Bianchi oleandri
che alla luna d’agosto
donate un inno
di bellezza e di vita;
tigli che al vento lieve
della notte danzate.
Nel nido caldo
i giovani merli
sognano il verde prato
sul quale all’alba
planeranno lieti.
Desti
gli spiriti dell’aria
sulle note del vento
modulano il volo;
sui bianchi fiori posano,
sulle foglie dei nespoli,
sui rami degli abeti,
sui calici delle magnolie
espansi.
E dai cieli
gli angeli sorridono.
Alda Gallerano
MARE
Sfringuellano allegri
chiari e umili
esseri d’acqua
inermi e muti.
S’aggiustano in branco
sguisciano e saltano
esistenza goduta
di cielo salato.
Potesse l’uomo
gioire ugualmente
scevro da pene
affanni e tormenti.
Schiude un pensiero:
forse il parlare
né certo né fiero
sia morbo mortale?
Marcello Sebastiani
LA NOSTRA SPERANZA
Avemmo adito alla speranza
tra i neri canicci e le castagne
di dicembre, e la neve
dilagante dagli alti speroni
dell’Appennino?
Nutriamo forse una speranza
tra le case di pietra
sui margini di profonde gole
dove i torrenti mormorano
minacciosi d’autunno?
E i mulini, la farina,
tra il brontolare sordo
delle donne
e il nascere e morire
dei bambini, e i vecchi,
i nostri volti vecchi,
le rughe, i bastoni, il fumo
delle pipe e dei focolari,
tutto questo fu
la nostra speranza, dunque?
Certo anche il verde
dei pascoli d’altura
nella primavera matura
e nell’estate dei lamponi
e dei neri mirtilli,
corse coi cani e le pecore
nell’azzurro purissimo del cielo
e nello scintillare sovrano
delle stelle e della muta luna,
certo queste lievi
brezze dell’anima
furono la nostra speranza.
E chi ci parlò di Cristo
e di un’altra vita su altri pascoli
e frondose vergini selve.
Neri preti dalle mani secche
e dalle parole severe,
e incenso, strano odore
di strana rugiada,
e sguardi abbassati
coi cappelli in mano
al passare di Dio
e del Ricco e del Padrone…
Fu dunque questa
la nostra speranza
covata all’ombra
d’infiniti castagneti
sotto muti rotanti firmamenti.
Marco Rossi
IL DESERTO
Di deserto ci si ammala:
ci si innamora
delle albe, dei tramonti,
delle stelle cosí vicine
che sembra poterle accarezzare.
Dune di sabbia
uguali e illimitate
capaci di mutarsi con il vento.
Sono come
i miei personaggi principali
con la loro ricchezza psicologica,
capaci di muoversi,
svilupparsi, trasformarsi,
senza essere mai prigionieri.
Sono sola
in questa musicalità irreale.
Il vento solleva
microscopici granelli di sabbia
che sfiorano il mio viso.
Ci sono presenze,
voci confuse,
irreali antenne
che cercano qualcosa nel cielo:
non piú uno spazio fisico
ma animico,
che porta i suoni verso l’alto.
Forse è soltanto un sogno
che riempie questo silenzio
e crea immagini.
La lettura placa l’inquietudine
del mio Spirito,
allarga il mio respiro,
arricchisce la mia esperienza,
mi permette di diventare
padrona del vuoto.
Non cerco altra felicità,
altra gloria,
tranne quella della creazione.
Lirica e dipinto di Liliana Macera