Scrivere dell’Achillea porta a raccontarne la storia legata all’eroe greco Achille, alle sue vicende, ma qui tratteremo solo l’episodio in cui, tramite gli insegnamenti del suo maestro, il centauro Chirone, e dietro consiglio di Venere, Achille usa questa erba vulneraria per curare e guarire le ferite di Tèlefo, figlio di Heracle. Da qui il nome di Achillea millefolium di questa pianta.
Nota fin dall’antichità come erba capace di arrestare le emorragie, utilizzata per curare le ferite in battaglia, si guadagnò il nome di “herba militaria”.
È comune lungo le siepi, i fossi e nei prati, stelo dritto, foglie lanceolate sottilissime e in cima un’ombrella di piccoli fiori ravvicinati di colore dal bianco al rosato.
Fiorisce dall’estate fino all’autunno e si utilizzano le foglie e le sommità fiorite le quali emanano una fragranza aromatica.
Se ne fanno impacchi, infusi e tinture.
È sotto l’egida di Venere, e ha molte proprietà sia interne che esterne, in tisane negli stati febbrili, raffreddamenti, disturbi digestivi, meteorismo, inappetenza.
Antispasmodica sulle vie digerenti, viene usata per la preparazione di amari insieme ad altre piante. Per uso esterno, oltre a curare ferite, ha successo nelle infiammazioni della pelle, nelle ragadi, ulcere ed emorroidi, in impacchi e cataplasmi.
Le cure a base d’Achillea, come nel caso di molte erbe medicinali, devono essere protratte nel tempo per dare risultati duraturi.
In Antroposofia, oltre che essere considerata per la sua azione fortificante l’attività gastrica ed epatica, l’Achillea viene indicata come nutrimento del “corpo dell’Io”, ovvero del sistema che presiede al funzionamento psico-fisico e spirituale dell’uomo.
Rudolf Steiner del resto definí questa pianta “un capolavoro vegetale unico nel suo genere”.
L’olio essenziale che se ne trae ha un colore blu intenso e il profumo pungente ricorda l’erba appena tagliata, o anche l’eucalipto.
In passato, nelle isole britanniche questa pianta veniva utilizzata anche per predire il futuro e per pratiche di magia, e i druidi, attraverso gli steli dell’Achillea, predicevano le condizioni atmosferiche.
Anche i Cinesi la utilizzavano per predire il futuro nel rituale i Ching, oltre a curare con essa i morsi dei cani e dei serpenti.
In India la medicina Ayurvedica la impiega tutt’oggi per far abbassare la febbre.
Infine per indicare come fosse già nota anche in un piú lontano passato, in un sito di sepoltura scoperto a Shanidar, in Iraq, appartenuto all’uomo di Neanderthal, sono stati rinvenuti resti di numerose piante, tra le quali proprio l’Achillea. Molte di queste appartengono a specie ancor oggi impiegate a scopi medicinali, quali, oltre all’Achillea, anche l’Altea, il Senecio, la Centaurea e l’Efedra.
Non vi sono ancora certezze sul perché i Neanderthal mettessero queste piante vicino al defunto. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, le piante medicinali dovevano servire per fortificare e sostenere la persona morta durante il suo viaggio verso l’altro mondo.
Il ritrovamento sembrerebbe dimostrare che l’uomo del Paleolitico medio possedesse già una conoscenza delle piante medicinali.
Del resto noi sappiamo dalla Scienza dello Spirito che nel passato l’uomo era in rapporto piú stretto con la Natura, rapporto che ha man mano perduto ma che dovrà riconquistare a beneficio suo e della Natura stessa.
Davirita