Liriche e arti figurative

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Liriche e arti figurative

 

Carmelo Nino Trovato «Le porte regali – La sfera»

Carmelo Nino Trovato
«Le porte regali – La sfera»

 




 

Resistenze

 

Fiorellino giallo

 

Accetta e piega la corolla fiera

di petalo giallo la folata maligna

che ingiuria radice stretta

a ghermire la terra.

 

Natura potente nutre e difende

l’esile stelo e umile e grato

regala i colori della sua

poca esistenza.

 

Racconta sereno il piccolo fiore

del navigare umano

nel mare terreno

che una facile brezza serale

ne sradica l’àncora.

 

Cosí sono fatti gli ormeggi

del mondo e di terra: il docile asseconda

la vita e colora, il forte cede all’intemperia

d’Amore appassendo.

 

 

Marcello Sebastiani

 




 

Arcobaleno tra le ciglia

 

Ho trovato la mia pietra

e il mio sole parla,

basso, sulla collina,

ma ancora abbiamo

infiniti minuti

d’amore, ora,

e i raggi bassi

mi fanno arcobaleni

fra le ciglia

Poi tutto scomparirà.

Ancora.

 

 

Stelvio

 




 

Viandante

 

Non credo

alla superficiale

e grottesca

rettitudine

di alcuni viandanti

di questo mondo,

che credono

all’innocenza

solo come difesa

personale,

per scrollarsi

di dosso

ogni responsabilità

della propria

mancata

crescita.

 

 

Rita Marcía

 




 

LIMBO

 

 

Promiscuità

 

Giuseppe ha novant’anni.

Ha il respiro forzato,

le labbra screpolate,

negli occhi

uno spesso strato

di malinconia.

È nel reparto

di osservazione,

limbo dei malati

dal destino ignoto

deposito

di uomini e donne

sofferenti

nella lunga attesa

di un letto.

Qui c’è solo un corpo

buttato su una barella,

accanto ad altri corpi

in promiscuità.

Forse all’inferno

‒ pensa Giuseppe ‒

c’è questa stessa

luce fredda,

questa solitudine

affollata, ci sono

questi lamenti,

questi dolori.

Solo raramente

appare qualcuno:

un figlio, un amico.

Hanno un borsone

in mano,

un thermos, un frutto.

Portano una carezza,

una parola,

un po’ di consolazione,

una breve attenzione.

C’è da imboccarlo,

lavarlo, cambiarlo,

controllare la flebo,

la febbre, le medicine.

Ma soprattutto,

Giuseppe

ha bisogno di amore.

 

 

Liliana Macera

 




 

FRONTE DELL’ODER, 1945 – FRAMMENTO DI PURGATORIO

 

gemina-10

 

«Stanotte, mentre l’artiglieria nemica

taceva e le stelle rilucevano,

è sorta in me una strana domanda

e un presagio:

cosa sto veramente facendo qui

con questo mitra tra queste macerie?

Improvvisamente ho percepito

la mia nera arma come un’antica daga

romana, baluginante in non so

quale foresta della nostra Germania».

 

«Io invece ho spesso sognato che scappavo, vestito in uno strano modo,

per una palude costeggiata

da immensi salici mentre grida

terribili salivano da ogni parte».

 

I due giovani soldati si accesero

una sigaretta mentre la fresca

brezza dell’aspra primavera baltica

disperdeva le nebbie dell’aurora.

 

«A volte, da bambino, sognavo

anch’io di scappare

tra alberi immensi, e barbari

dipinti in volto, assetati di sangue».

«C’è chi dice che nei sogni

ricordiamo frammenti d’esistenze

passate sotto altri firmamenti…».

 

«Si vede che entrambi siamo fuggiti

in chissà quale rovinosa disfatta,

perduta in chissà quale secolo,

forse di questa stessa terra…».

 

«O poco piú a Sud! –

aggiunse con un ghigno Karl. –

Forse eravamo tra quei pochi

Romani che riuscirono a fuggire

dal massacro di Teutoburgo».

 

«Già – scosse la testa Franz

con un gesto d’approvazione.

– forse siamo stati fra quei vigliacchi

che, presi dal terrore,

hanno abbandonato le insegne

e i fratelli all’orrore».

 

I due si guardarono e sorrisero:

«E magari adesso dobbiamo

scontare quell’antica colpa qui e…».

 

Un’improvvisa esplosione

e una grandine di proiettili

interruppe quello strano dialogo:

i russi avevano ripreso l’assalto finale

a quelle ultime postazioni sull’Oder,

presto la strada per Berlino

sarebbe stata aperta.

I due ripresero a sparare

con le mitraglie che erano

rimaste efficienti, ma ormai

i carri e la fanteria rossi

incombevano inesorabili.

Sovrano, il sole s’era alzato

sopra una nube di polvere e di spari,

numerosi colpi raggiunsero i due

ma non indietreggiarono di un passo.

Prima che la Vergine Morte

giungesse a chiudere finalmente

i loro occhi, pieni di sangue

e lacrime, rividero i loro compagni

della Legio XIV Gemina

schierati, con le insegne e l’Aquila,

sorridenti.

 

Marco Rossi