Vi è logica e logica. Vi è una logica, invero, “illogica”, ossia una logica falsa, perché staccata dal Logos, ed è la dialettica. E vi è, invece, una logica vera, una logica autentica, una “logica dell’essenza” – come la chiama Massimo Scaligero – che è la verace logica: quella che scaturisce dal Logos. Solo quest’ultima è vera logica, ed ha il diritto di esser chiamata logica.
Massimo Scaligero nel suo breve scritto, compreso nell’aureo opuscolo La Via dei Nuovi Tempi, Roma, s.d., ma pubblicato nella seconda metà degli anni Settanta del trascorso secolo, con un linguaggio semplice e piano, cosí descrive – ne verrà qui messa in evidenza in grassetto una parte importante – nel capitoletto La Via del Pensiero, a pagina 10, l’essenza della Via solare indicata dalla perenne Scienza dello Spirito per l’uomo di questa travagliata epoca:
«La via “occidentale” di cui sono espressione i cinque esercizi, include in sé e supera quella “orientale”: essa cura che, parallelamente all’addestramento interiore, il discepolo svolga un’energica disciplina del pensare. Ciò dipende anzitutto dal fatto che il pensare è l’attività mediante cui lo Spirito, come Io, ha immediatamente presa nella coscienza. Inoltre il pensare ha una proprietà che le altre facoltà non hanno. Ogni facoltà interiore muove sul piano in cui sorge, senza superarlo, anche se scaturisce da livelli superiori. Si può dire che ogni livello ha le sue proprie percezioni. V’è un’attività, invece, che si muove simultaneamente nei vari mondi. Dal fisico, all’animico, allo spirituale, ed è il pensiero cosciente. Un pensiero logico che sia veste cosciente di una verità, risuona, anche se non lo avverte, nei mondi superiori, come una reale forza. La disciplina da noi indicata addestra prevalentemente il pensiero, trasformandolo in una forza cosciente di ascesa. Il pensiero, divenendo autonomo, si congiunge con le correnti superindividuali del sentire e del volere, costituendo un’unica forza reintegratrice di quel che nell’uomo è originario».
In queste parole, nella loro asciutta sinteticità, vi è l’indicazione e l’essenza dello studio come primo gradino dell’Iniziazione rosicruciana, ossia della elaborazione meditativa e non certo intellettuale dei testi della Sapienza Santa, dei testi della Scienza dello Spirito, nonché della pratica della Concentrazione e della Meditazione. A questo pensiero essenziale – pensiero “logico” secondo il Logos – si contrappone come sua contraffatta caricatura il morto pensiero cerebrale, l’esangue pensiero riflesso, lo stupidissimamente intelligentissimo pensiero dialettico, che di tutto si vuole impadronire senza nulla veramente cogliere, senza nulla voler concretamente afferrare, senza nulla mai voler autenticamente vivere. Per cui, se una parvenza di vita un cotale morto pensiero dialettico deve mostrare, questa è la corrotta vita proveniente dalla sognante sfera emotiva e dalla torpida, guasta ed arrogante sfera della volontà istintiva: zone da millenni fatalmente dominate e manovrate da Deità ostili all’uomo: Deità ostacolatrici e distruttive. E siccome la natura istintiva di ciascuno è al contempo uniforme e varia (mi si passi l’ossimoro), è inevitabile che la soggettività psichica personale di uno venga a contrapporsi a quella altrui, fomentando e accrescendo l’impulso radicale dell’avversione con cui l’Oscuro Signore giuoca e domina il debole, il poco accorto, il non consapevole uomo psichico, sempre piú nevrotico e sempre piú dominato dall’animalità. Infatti, Massimo Scaligero cosí – anche in questa citazione verranno messe in rilievo alcune parole, che il benevolo lettore è invitato a ben meditare – scrive poco oltre, a pagina 11 del suddetto opuscolo:
«La relazione originaria tra concetto e concetto è la reale forza del pensiero e risponde alla reale relazione delle cose, ma il pensiero scisso del razionalista di questo tempo, la sostituisce con la relazione stabilita dall’esterno, che ha la parvenza della verità nella forma logica: onde esistono molte logiche: ciascuno dispone della logica necessaria alla propria limitata verità, che però afferma come tutta la verità. Ed è l’errore. Ciascuno ha la logica del proprio pensiero alienato. La disciplina del pensiero porta invece il discepolo dal pensiero scisso o riflesso, al pensiero che, come forza, vive simultaneamente nel mentale e nel sopramentale, essendo l’essenza delle cose: la logica vera.
L’uomo non è libero, finché non consegua la liberazione del pensiero, o la congiunzione della corrente viva del pensiero con l’Io, secondo il metodo proprio alla «via cosciente», o via occidentale, cui fanno riferimento gli accennati esercizi».
Appare evidente come esista un solo pensiero autentico, un solo pensiero verace, ed è il pensiero che scaturisce dal Logos, e la logica di questo pensare è la logica dell’essenza, proprio perché la sua essenza è il Logos stesso. Pensiero non de-via-to, pensiero vero, e pensiero vivo, poiché solo il Logos poté affermare – ed eternamente afferma – come in Giovanni 12, 44 (che cito dalla Riveduta del valdese Giovanni Luzzi): «Io Sono la Via, la Verità, la Vita». L’altro pensiero, quel pensiero dialettico che ha soltanto la forma logica, ma che è privo di autentico contenuto, è un falso pensiero, ossia non è autenticamente pensiero, bensí è menzogna, una ipocrita menzogna, che ha solo una illudente parvenza di verità. Quindi pensiero s-via-to o de-via-to, pensiero falso, pensiero morto e mortifero: apportatore di morte, perché la menzogna è apportatrice di morte. E il Signore, parlando a scribi e farisei, in Giovanni 8, 44, cosí dipinge l’Oscuro Signore e i suoi assecli: «Voi siete progenie del diavolo, ch’è vostro padre, e volete fare i desiderî del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui. Quando parla il falso, parla del suo, perché è bugiardo e padre della menzogna».
Nell’ultimo incontro che alcuni di noi ebbero con Massimo Scaligero la sera di venerdí 25 gennaio 1980 – dunque poche ore prima che ci lasciasse – egli cosí caratterizzò il mortifero pensare riflesso e dialettico che emana dall’Oscuro Signore: «Arimane mente anche dicendo la verità». Per cui, non è sufficiente che i pensieri siano formalmente corretti, e logicamente ineccepibili, non è affatto sufficiente nemmeno che siano pensieri “antroposofici”, perché sfuggano alla mortifera presa dell’Oscuro Signore. Se sono meri pensieri riflessi, dialettici e cerebrali, se sono al massimo lucifericamente sentimentalizzati, ma non per questo vivi, essi non escono dalla cerchia inesorabilmente dominata dal Signore della Morte.
Occorre vincere la morte, ossia occorre vincere lo stato di morte del pensiero prigioniero nella tomba della cerebralità, ma questo non si realizza senza un aspro e faticoso lottare. A livello spirituale non è concesso vivere di rendita, per cui la liberazione del pensare dalla condizione di abiezione, che è quella del suo servaggio alla corporeità, al sistema nervoso, alla cerebralità, non è un gratuito e comodo dono, ma frutto di duro lavoro e di coraggiosa lotta. Lo stesso Siddhârtha Gautama, il Buddha Śākyamuni, affermava che, sí, gl’Illuminati indicano la Via, ma che poi ognuno la deve voler percorrere e conquistare con le proprie forze. E come dice l’antico adagio: aiutati che il Ciel t’aiuta! Il Mondo Spirituale non aiuta sicuramente gl’ignavi, i pigri, gli opportunisti, i vili. Per questo scomodo ma eccellente motivo, la Via del Pensiero donata da Rudolf Steiner, e che Massimo Scaligero ha rimesso al centro come filone aureo dell’eterna Scienza dello Spirito, non può essere altro che la “Via del sublime eroismo”, perché in essa il discepolo lotta coraggiosamente contro lo stato di morte dell’anima, lotta temerariamente contro distruttrici Deità ostacolatrici, delle quali sfida e vince l’infero potere mortifero.
Un libro come La logica contro l’uomo di Massimo Scaligero, stampato per la prima volta nel 1967 dalle Arti Grafiche Scalia per la prima editrice Tilopa, è un libro d’Iniziazione. Proprio nel senso “tecnico” del libro di Rudolf Steiner Iniziazione. Come si consegue la conoscenza dei mondi superiori? Tutti i suoi libri in realtà lo sono, e solo questo vogliono essere. E, da sempre, l’Iniziazione è stata, ed è tuttora, come negli Antichi Misteri della nostra Età Classica, un affrontare e vincere la prova della morte. Certo, La Logica non è affatto un libro facile, come facile non è e non può essere l’Iniziazione, e come facile non è neppure la vita, per chi veramente voglia vivere vivo e non morto. Un libro come La logica contro l’uomo è un libro che esige moltissimo dal lettore: esige ch’egli sia un praticante interiore, un asceta operante. Massimo Scaligero lo scrisse in modo che il lettore dovesse fare nel percorrerlo, pensiero dopo pensiero, il giusto e necessario sforzo. Il leggerlo more rosicruciano, ossia concentrativamente, meditativamente, deve essere per il volenteroso lettore, appunto, una forma di àskesis, una forma di ascesi, che deve dar luogo ad un allenamento interiore, deve realizzare una fisioterapia delle forze infiacchite o paralizzate dell’anima troppo torpidamente adagiata nella vita corporea, troppo preda nel sistema nervoso e della cerebralità, troppo ipnotizzata dalla falsa concretezza dell’apparire sensibile: di quella illudente irrealtà che gli Orientali chiamavano mâyâ. La logica contro l’uomo di Massimo Scaligero è un libro d’Iniziazione che, come negli Antichi Misteri, vuol far attraversare al discepolo la kàtharsis o purificazione, il photismòs o illuminazione, e l’ènosis o unificazione con l’Uno, con il Logos, che è il risultato autentico della teletè o compimento, o perfezione (nel senso classico di perficere), ossia – latinamente – l’Iniziazione.
Un tale libro non si può dire certo che sia stato amato negli ambienti antroposofici, e lo è stato abbastanza poco anche – salvo le non molte eccezioni che è giusto riconoscere – all’interno di quella “Comunità Solare” alla quale Massimo Scaligero donò, consacrò, per una vita tutte le sue forze. Un sintomo doloroso di una tale incomprensione da parte del milieu antroposofico “ufficiale” – e dispiace doverlo rilevare – è la recensione che apparve sulla rivista antroposofica tedesca Die Drei, nel n° 7 del 1992, da parte di Renatus Ziegler, recensione che, tradotta, fu pubblicata una trentina di anni fa anche nella rivista milanese Antroposofia. La recensione dello Ziegler mostra, purtroppo, tutta l’incomprensione cui può portare un partito preso nato da un pregiudizio. Si può veramente dire che allo Ziegler, per tale motivo, sia davvero sfuggito l’essenziale.
La Logica di Massimo Scaligero era apparsa in tedesco col titolo Die Logik als Widersacher des Menschen. Der Mythos der Wissenschaft und der Weg des Denkens, tradotta da Georg Friedrich Schulz, e con l’introduzione di Michael Kirn, edita dalla Verlag Urachhaus di. Stoccarda nel 1991.
Si può considerare, invece, una felice eccezione quanto scrisse Karen Swassjan nella sua recensione, pubblicata a Dornach su Das Goetheanum nel febbraio 1992. In essa lo studioso armeno, normalmente residente a Basilea, mostra una rara spregiudicatezza conoscitiva, un’ampiezza ed una profondità di vedute invero non frequenti, e vale la pena di ripropor tale recensione ancora una volta alla lettura e alla riflessione del ricercatore spirituale. Essa – tradotta alla lettera – cosí suona:
“Un libro conforme allo spirito delle origini”: Massimo Scaligero, La logica come avversaria dell’uomo (Die Logik als Widersacher des Menschen).
La reincarnazione dei libri esiste. Forse cosí si dovrebbe comprendere il vecchio detto “habent sua fata libelli” (anche i libri hanno il loro destino), sebbene questa verità non sembri esser stata presa in considerazione fino ad oggi. Chi avrebbe l’audacia di scrivere oggi una storia della filosofia come una sequenza ritmica di incarnazioni di una determinata serie di libri? Per esempio, partendo da De principiis di Origene circa il suo ulteriore destino in De divisione naturae di Erigena, in De vita rerum naturalium di Paracelso, nelle Opere scientifico-naturali di Goethe, fino a La filosofia della libertà di Rudolf Steiner. Il passaggio a una tale storia della filosofia, considerato sotto l’aspetto scolastico e tradizionale, verrebbe senza dubbio accompagnato dalla sensazione, come la dovrebbe vivere un botanico, quando questi venisse liberato su un prato in fiore dopo una lunga reclusione in un deposito di legname. Non è un caso, che io abbia scelto la sopraccitata serie di libri. La stupefacente opera di Massimo Scaligero mi ha riempito di sicurezza, già dalla prima pagina, che quella serie di libri è stata continuata nei nostri tempi, e se non oso definire questo libro una diretta incarnazione fisica del capolavoro (chef d’oeuvre) di Rudolf Steiner, ne garantisco però senz’altro la connessione eterica (i grandi libri, come le grandi individualità, non si incarnano sempre nel fisico, ma si accontentano anche di un’esistenza eterica o astrale). Forse non ha molto senso presentare tali libri, nel senso di volerli interpretare con parole proprie. Leggendo ci si deve immergere profondamente in essi, e solo allora portarli fuori, non con una propria interpretazione, bensí con i propri pensieri trasformati. Lo dico senza tanti preamboli: l’impressione era inaspettatamente sbalorditiva. La grande filosofia mi sembrava veramente, secondo il testo di Husserl La crisi delle scienze europee… una “per-sempre-addormentata”… Lo stesso Heidegger, malgrado tutti i suoi talvolta sorprendenti raggi di luce, aveva l’aspetto di una cupa mistica nuvola, che copre il gigantesco e direi quasi già invisibile sole. Il libro di Scaligero mi ha accecato nel vero senso della parola, non come un bagliore arabico-newtoniano di un conglomerato meccanico, ma con quella fonte di vita alla maniera di Goethe o di Giovanni. Poi mi venne in mente che non si trattava per niente solo di un’opera filosofica, bensí di un libro-mistero, di una specie di Iniziazione nel sacramento del pensiero. Il titolo del libro, stranamente, non corrispondeva al suo pieno contenuto: “La logica come avversaria dell’uomo” (con una visibile reminiscenza di “Lo spirito come avversario dell’anima” di Klage, secondo me un’allusione superflua, che del resto manca nel titolo originale La logica contro l’uomo), questo concordava solo con la prima parte del libro, ma non alludeva per niente alla seconda, in cui si tratta della trasformazione della logica divenuta morta in una “logosistica” e in cui, quindi, il confronto passa organicamente all’armonia generale: la logica per l’uomo.
Sí, un libro-mistero che conduce il lettore attraverso gli infiniti riti dell’orrore della moderna mancanza di pensiero e lo porta sulla via del pensare. La prima parte – “Il mito della scienza” – sembra essere proprio una specie di kamaloka dell’attuale filosofia, in cui l’idolo cartesiano-kantiano che si è appropriato da usurpatore tutti i diritti sull’Io, in una sorprendente panoramica degli eventi postumi è dato alla purificazione di sé. È significativo che la struttura stessa della prima parte è stata trattata, direi quasi, in modo regressivo, cominciando dall’immagine totale delle forme logiche del declino interiore fino al punto di partenza del realismo ingenuo codificato: la nuova logica analitica. In fondo si potrebbe definire tutta questa prima parte anche come una logica e concreta realizzazione delle raccomandazioni che purificano il pensare nella teoria della conoscenza di Rudolf Steiner (del “Maestro dei Nuovi Tempi”, come è chiamato nel libro di Scaligero). Si richiamino alla memoria queste raccomandazioni: «Se ora si dice: elimino tutte le definizioni mentali conseguite mediante la percezione della mia visione del mondo e trattengo solo quello che appaia all’orizzonte delle mie osservazioni senza che io faccia qualcosa, allora ogni malinteso verrà escluso» (Verità e scienza). E ancora: «Se si vuole veramente comprendere il conoscere in tutta la sua reale entità, si deve indubbiamente comprenderlo anzitutto dove è esposto al suo inizio, dove comincia» (sic). Questo suona estremamente semplice e chiaro, ma solo colui il quale ha provato a realizzare quel che è stato detto, sa quale enorme abisso sta nascosto dietro a queste parole. Qui la teoria della conoscenza sperimentò per la prima volta una valenza di mistero iniziatico, perché non posso definire diversamente queste affermazioni di Rudolf Steiner se non come la preparazione del pensiero (in fondo l’abitudine agendo solo come pilota automatico di frasi fatte) all’incontro con il Guardiano della Soglia e la sua vera scaturigine, dov’è attribuito al pensiero incantato da una nomenclatura narcotica, di riconoscere la sua origine in un alto grado angelico. Quindi era quello che era stato espresso in maniera metodicamente cosí dura in questo libriccino Verità e scienza, implicante nient’altro che l’Iniziazione attraverso la morte – la morte di tutte le definizioni pensanti raggiunte tramite la conoscenza – e una riduzione della coscienza al grado zero, cioè a tale vuoto originario secondo cui la conoscenza non poteva essere nessuna sciocchezza di tutti i generi di sistemi e discorsi, bensí solamente un esame eseguito davanti alle Gerarchie, ed una licenza per collaborare con loro alla creazione continua del mondo. In questo modo trovo il motivo per cui il filosofo Rudolf Steiner è stato logicamente passato sotto silenzio dai filosofi del XX secolo – accoglierlo, seriamente parlando, significherebbe pronunciare irrevocabilmente su se stessi una condanna a morte. Forse Husserl era l’unico che osò questa purificazione della coscienza dalle stalle di Augia – stranamente senza avere una pallida idea di Rudolf Steiner e partendo soltanto da una fonte di verità profondamente sentita (del resto a questo punto sarebbe importante seguire la sua relazione intellegibile attraverso la ‘mediazione’ di Franz Brentano). Ma Husserl stesso non si decise ad andare fino in fondo rispetto all’inizio – in modo bello e profondo ha parlato di ciò Michael Kirn nella sua introduzione al libro di Scaligero. Nel sopraccitato libro, questa grande autopurificazione del pensiero si è ora realizzata in modo radicale (“radicale fino al delitto”, come avrebbe detto Nietzsche). Comunque io temo che anche questo libro sarà circondato dal complotto unanime dell’occultamento filosofico. I filosofi si sono abituati strettamente al “comfort” e alla “praticability” del pensare. Se gli psichiatri americani, svolgendo un incarico del rettore di un “college”, sono riusciti a diagnosticare come… schizofrenico l’autore della Fenomenologia dello Spirito, che cosa resterebbe da dire sul probabile destino in questo mondo del libro di Scaligero? Non si dovrà tuttavia perdere la speranza. Non è da escludere che un bel giorno appaiano altri psichiatri profondi, la cui diagnosi sarà totalmente contraria, pressappoco nel modo seguente: tali libri, come quello di Scaligero, non sono per niente trattati filosofici, bensí una “conditio sine qua non” della salvezza animica. Chi rifiuta la purificazione offerta da essi e la Via, si condanna a priori al cretinismo, dal quale nessuna cattedra e nessun premio Nobel potrà salvarlo. Experto crede!
Karen Swassjan
Questa recensione è uno scritto che allarga il cuore, proprio perché proviene da uno studioso non direttamente connesso con la Comunità Solare impulsata da Massimo Scaligero, e che tuttavia ha mostrato di possedere una spregiudicatezza conoscitiva ed un coraggio davvero notevoli. A tale proposito, viene davvero da pensare a quel che è possibile leggere nel Vangelo di Marco 9, 38-40, ove il Signore cosí rispose ad uno dei discepoli, il quale gli diceva:
«Maestro, noi abbiam veduto uno che cacciava i demonî nel nome tuo, il quale non ci seguita; e glielo abbiamo vietato perché non ci seguitava». Ma Gesú disse: «Non glielo vietate, poiché non v’è alcuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e che subito dopo possa dir male di me. Poiché chi non è contro a noi, è per noi».
L’autore di questa bella recensione è Karen Araevič Svas’jan (cosí viene traslitterato scientificamente dai glottologi il suo caucasico nome), nato il 2 gennaio 1948 a Tblisi in Georgia, ma è di origine armena, e si è formato ad Erevan in Armenia, ove ha studiato filosofia, filologia inglese e francese, e si laureò con una tesi sul filosofo francese Henri Bergson. Divenne professore di Filosofia, Storia della Cultura ed Estetica all’Università Statale di Erevan, la capitale dell’Armenia. Egli curò anche la prima traduzione postsovietica delle opere di Friedric Nietzsche, nonché traduzioni di Oswald Spengler (Il tramonto dell’Occidente) e di Rainer Maria Rilke (I sonetti ad Orfeo).
Lo Swassjan negli anni 1993-1994 collaborò come ricercatore con la Alexander-von-Humboldt-Stifung di Bonn in Germania, fu “professore ospite” (Gastprofessor) all’Università di Innsbruck in Austria nel 1997, e dal 1993 vive in Svizzera, a Basilea, ove opera come scrittore e docente.
Quel che colpisce della recensione di Karen Swassjan, è l’aver egli còlto il lato “misterico”, e concretamente operativo de La logica contro l’uomo di Massimo Scaligero. Libro che mi è sommamente caro perché fu, assieme a Rivoluzione. Discorso ai giovani, il primo libro che mi donò l’amico L., libro che fu per me motivo della mia connessione con la Via Solare, e soprattutto con chi con immensa generosità ed abnegazione tale Via stava donando al mondo. Su richiesta di Massimo Scaligero, tenni, per quattordici anni, nella mia città un gruppo sulla Logica contro l’uomo, che mutò il destino di molti giovani. Davvero posso attestare che – come mi disse una persona a me moltissimo cara – colui che ti ha fatto conoscere Massimo Scaligero è il tuo piú grande amico: colui che ti ha fatto il piú grande dono!
Vorrei proporre, per la sua estrema importanza, al benevolo lettore la meditazione ripetuta e approfondita di tre capitoli della Logica. Sono, nell’ordine, nella prima parte del libro, Il mito della scienza, il capitolo intitolato “Il problema a cui si sfugge”; nella seconda parte, La via del pensiero, il primo capitolo “La ricerca dell’Io”, e il quinto ed ultimo “L’«Io Sono»”. La meditazione – ripetuta e approfondita – di questi tre capitoli della Logica ha un valore formativo fondamentale sulla maturità dell’anima, valore che difficilmente potrebbe essere esagerato, e che quindi non può, e non deve, essere affatto trascurato.
Voglio porre termine a queste considerazioni con quanto scrive Massimo Scaligero, alle pagine 269 e 270 in chiusura della Logica:
«Coloro che cercano il vero, cercano lo spirito: se cercano lo spirito, cercano l’Io. Ma non possono giungere all’Io, se non conoscono il suo essere come presenza che di sé rende conto, in quanto rende conto di ogni assunzione di verità.
Soltanto il Logos può dire di sé «Io sono». L’Io sono è il nome del Logos, come l’Io è il nome che solo colui che lo pronuncia può dare a se stesso. Coloro che giungono all’Io trovano come fondamento dell’Io il Logos, onde possono dire: «non Io, ma il Logos in me», che è la libertà vera, non facendo leva su alcuna condizione, ma sul fondamento. Identificati con il quale, possono operare nel mondo.
Coloro che volgono alla ricerca del Logos possono attuare sulla terra la fraternità, perché dall’intimo dell’anima sono uniti, secondo la parola vera dell’Io, nel principio che di sé può dire: «Io sono».
Hugo de’ Paganis