La chiesa posta sopra il gran canale
apre solo domenica mattina.
Un’allegra brigata di studenti
abborda il ferry per il tour del porto.
Sono d’un molto chic college francese,
celiano irriverenti, dissacrando
il vibrante silenzio del pontile
sul fiume germogliato di catrame.
Dite: si va a vedere “Terra moriens”?
La mostra è aperta ininterrottamente
al quarto piano, dopo una spirale
di scale modellate in legno antico.
Andiamo invece nella Böttcherstrasse,
dai Sette Fannulloni della fiaba
che di pigrizia fecero un’impresa.
L’hanno acconciati in guisa di fontana,
fan da pariglia a un aureo San Michele
che schiaccia il drago dalle fauci viola.
Ma se attendiamo con pazienza il tocco
‒ non perdiamo di vista gli orologi –
nella torre di Ruyssen, il mercante,
ruoterà il ciclo del progresso umano
scandito da un allegro carillon
fatto di non so quante campanelle.
La Terra è in agonia, già lo sappiamo,
schiumano i fiumi, sudano veleni
i grandi boschi per le piogge al cloro…
Occhio piuttosto a non mancare un giro
alla kermesse offerta sulla piazza
con frikadellen, cipolade e krauti,
vino del Reno, kellerine e canti.
Sorveglia questa fiera della gola
Rolando il paladino, che troneggia
tra gli ombrelloni variopinti e i banchi
di würstel, strudel, birra e limonaden.
E sul sagrato della cattedrale
gotico fiammeggiante, tempio austero,
una troupe TV monta un parterre
con microfoni, cavi e cineprese:
vogliono immortalare questa festa
di polli arrosto e file di salsicce,
purché dimentichiamo che là dietro,
oltre quel carillon puntuale e allegro,
varcato il fiume grasso di bitume,
hanno allestito un tetro funerale
alla Terra che muore, e intanto bevono
birra chiara a due euro e scura a quattro.
Ma al tocco delle tre, se stiamo all’erta,
potremo riascoltare il carillon
col naso in aria e un brezel nella mano.
Fulvio Di Lieto