Le Fonti del Clitunno, nei pressi di Campello, in direzione Spoleto per chi viene da Perugia, sono alimentate da sorgenti sotterranee che sgorgano naturalmente da fenditure nella roccia. Le loro acque alimentano un laghetto che si colora magicamente dei riflessi della natura circostante. Lungo le sue sponde sorgevano al tempo di Roma sacelli, ville e terme. Vi è documentata pure la presenza di un Lucus, cioè di un bosco sacro.
Rigogliosa la fauna e la flora circostante. Ma veniamo a quella che è la sua storia. Fin dai tempi di Roma, e ancor prima, le sue acque, piú abbondanti delle attuali, erano navigabili, e la sorgente, considerata sacra, era dedicata a Giove Clitumno, personificazione dell’omonimo fiume, in nome del quale furono costruiti diversi tempietti.
Le fonti assunsero l’aspetto attuale solo nella seconda metà dell’Ottocento, per opera del conte Paolo Campello della Spina, il quale riorganizzò gli spazi, le colture arboree e creò l’attuale laghetto.
La bellezza naturale di questo luogo ha ispirato da sempre poeti e intellettuali; nell’antichità le sorgenti furono cantate da Plinio il Giovane in una delle sue Lettere e descritte da Virgilio, che nelle Georgiche cita il dio Clitumnus, oltre che da altri autori classici. Secoli dopo ne scrissero Corot, Byron e Carducci, il quale le consacrò nelle sue Odi Barbare:
Ancor dal monte, che di fóschi ondeggia
frassini al vento mormoranti e lunge
per l’aure odora fresco di silvestri
salvie e di timi,
scendon nel vespero umido, o Clitumno,
a te le greggi…
Plinio il Giovane cosí scrive nelle sue Epistole: «V’è una piccola collina tutta coperta da antichi e ombrosi cipressi, ai suoi piedi scaturisce una fonte da molte e ineguali vene, prorompendo forma un laghetto che si spande cosí puro e cristallino che potresti contare le monete che vi si gettano e le pietruzze rilucenti …Sorge lí di presso un tempio antico e venerato, v’è dentro lo stesso Dio Clitumno, avvolto nella pretesta che l’adorna».
Le fonti erano famose anche per la presenza al pascolo di bianchi tori sacri alla Divinità e nel mese di maggio si celebravano i “sacra clitumnalia”, festa attestata da epigrafi, per la lustrazione del bestiame che si immergeva nelle acque cristalline per un rito di purificazione, poiché molti di questi erano poi destinati ai sacrifici nell’Urbe.
Il fiume Clitunno fu oggetto di devozione già per gli Umbri, lo stesso nome trae origine dalla loro lingua e significava “fiume insigne”, una antica epigrafe recita: «Clitumnus Umbriae, ubi Juppiter eodem nomine est»: il dio Clitumno dell’Umbria, che è chiamato anche Giove.
Tutto questo riporta quindi a tempi preromani, e le fonti furono sacre, ancor prima che a Giove, a una Ninfa che aveva qualità oracolari e le sue sacerdotesse emanavano oracoli in un Santuario lí da presso. In alcuni passi di scrittori classici si legge che la Ninfa si chiamasse Clitumna, che venne poi sostituita dal culto di Giove.
Le acque del posto erano ritenute sacre, capaci di rigenerare, in chi vi si bagnava dopo essersi purificato, la vera essenza di se stessi andata smarrita nei meandri della vita: in definitiva una rinascita iniziatica.
Pertanto le acque del Clitunno, ovvero della Ninfa Clitumna, sono il rinnovamento che segue alla morte iniziatica con conseguente rinascita e resurrezione.
Il Tempietto del Clitumno, ora dedicato al San Salvatore, poco distante dalle fonti e di cui condivide la storia, fu edificato sopra il precedente, e ne è accennato negli scritti di Plinio il Giovane, nel IV-V secolo come edificio paleocristiano, riutilizzando materiali dei preesistenti sacelli. Presenta la planimetria tipica del “templum in antis”, una delle forme arcaiche dell’architettura templare, risalente all’antica Grecia, con quattro colonne sul fronte e sopra dei capitelli corinzi e compositi, l’architrave ed il superiore timpano ornato da una croce a monogramma, affiancata da girali di vite.
La facciata si sporge sul fiume Clitunno sottostante, la cella profonda 4,32 metri e larga 3,20 metri presenta sul fondo un’abside dove è incassato un tabernacolo anch’esso a forma di tempietto colonnato. L’attuale edificio è il risultato di aggiunte di epoca longobarda, nella struttura e nelle decorazioni. Svetonio narra che l’Imperatore Caligola consultasse in quel tempio l’oracolo del Dio Clitumno, riportandone il verdetto di guardarsi dai nemici e rinsaldare l’alleanza con i Germani e i Batavi, a garanzia dei confini dell’Impero. È evidente che qui, come altrove, il Tempietto si è salvato dalla furia iconoclasta dei cristiani esclusivamente per la sua trasformazione a chiesa.
Al termine di questo viaggio tra mito e storia, il borgo di Pissignano, poco distante dalle fonti, trae l’origine del nome da “piscina Jani”, la “polla di Giano”; questa fonte, l’attuale laghetto del Clitunno, denota come già in epoca preromana, come abbiamo visto, fosse considerata, per chi vi si bagnava dopo il rito di purificazione, un luogo di passaggio tra vita e morte, come era appunto Giano, che segnava la fine e il principio dell’anno e della vita.
Davide Testa