona. Ho superato due operazioni chirurgiche per un tumore al colon, amici carissimi hanno pregato e meditato per me, ho rifiutato la chemioterapia, mi sono curato con l’Iscador, farmaco antitumorale prodotto nei laboratori antroposofici, ho scandagliato meditativamente nella memoria del mio passato seguendo le indicazioni del dott. Hamer alla ricerca di un evento traumatico scatenante, ho vissuto due anni a contatto stretto con la natura nelle paludi e nei boschi, ho assunto per lunghissimi periodi numerosi altri medicinali come l’Essiac e la Graviola e ho operato un cambio di dieta diventando vegano. Nel prendere anche questa estrema decisione sono andato in contrasto con il medico che mi ha salvato la vita. Che Dio lo benedica, ma nel caso della dieta vegana, ho disobbedito al terapeuta che mi consigliava di rimanere vegetariano. Al momento in cui il malanno è esploso mandando in peritonite l’intestino, io ero vegetariano già da piú di tre decenni ma decisi di troncare ogni rapporto con i latticini e le uova di cui ero ghiotto. È stata questa una libera scelta di cui non mi pento affatto. Scoprii piú tardi che erano proprio i latticini il mio punto debole.
Evidenzio preliminarmente questo aspetto personale per sottolineare l’elemento cardine della volontà individuale nelle scelte riguardanti la dieta.
L’alcol è un problema a parte, ma il principio di libertà rimane intatto. È infatti giusto applicare il principio di tolleranza verso coloro che, lontani da ogni scelta ascetica, con estrema moderazione, magari in un consesso familiare, a tavola bevono un bicchiere di buon vino. Nel caso di chi pratica la concentrazione e la meditazione, nel caso di persone che abbiano intrapreso un vero cammino spirituale, il principio di libertà rimane, ma si deve dire che sull’uso dell’alcol il Dottore sia stato addirittura tassativo con i suoi discepoli. Basti leggere quanto ha riassunto Massimo Scaligero nel Manuale Pratico della Meditazione.
Si noti bene che tale apparente rigidità viene rivolta a chi intraprende una scelta ascetica e meditativa, non all’universo mondo. La regola che appare esteriormente imposta riguarda la volontà o meno di consacrare la propria vita in una particolare direzione: quella dello Spirito.
A Rudolf Steiner fu chiesto un giorno quale influsso potesse esercitare l’alcol su un seguace della specifica via occulta. Egli rispose: «A questa domanda non c’è risposta: infatti, se è un discepolo occulto, non può bere alcol».
Poniamo ora il caso che un gruppo di persone che presuppongano di aver consacrato la loro vita alla Scienza dello Spirito decidano di farsi una “bella bevuta” in compagnia, accompagnando qualche bottiglia di vino buono anche con il cibo. Poniamo anche che la scelta sia operata in un momento di eccezionale convivialità, determinato da una occasione particolare. Questo comportamento, che è assolutamente non riprovevole in una comunità umana primitiva, lontana anni luce dagli esercizi interiori, è inammissibile per chi ha incontrato la Scienza dello Spirito.
Si presuppone che chi abbia iniziato un percorso spirituale in senso antroposofico abbia compreso la potenza e la forza del meditare assieme. È stato detto che nel meditare in piú persone, non si ottiene la sommatoria delle forze ma una elevazione al quadrato delle stesse. Ne consegue che l’apparente leggerezza di condividere l’alcol in un gruppo di presunti asceti, elevi al quadrato l’errore. Quindi operando una scelta di questo genere entriamo nel campo dell’Avversario. Non si pensi che la magia nera sia fatta solo di pentacoli, medianismo e rituali invocanti le potenze oscure. La superficialità intorno a un argomento di questa portata che sostituisca lo Spirito Divino con lo spirito di vino è un atto oscenamente demoniaco. Punto.
Raul Lovisoni