In questo articolo ci occuperemo di un concetto molto importante in economia, quello di “spostamento economico” e per introdurlo ci riferiremo a un brano tratto da I Caposaldi dell’Economia di Rudolf Steiner (O.O. N° 340».
È Steiner a scrivere in prima persona: «Prendiamo un esempio semplicissimo tratto dalla vita vissuta. Un signore mi disse una volta: “A me piace assai spedire delle cartoline illustrate ai miei amici; ne scrivo molte, moltissime”. Io gli risposi: “A me non piace affatto spedire cartoline illustrate, e precisamente (allora non ero ancora tanto occupato come adesso) per ragioni economiche”. “Perché?” mi domandò l’altro. Io risposi: “Perché, involontariamente, per ogni cartolina illustrata che spedisco, sono portato a pensare che forse un portalettere ha da salire fin su al quarto piano per recapitarla. Io determino uno spostamento nel processo economico. Non è il lavoro del portalettere quello che conta, e nel caso del portalettere è difficile distinguere il servizio dal lavoro. E il servizio deve essere calcolato. Se dunque mi piace spedire molte cartoline illustrate ai miei amici, io aumento in modo antieconomico i servizi che hanno da compiere i portalettere”. Quel signore ribatté: “Ciò non è pensato economicamente, poiché se si stipula che un portalettere abbia da prestare un determinato servizio, se le cartoline che la gente scrive saranno molte, verranno assunti nuovi portalettere, e quindi un maggior numero di portalettere riceverà il suo salario. Io sono dunque veramente un benefattore degli uomini assunti per quell’impiego”. Al che non potei fare a meno di rispondere: “Ma produce Lei in piú tutto quello che mangiano le persone che vengono cosí assunte per quell’impiego? Lei non aumenta i generi di consumo, non fa che provocare uno spostamento. Per il fatto di dare impiego a un maggior numero di portalettere, non si aumentano i generi di consumo”. Ecco ciò che nel caso singolo provoca spesso gli errori piú madornali, perché se in determinate circostanze tipi come quello diventano anche solo consiglieri comunali, ma potrebbero anche diventare ministri, essi direbbero che se ci sono dei disoccupati basta fare qualche costruzione nuova, e cosí si impiega la gente. Certo per l’immediato si è risolto il problema, ma non si è prodotto nulla di nuovo. Gli operai nel loro complesso non hanno da mangiare di piú di quanto non ne avessero prima. Facendo abbassare il piatto della bilancia da una parte, dalla parte opposta esso deve salire. Se dunque provoco qualche fatto, non mediante un provvedimento connesso con tutto il processo economico, bensí con un solo provvedimento isolato, da qualche altra parte dovrà prodursi un disordine economico. Se si imparasse a osservare i fatti, si farebbe questo calcolo: se vogliamo rimediare ai mali sociali col far costruire ai disoccupati nuovi edifici, potremo sí procurar loro del pane, ma solo facendo rincarare altri prodotti per innumerevoli altre persone».
Se analizzassimo questo esempio ai nostri giorni, per prima cosa osserveremo che a differenza dei tempi Steiner, i primi due decenni del secolo scorso, oggi i generi di consumo sono in eccedenza e quindi si presenterebbe il problema inverso. Se ai tempi di Steiner si sarebbe creata inflazione con l’aumentare i generi di consumo, oggigiorno il problema è essenzialmente quello di razionalizzarli. Infatti se i dirigenti dell’industria alimentare e coloro che gestiscono i supermercati, si ponessero la briga di stabilire un corretto fabbisogno per evitare le eccedenze, il che dovrebbe essere loro compito, già avremmo un grosso miglioramento del settore.
Sorgerebbero altri problemi, dato che l’industria intensiva dell’alimentare riesce ad abbassare i prezzi secondo il concetto: maggiori sono le coltivazioni e maggiore è il raccolto. Ma al consumatore interessa principalmente la qualità, e quindi se si riuscisse a far dialogare queste catene alimentari con i difensori dei consumatori e i consorzi agrari, tutti ad un tavolo, forse si riuscirebbe a creare un settore di qualità. Ci sarebbe forse la catena degli intermediari che avrebbe difficoltà a sopravvivere.
Diciamo comunque che questo problema è sentito, e la risposta al giorno d’oggi a questa problematica è il chilometro zero, che è un primo tentativo di migliorare un settore che sta prendendo una brutta piega. Se esaminiamo ad esempio l’abitudine dell’asporto, che si è diffusa a seguito della pandemia, e sostituiamo il fattorino al portalettere, e le pizzerie e le paninoteche alle poste, e rileggiamo il brano di sopra, capiremo che tutti i costi aggiuntivi si scaricano sul prezzo. Per evitare un prezzo improponibile, e quindi la caduta del settore, l’industria ha ideato una contrattazione selvaggia, distruggendo il giusto compenso, tanto che oggi fattorini e trasportatori sono la categoria piú martoriata d’Italia.
Che cosa manca principalmente a questa società? L’interesse verso l’altro. Ciascuno va per i fatti suoi e cosí pensa di poter rimanere a galla, ma le cose non stanno proprio cosí. Dobbiamo renderci conto del fatto che nessuno riconosce i diritti, ad esempio dei suddetti “rider”, oppure dei rappresentanti di commercio. Per quanto tempo si può fare un lavoro tanto usurante? Dovrebbe essere compito dello Stato appurarlo. Oggi un rappresentante arriva a percorrere anche 60.000 km annuali. Possiamo pensare che queste persone potranno passare una buona vecchiaia dopo essersi tanto a lungo affaticati? Almeno, in una società sana, se non si vogliono affrontare questi ragionamenti per il proprio egoismo smisurato, questi rappresentanti dovrebbero anticipare i tempi pensionistici.
Viviamo oggi nel nostro paese un’assurdità sulla quale dovremmo iniziare a ragionare: esistono due categorie di lavoratori: quelli pubblici, superprotetti, e quelli privati, in balía di simpatie o antipatie di dirigenti o titolari di azienda. Ma dove arriveremo con queste leggi fatte ormai solo per garantire i datori di lavoro e non i lavoratori? Imiteremo la Cina, dove le aziende private sostituiscono i lavoratori piú o meno quando compiono i 35 anni? Bisogna evitare di scivolare nel sistema “usa e getta” del lavoratore, promuovendo non solo la produttività, ma anche e soprattutto il benessere sociale e morale del lavoratore. Viviamo in un paese con una giurisprudenza diversa per le mamme che fanno figli se sono dipendenti pubbliche o private, come se i bambini fossero tra loro diversi!
E parlando di diversità, anche questo è un tema scottante che preoccupa i genitori dediti al sostegno dei propri figli con disabilità e li vedono crescere: chi si prenderà cura di loro il momento che i genitori non ci saranno piú?
Oggi ancora non tutta la popolazione comprende lo stato pietoso della sanità in mano alla politica. Dovremmo volere tutti una politica fuori dalla sanità, politica che nomina i propri membri per poi richiedere continui concorsi agli aspiranti dipendenti pubblici. Compito dello Stato (oggi purtroppo in mano alla politica) è dare accesso a tutti gli anziani che ne hanno bisogno alle case di cura, di stabilire un prezzo accessibile e trovi qualche formula meno burocratica per i sussidi. In realtà si dovrebbe andare verso l’abolizione di queste continue forme di sussidi, e mi direte: come? Con la ridistribuzione della ricchezza delle grandi aziende.
Inoltre, gli introiti delle grandi aziende vanno esclusivamente agli azionisti e ai dirigenti, mentre una piccolissima parte come bonus di produzione allo stragrande numero di lavoratori, come se questi ultimi non fossero parte della loro azienda. Alcuni anni fa, un Papa in occasione di un fatto storico nazionale (vendita Fiat – Marchionne) ebbe a dire che non era possibile che lo stipendio di un amministratore delegato poteva essere piú di un milione di volte piú cospicuo di quello dell’ultimo lavoratore dell’azienda, ma che si sarebbe dovuta trovare qualche formula per limitare questi enormi divari (gli stipendi dei top manager in Italia oggi si assestano sulle 600-700 volte quello degli operai).
Analogamente bisognerebbe fare con la ridistribuzione dei bonus di produzione e degli utili aziendali, una volta ritornato il capitale investito agli imprenditori o agli azionisti con il margine dovuto.
Non ci si stancherà mai di ripetere che fino a che i contenuti dei libri come Il trattato del Pensiero vivente di Massimo Scaligero, e Filosofia della Libertà, I punti essenziali della Questione sociale e I Caposaldi dell’Economia di Rudolf Steiner non inonderanno di nuovi contenuti la nostra società, difficilmente si potrà pensare a una via di uscita dalla situazione attuale.
Marco De Berardinis