Vi è un monte, poco dopo Foligno, in direzione di Colfiorito, che ha il nome di Pale, Monte Pale. Prende il nome, come pure l’altipiano retrostante, da un’antichissima dea italica del mondo agro-pastorale, che non possiede un corrispettivo nel pantheon greco.
Dea dei pascoli e delle greggi, Pale, assieme a Cerere e a Fortuna, apparteneva ad una delle numerose triadi divine patrone della ricchezza e della fertilità della terra. Sotto la sua potestà era l’allevamento del bestiame, attività di fondamentale importanza in quei tempi lontani.
I suoi piú frequenti epiteti erano Montana, Silvestre e Pastoria.
Cosí era invocata nei Fasti di Ovidio: «Proteggi il gregge e insieme al gregge i pastori, e fuggano i malanni, scacciati dalle mie stalle».
Oltre al gregge, Pale proteggeva i pastori e i cani dalle insidie dei lupi o dai fauni, e le ninfe, creature divine del bosco che non amavano essere disturbate nella loro quiete.
Donava abbondanza d’acqua, erbe, lana e di tutto ciò che era utile al sostentamento dell’uomo.
Le feste di Pale, le Palilia, che si celebravano il 21 aprile, erano di origine antichissima e assumevano un carattere purificatorio per l’intera comunità e per le greggi: si accendevano mucchi di paglia o di fieno disposti in file e vi si conducevano gli animali d’allevamento, seguiti dai pastori stessi, in processione.
In seguito, alla cerimonia si sovrappose quella per il Natale di Roma. Non è un caso che la tradizione voglia che Roma sia stata fondata nel giorno sacro alla Dea, il 21 aprile 753 a.C.
Cosí scrive Tibullio:
Qui ogni anno purifico i miei pastori
e aspergo di latte, perché si plachi, la dea Pale.
Assistetemi, dei, non disprezzate i doni
che a voi vengono da un povero desco
in disadorne stoviglie d’argilla.
Roma ne farà suo il culto, e nel 267 a.C. il console Marco Attilio Regolo consacrò un tempio proprio a Pale, si pensa che il tempio e il culto di Pale fosse localizzato sul Palatino, da qui il nome di uno dei colli di Roma.
Anche il termine latino “pallidus” viene fatto risalire a lei, come immagine della antica Dea Bianca, portatrice del chiarore lunare, nel suo aspetto notturno di Dea Luna.
Ma Pale era anche un termine che indicava un pezzo di terra delimitato da confini e destinato alle coltivazioni, dove il bestiame non poteva entrare.
I suoi attributi sono il fuoco della fiaccola, l’acqua delle sorgenti montane, il pastorale (bastone ricurvo ereditato poi dalla religione cattolica per i vescovi) e talvolta lo scettro o le corna d’ariete.
Ora lassú in alto sul Monte di Pale, dove un tempo esisteva il sacello dedicato alla Dea, una croce deturpante in tralicci di ferro alta 16 metri, fatta sorgere nel 1900, oltre a numerose antenne e ripetitori è il prezzo da pagare per l’avanzare della tecnologia.
Nei pressi sorge l’antico Eremo di Santa Maria Giacobbe; la tradizione afferma che deve il suo nome al fatto che fu costruito sul luogo dove si ritirò Maria Giacobbe, “Maria de Iacoba”, la madre di Giacomo, dopo aver assistito alla Crocifissione. Sorge sull’antica Via Lauretana ed era considerato un santuario terapeutico. Le testimonianze documentarie lo fanno risalire alla fine del 1200, ma alcuni elementi architettonici fanno supporre che esso sia stato eretto su di un preesistente insediamento pagano.
All’interno affreschi di scuola umbra del ’200/’300, tra cui un Cristo Benedicente e un Cristo Trionfante, con tunica e corona, i cui piedi sono in due calici di fattura diversa, una Madonna bizantina, l’affresco forse piú antico, un san Sebastiano e sant’Agata, storie della vita di Maria Vergine e altri.
Infine, a dare maggior valore al luogo, si possono ammirare le cascate del Menotre, un impetuoso torrente che forma salti d’acqua tra gole rocciose.
Spiritualità, storia, natura ed arte che si fondono a creare un luogo decisamente magico.
Davide Testa