Nel testo Meditazione e Miracolo di Massimo Scaligero risulta interessante dedurre come egli proponga la tecnica esicasta (Esicasmo: quel sottile confine tra eresia e ortodossia) della preghiera continua in alternativa ai cinque esercizi, e le motivazioni a farlo.
Cosí scrive: «La Via del Pensiero che è la via diretta dell’Io, prepara un simile conseguimento. Si tratta di una via di vittoria sicura, ma per molti difficile data l’esigenza sottile del togliere, mediante essenza-pensiero, la base della sofferenza, cioè l’ego, per il quale si pongono le difficoltà e il dolore correlativo. V’è un’altra via, ugualmente valida; se si può intuire l’azione diretta dell’Io spirituale e la sua possibilità di risolvere qualsiasi oscurità, grazie al suo assoluto dominio della Materia e perciò a fortiori dell’animico e dell’eterico, si può anche comprendere a questo punto la via della preghiera continua nel cuore.
Occorre imaginare di essere nel cuore come in un tempio, in cui genuflessi s’incontra vivente il Divino e si merita di accogliere il dono della sua Forza infinita. Può essere pronunciata una preghiera continua, breve tale da potersi ritmizzare con il respiro: la frase orante può essere divisa in due tempi, venendo accordata con l’inspiro e l’espiro».
In un precedente articolo dell’Archetipo di cui si invita la rilettura, a firma di Franco Giovi, discepolo diretto di Scaligero (“L’uso di una pratica cristiana”). Ecco come il Giovi porta l’attenzione sull’argomento: «Nel 1977, per le Edizioni Mediterranee uscí un nuovo libro di Massimo Scaligero. Il titolo, a lungo meditato, era Meditazione e Miracolo. Ero da Massimo quando, terminata la bozza, stava soppesando il titolo possibile. Con amichevole gentilezza mi rese partecipe del dilemma: “Ho pensato di intitolarlo Appello ai Disperati. Tu che ne pensi?”. Io, d’istinto, arricciai il naso; Massimo vide e continuò: “Non convince neppure me, dobbiamo trovargli un altro titolo”. E lo trovò. Ho notato che Meditazione e Miracolo non è stato uno di quei testi che, come si dice, abbia fatto e faccia “furore”: mai citato, poco letto… e direi che è del tutto giusto che sia cosí, almeno secondo una logica di verità interiore. Fatto salvo che chiunque potrebbe studiarlo e meditarlo con estremo profitto…».
Ora tralasciando per un istante le speculazioni già affrontate in altro articolo e relative all’utilizzo della lingua ebraica e al nome pentagrammatico del Cristo (JOSHUAE יהשךה Iod He Shin Vav He) (Qualunque cosa chiederete nel mio nome io lo farò), proviamo a capire perché Massimo ci dona questo altro percorso alternativo per la liberazione del pensiero.
Ho personalmente assistito, in varie conferenze di antroposofia, alla richiesta dei praticanti i 5 esercizi di capire il motivo per il quale non riuscivano ad andare oltre, ad avere risultati come affermato da Steiner e Scaligero relativamente all’attivazione del Corpo Eterico. Nel testo Meditazione e Miracolo viene fornita una risposta concreta ed attuabile, attraverso la ripetizione di suoni vocali (Japa) in due tempi, ritmizzati con il respiro. Intanto è necessario comprendere che esiste una base della sofferenza determinata dall’ego e l’incapacità per alcuni del suo superamento mediante essenza-pensiero, ovvero attraverso la concentrazione su un oggetto (prodotto dall’uomo). Se si attuasse correttamente questa concentrazione, si produrrebbe una FORZA IMMANENTE (Shakti) che troverebbe manifestazione in uno dei tre centri fondamentali, o Tan Tien: testa, cuore e ventre.
Intuire l’azione diretta dell’Io spirituale significa abbandonarsi al principio del Logos, del Cristo, secondo il detto paolino: “Non Io, ma il Cristo in me”, con grandissima intenzione spirituale, senza dubbio alcuno, assoluta, sincera e priva di qualunque interesse o brama se non quella dell’amore per il Verbo-Logos, per il Cristo che dunque inizierebbe ad agire in noi con “assoluto dominio della Materia e perciò a fortiori dell’animico e dell’eterico”. A questo punto le tecniche dell’immaginazione creativa con l’immaginare nel cuore un Tempio ove si incontra vivente il Divino, vocalizzando contestualmente una frase orante in due tempi raccordati come un diapason con il ritmo del respiro, consentirebbe l’immersione nel Logos e l’attivazione del Corpo Eterico fatto di sostanza stellare.
Dante Alighieri descrive nel Paradiso questa sua esperienza con le seguenti rime estratte dal canto XXXIII del Paradiso:
O somma luce che tanto ti levi
da’ concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,
e fa la lingua mia tanto possente,
ch’una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente;
ché, per tornare alquanto a mia memoria
e per sonare un poco in questi versi,
piú si conceperà di tua vittoria.
Massimo Scaligero insegnò ai suoi discepoli la tecnica della preghiera continua legata ai due moti del respiro in questo modo: inspiro, NON IO; espiro, MA IL CRISTO IN ME. Dai miei studi sull’esicasmo, sul mosaico basiliano di Otranto e dagli insegnamenti tratti dai Vangeli, in particolare quello di Matteo 1:21 risulta:
1) che l’Angelo del Signore rivela a Giuseppe il nome del Cristo “Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Yahushua [Yah è SALVEZZA], perché Egli salverà il suo popolo dai loro peccati»”.
2) I monaci esicasti oltre alla preghiera continua in lingua liturgica greca in due tempi secondo questo incipit del respiro: inspiro, Kyrie eleison – espiro, Christe eleison, ci insegnano un’altra tecnica in lingua sacra ebraica basata sulla vocalizzazione del nome del Cristo in due tempi: inspiro, IUSHUUUUU, espiro UAEEEEEEE.
Ricordiamo al lettore che gli aspetti sacri della lingua ebraica sono dettagliati nel testo l’Archeometra di René Guénon, e nel testo Sepher Yetzirah, Libro della Formazione.
Kether