È arrivata la Pasqua. È finito il tempo del tradimento, non solo quello di Giuda, ma quello degli Apostoli – escluso Giovanni – e anche di tutta la popolazione di Gerusalemme, che dopo aver acclamato il Cristo Gesú agitando i rami di palma e proclamandolo “Colui che viene nel nome del Signore”, hanno preferito Barabba a Lui, condannandolo alla crocifissione. «Crucifige!» incita la folla, come riporta la recita del Passio nella domenica della Palme.
È finito il tempo dell’agonia e della morte. Questo è il tempo della Resurrezione. Tutta la natura intorno a noi lo rivela, nelle fioriture ovunque, nei campi e sui balconi in città, nel volo delle rondini che tornano al nido dopo il lungo viaggio dai paesi caldi. Anche nei nostri cuori qualcosa accade, a volte impercettibile, altre incontenibile: c’è un canto dentro di noi che, se ci fermiamo ad ascoltarlo, sale e ci spinge a un cambiamento, a una diversa percezione di quanto ci circonda, degli ambienti e delle persone.
I problemi che ci assillano ci sono sempre, è vero, ma possono essere visti in maniera diversa. Tutto è risolvibile, se riusciamo ad attuare una profonda accettazione del karma, se il nostro atteggiamento verso gli altri e verso le situazioni cambia in positivo. L’atmosfera intorno ci suggerisce la positività: il buio invernale cede al chiarore primaverile. Cosí qualche oscurità della nostra anima deve essere rischiarata da un impulso nuovo alla chiarità nei rapporti, alla fioritura di una nuova disposizione all’accordo. Non importa se apparentemente cediamo: in realtà chi cede è sempre il vero vincitore, e la ricompensa arriva. L’abbiamo sperimentato altre volte, sappiamo che è cosí, ma nonostante questa consapevolezza, fatichiamo ad ammetterlo e restiamo sulle nostre posizioni, perché siamo sicuri di avere ragione. L’amorevolezza però supera le ragioni, e risolve le questioni.
«La routine della casa mi uccide!» scrive in tono drammatico una lettrice casalinga. Possiamo provare a vivacizzarla, questa routine, dando un nuovo contenuto ai gesti ripetuti che si compiono rifacendo i letti, spazzando o lavando in terra, spolverando, facendo il bucato, la spesa, cucinando e apparecchiando per la famiglia. In ogni gesto inseriamo il raggiungimento di un fine che ci siamo proposti e che sembra lontano: questo lavoro abbrevierà il tempo di ottenimento di quel risultato, quest’altro lavoro ha come scopo l’ottenimento di un diverso risultato. E nella ripetizione recitare un mantra, o una preghiera. Provare per credere: ogni fatica viene alleviata, ogni noia superata.
«Lo stretto contatto con i colleghi di lavoro mi causa stress. È una continua lotta per superare l’altro, per ottenere quei risultati ottimali che ci si aspetta da me e che gli altri sembrano raggiungere senza sforzo, mentre per me è una fatica improba…» scrive scoraggiato un lettore. Secondo la nota frase del Metastasio divenuta proverbiale: «Se a ciascun l’interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai che invidia fanno ci farebbero pietà!». Forse il collega brillante, che apparentemente non fa sforzi, passa le notti insonne per trovare quel risultato che mostra di raggiungere con facilità.
Come accade alla danzatrice classica, che piroetta sorridente sulla punta del piede e sembra volare con leggerezza e senza sforzo, ma che quel risultato l’ha ottenuto con prove difficili, ripetute all’infinito, con l’alluce dolorante, spesso ferito, sanguinante e incerottato.
Cosí come guardiamo con ammirazione la danzatrice, riserviamo un tributo di stima a chi ha ottenuto nel suo lavoro quel risultato che ancora non siamo riusciti a raggiungere noi. Togliamo quella punta di invidia o di gelosia che ci spinge a detestare il collega piú bravo. Il suo esempio deve spronarci a migliorare: qualunque cosa lui abbia saputo ottenere, ci dimostra che possiamo farlo anche noi. Dobbiamo apprezzare ogni modello virtuoso. Altrimenti perché veneriamo il nostro Maestro? Lo facciamo perché egli ci dimostra che una persona può arrivare a quel livello, e se per lui è stato possibile, significa che, prima o poi, con la volontà, la dedizione e il sacrificio, potremo farlo anche noi!
La resurrezione dei rapporti umani, questo dobbiamo prefiggerci. Genitori che non riescono a dialogare con i figli; mogli inaridite perché si sentono trascurate o tradite dai mariti, rendendo cosí insopportabile l’atmosfera in casa e peggiorando la situazione a detrimento di ogni convivente; donne o uomini in carriera che trascurano la famiglia, considerata un fastidioso peso da cui evadere. Tanti sono gli esempi che possiamo fare.
Tutto però è superabile con un allenamento che proprio la Scienza dello Spirito propone: l’esercizio della positività. Conquistiamo con la ripetizione perseverante di questo esercizio una propensione alla gentilezza, all’armonia, all’imparzialità, alla disponibilità ad ascoltare l’opinione dell’altro anche se discordante dalla nostra. Da tutti, anche da un concorrente che tanto ci infastidisce, possiamo imparare qualcosa.
Nel periodo pasquale è importante iniziare a porsi verso gli altri in modo diverso, rinnovato, con un atteggiamento che le persone intorno devono notare, con meraviglia, con gioia. Allo stesso modo in cui la natura rifiorisce, deve rifiorire la nostra anima, il nostro carattere deve illuminarsi, abbandonare il grigiore invernale per assumere i colori della primavera. L’impegno al rinnovamento darà un nuovo impulso anche al fisico, che ne risulterà rinforzato, persino migliorato esteticamente. E anche la nostra disciplina interiore potrà avere una trasformazione. Quell’applicazione agli esercizi, che sappiamo necessaria ma che spesso è solo ripetitiva, senza slanci, può diventare un momento pieno di emozione, un appuntamento cui pensare nelle ore di lavoro come di un incontro con l’essere del Cristo, che è lí ad attenderci, ancora sul Golgotha ma libero dal patibolo, trasfigurato nella sua veste eterica.
Insegna Rudolf Steiner che è essenziale per gli esseri umani raggiungere la comprensione reciproca, attraverso la quale in futuro s’instaurerà finalmente la vera pace. Egli afferma: «Questa pace è l’anima del nuovo mondo. E l’antroposofia deve condurre gli uomini a quest’anima che, sotto forma di Scienza dello Spirito a disposizione di tutti gli uomini, dovrà dominare sulla Terra intera». Egli dice ancora che il Maestro Gesú, colui che duemila anni fa ha accolto in sé il Cristo, torna continuamente sulla Terra con un breve intervallo di soli dodici anni tra una incarnazione e la successiva. Nel ciclo Il cristianesimo esoterico e la Guida spirituale dell’umanità (O.O. N° 130) è scritto: «Coloro che hanno la missione di agire nell’àmbito del movimento scientifico-spirituale, come esecutori testamentari di quanto, grazie al Mistero del Golgota, fluisce nell’umanità, sanno che Gesú, il quale albergò in sé il Cristo, si reca ogni anno, nel periodo della Pasqua, nel luogo dove il Mistero del Golgota si compí. È indifferente che Gesú sia o non sia incarnato: ogni anno egli si reca in quel luogo, e lí possono congiungersi con lui i discepoli che hanno raggiunto la maturità».
Prepariamoci dunque a fare anche noi questo pellegrinaggio, pur se solo in Spirito, verso il luogo del Mistero, verso la Resurrezione. Il momento drammatico che la nostra società sta vivendo, ci deve spingere a un profondo mutamento: non solo a “mutare mente”, ma anche ad esercitare una rinnovata volontà e a trasformare il nostro cuore. A risorgere con il Cristo!
Marina Sagramora