La musica elettronica
Continuiamo a svolgere il filo di pensieri espressi nel mese di luglio su questa stessa rivista. Abbiamo visto che un microfono riesce a imprigionare il movimento sonoro dell’aria e in un secondo momento abbiamo analizzato i fenomeni di liberazione del suono che si ritrasformano in onda sonora. Quindi abbiamo esaminato la digitalizzazione e la creazione della musica con le apparecchiature digitali. Affrontiamo ora il problema generato dalla musica totalmente elettronica. Ebbene, la musica elettronica viene prodotta all’interno dei circuiti da un generatore in silicio, ed è totalmente svincolata dal processo di captazione esterna dell’onda sonora. Questo comporta che gli elementali dell’aria non sono coinvolti nella prima fase e quindi noi abbiamo a che fare con esseri assolutamente svincolati dal processo naturale ed asserviti al mondo dell’elettricità.
La quantizzazione metronometrica
Ancora una volta non dobbiamo allontanare con raccapriccio questa pratica diffusissima. Piuttosto possiamo comprendere che la funzione della musica elettronica con generazione di sintesi, volenti o nolenti, fa parte del bagaglio artistico di questa epoca. Accettando parzialmente questa pratica, cerchiamo di capire se esistono delle condizioni in cui l’elemento umano e naturale possa liberarsi dal grande inganno delle potenze infere che spadroneggiano nell’uso sconsiderato della tecnica. Ebbene abbiamo sperimentato per anni, e già ne abbiamo accennato fino dal 2006 sull’Archetipo, che la quantizzazione musicale è uno di quei fenomeni che vanno studiati con cura. Cos’è la quantizzazione del tempo musicale? In sostanza, la quantizzazione si riferisce al processo di allineamento delle note registrate. Il processo consente di correggere le imperfezioni ritmiche di un’esecuzione, ottenendo un risultato impeccabile, ma temporalmente asservito alla macchina.
Quando un pianista studia uno spartito tradizionale, utilizza un metronomo per determinare il tempo; i computer, invece, offrono la stessa funzionalità in forma digitale, e soprattutto riescono a correggere ogni tipo d’errore. In pratica si costringe la musica ad andare matematicamente a tempo. Il risultato è goffo e raggelante nel caso di bella musica.
Estrema razionalizzazione ed estremo sballo nel ballo
La quantizzazione è funzionale soprattutto alla musica da discoteca, poiché riesce a indurre con facilità uno stato di ebbrezza. La precisione e la sincronia dei bassi con la sezione ritmica diventa obnubilante. Se poi agiscono soltanto suoni elettrici, l’effetto raggelante dell’organizzazione sonora, una volta immesso nell’aria da altoparlanti potentissimi, risveglia la zona della volontà sessuale e stimola un calore collettivo che abbatte la coscienza individuale. L’uso di alcol e narcotici accentua il processo di affermazione subumana. In un Rave, dove lo stordimento è ricercato e voluto, la quantizzazione regna sovrana poiché la macchinazione sonora esalta l’emergere del sub-umano (HI-LO Crescendo).
Eredità culturale della precisione ritmica
Indipendentemente dalla quantizzazione elettronica, la precisione ritmica che contraddistingue i nostri tempi è enorme rispetto al passato, proprio perché il nostro gusto in questi ultimi quarant’anni si è forgiato sulla musica quantizzata. Il prodigioso violinista classico David Garrett, nato nel 1980, è l’esempio piú eclatante di questa tendenza ritmico-dionisiaca, tant’è che per questioni di cassetta tende ad esibirsi in pubblico con una sezione rock. Ma al di là delle discutibili contaminazioni, si noti la precisione ritmica con cui Garret interpreta l’Estate dalle “Stagioni” di Antonio Vivaldi (L’Estate – David Garret).
Ora lo si confronti con lo stesso brano (puntate l’ascolto a 1’38”del video) di un grande violinista come Gidon Kremer, nato nel 1942 (L’Estate – Gidon Kremer). Oggi la sensibilissima prestazione di Kremer appare ritmicamente “sgangherata”, anche se è accompagnata da un complesso pregevole come l’English Chamber Orchestra. Il confronto rende l’idea del sottile mutare della cultura ritmica tra una generazione e l’altra, prima e dopo l’avvento della quantizzazione meccanica.
Usare computer diversi per generare sequenze casuali
Mi scuso anzitempo con tutti i lettori non musicisti se gli argomenti trattati potranno apparire complessi, saranno comunque curiosi e stimolanti. Dopo oltre trent’anni di sala d’incisione ho scoperto che sequenze musicali senza tempo, prodotte da diverse apparecchiature indipendenti e disallineate, cioè non connesse tra loro né con circuitazione MIDI (MIDI, Musical Instrument Digital Interface è il protocollo standard per l’interazione degli strumenti musicali elettronici, anche tramite un computer) né digitale, si crea un fenomeno strano. In pratica se si attivano dei computer (o sequenziatori /sequencer) programmati da mano umana e fatti partire dalla mano umana (con un clic o un play) si creano dei cicli casuali di interazione fra una macchina e l’altra. Cicli che ovviamente devono essere musicalmente compatibili nella loro semplicità. Questa aleatorietà ha un suo pregio e crea un effetto rilassante e benefico esattamente opposto a quello costrittivo della musica quantizzata. Sono fasce sonore simili all’effetto pedale del tampura nella musica classica indiana (si tratta di un effetto armonico o monofonico di accompagnamento, in cui una nota o un accordo sono suonati in modo continuo per buona parte o per l’intera composizione, sostenuti o ripetuti, e spesso determinano la tonalità della composizione stessa), sono orbite mai eguali a loro stesse che creano tessiture imprevedibili e sempre nuove. E qui viene il punto: certamente anche con una stessa apparecchiatura opportunamente programmata sarebbe possibile creare un effetto materialmente analogo, ma non è la stessa cosa! L’intervento umano su unità di calcolo diversificate cambia lo scenario eterico del suono. Non abbiamo ancora spiegazioni che possono fornire la chiave del dilemma scientifico sul “perché” di un simile risultato. È questa una domanda che affidiamo agli scienziati del futuro.
Le inspiegabili etichette
Esiste un mondo sommerso nel settore audiofonico cui la scienza attuale non sa dare risposte. Ad esempio, il WA-Quantum GMBH (nella foto è appiccicato su un altoparlante elettrostatico) è un prodotto di alta tecnologia, operante a un livello che viene definito sub-atomico. Questo dichiara la casa produttrice: «I nostri prodotti migliorano l’efficienza del flusso di corrente e la trasmissione del segnale nei dispositivi audio, inclusi fusibili, condensatori, testine da giradischi, trasformatori, trasduttori e cavi». La casa produttrice evita di spiegare il funzionamento delle sue etichette adesive, badate bene, parliamo di semplici etichette autoadesive che inspiegabilmente migliorano il suono di cavi, altoparlanti e strumenti musicali già discretamente buoni. Naturalmente nelle chat dei cultori di alta fedeltà si sollevano dubbi e ironie, perché una semplice etichetta adesiva, razionalmente, non potrebbe migliorare la nitidezza del suono, anzi con la sua massa dovrebbe peggiorare la prestazione vibratoria dell’oggetto. Nelle stesse chat tutti dimostrano stupore dopo aver empiricamente constatato che il fenomeno è reale. Anche questo è un quesito da affidare agli scienziati di domani.
La memoria dell’acqua
Usciamo per provvisoriamente dal contesto audiofonico per sottoporre un prodotto che mai avremmo considerato come efficace. Ancora una volta ci sono effetti scientificamente inspiegabili, perché imprimere un codice capace di produrre effetti benefici è cosa che non rientra nell’ambito della fisica tradizionale. Si tratta di una bottiglia, un contenitore per l’acqua, che viene prodotto in Slovenia (Flaska). Attraverso una certa procedura viene impresso sul vetro un programma vibrazionale che contiene diversi tipi di informazioni. Intendiamo dire che un elemento “simbolico” migliora la qualità dell’acqua.
L’idea di imprimere un codice quantico a un contenitore ha avuto origine da un’esperienza pratica che coinvolgeva la coltivazione delle fragole. Durante questo processo, i ricercatori hanno osservato una notevole differenza tra le fragole innaffiate con l’acqua convenzionale e quelle innaffiate con acqua “strutturata”. (un tempo si sarebbe pensato all’acqua benedetta).
Questa bottiglia mi è stata consigliata dal medico (persona serissima che piú volte mi ha curato), ma mantenevo ancora dei piccoli dubbi sulla possibilità che un codice simbolico renda piú sana e buona l’acqua. Fu allora che ricordai che, anni or sono, mio fratello mi aveva parlato di aver fatto un test cieco di gradimento dell’acqua con i suoi colleghi d’ufficio. Tutti avevano considerato l’acqua di Flaska come piú buona al palato. Ancora una volta il trattamento quantico apre interrogativi enormi alla scienza classica. Il confine che avvicina il fisico all’eterico si sta assottigliando.
Ulteriori progressi della fisica post quantica
Arriviamo cosí a un saggio scritto da Federico Faggin, che è un membro riconosciuto dell’Accademia Nazionale d’Ingegneria degli Stati Uniti e ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per i suoi contributi alla tecnologia dei microprocessori e all’industria dell’elettronica.
La sua influenza nel campo è stata fondamentale per lo sviluppo dei computer moderni e delle tecnologie digitali. Egli è un idolo, un eroe, per tutti gli scienziati e appassionati di quel campo. Ebbene Faggin ha avuto un’esperienza luminosa, una teofania. Una notte andò a prendere dell’acqua fresca in frigorifero e poco dopo si accese in lui un’esperienza durata piú di un’ora, esperienza che gli cambiò la vita. Da allora si è dedicato alla fisica post quantica e ha evidenziato (in termini comprensibili all’ambiente scientifico), quanto siano primitivi i risultati dell’intelligenza artificiale rispetto alla coscienza pensante e al sentire e al volere umano. Faggin ha tentato di sistematizzare le sue intuizioni e noi rileviamo che in lui risuona ancora qualcosa di lontanamente legato all’Oriente.
Sembrerebbe non esistere una relazione diretta tra il pensiero di Federico Faggin e il Trattato del Pensiero Vivente di Massimo Scaligero, però non è scontato il fatto che un fisico arrivi per vie traverse ad alcune conclusioni filosofiche analoghe. Chi vive in comunione con la Scienza dello Spirito può trovare il libro di Faggin elementare, in quanto mancante del collegamento sacrale e tecnico con la via Rosicruciana, ma ciò che ci deve ancora una volta far riflettere è che l’attività matematico-scientifica protratta per una vita da Faggin, ha sviluppato una attitudine alla concentrazione su pensieri obiettivi. Alla fine, tale attitudine è sbocciata in intuizioni veritiere.
Scaligero scrive nel Trattato che: «Lo sbrindellamento del pensiero viene appena sanato dal pensiero fisico-matematico», ed è proprio cosí. Noi auspichiamo che Faggin arrivi a considerare il ruolo decisivo della tecnica della concentrazione del pensiero piú importante di un’antica rivalutazione del sentire.
Comparando quanto di meglio ci è offerto dalla scienza “ufficiale” con l’opera di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero, ci rendiamo conto dell’immensità di quanto ci è stato donato. Sta a noi portare nel laboratorio della nostra coscienza e della nostra vita i tesori della Scienza dello Spirito.
Salvino Ruoli