Carsulae, o Carsuli, come era chiamata in antico, è una località che sorse sull’asse della via Flaminia tra l’attuale San Gemini e Terni.
Si sviluppò specialmente in epoca romana imperiale, tra il I secolo a.C. e il III d.C., ma già in epoca preromana popolazioni italiche erano presenti in quei luoghi.
Saranno le invasioni gotiche nel IV secolo a decretarne la fine, dopo i fasti del periodo imperiale nel II secolo d.C., che videro sorgere il Teatro, il Foro, l’Anfiteatro, la Basilica, l’impianto termale, oltre a case e botteghe dell’abitato di cui restano notevoli emergenze, frutto di scavi eseguiti specialmente alla metà del ’900, e che mostrano ancor oggi lo sviluppo fiorente che ebbe la località, dove le vigne, l’olivo e le colture agricole, oltre all’artigianato, erano la fonte di reddito degli abitanti.
Tra gli edifici di cui ancora si può trovare traccia meritano una nota a parte i Templi Gemelli, o Gemini, dedicati ai Diòscuri, Castore e Polluce, figli di Zeus e Leda, molto considerati dai Greci e di cui poi i Romani assorbirono il culto. Patroni dell’arte poetica, delle danze e della musica ma pure protettori dei combattenti a cavallo, associati infine alla Costellazione dei Gemelli e alla nascita di Sirio.
Dove la Flaminia scende lungo il declivio del pianoro verso Nord-Ovest si possono notare tre imponenti monumenti sepolcrali di cui uno, a basamento quadrato, con nucleo circolare superiore, è forse il piú importante.
Carsulae, come altri siti della civiltà romana, vedrà sorgere sulle sue rovine cenobi, abbazie e chiese, come quella di San Damiano, dell’XI secolo, sorta nei pressi del Foro e in gran parte costruita con materiale di spoglio di templi e di edifici ormai in rovina.
La stessa Cesi, cittadina collinare poco distante, verrà in parte rifatta nel XIII-XIV secolo con materiali di provenienza dall’antica Carsulae.
Sempre presso Cesi, nelle strutture delle chiese romaniche di San Michele Arcangelo, chiamata anche di Sant’Angelo, e quella di Sant’Andrea, si possono notare evidenti elementi architettonici di riutilizzo e di materiale archeologico provenienti sempre da Carsulae.
Salendo nella parte opposta, tra boschi di rovere e leccio, si incontra su un pianoro la chiesa di Sant’Erasmo; nei pressi di questa, quasi all’apice del colle, si possono notare i resti della grandiosa cinta di mura poligonali relativa all’insediamento umbro.
Ancora piú in alto, verso Torre Maggiore, si notano le opere di fondazione di due edifici templari di tradizione italico-ellenistica e frequentati fino alle soglie delle invasioni gotiche.
Del Monte Torre Maggiore, che fa parte dei Monti Martani – il punto di massima altezza, 1.120 metri, è chiamato anche Ara Major – viene da alcuni storici messa in luce la funzione di Montagna Cosmica. Sulla cima, infatti, sono ancora presenti i resti di un santuario risalente al VI secolo a.C. dove, in date precise dell’anno, venivano propiziati riti dalle comunità del posto, venute a contatto con elementi di cultura celto-nordici, successivamente assorbiti dalle popolazioni locali.
Sicuramente Carsulae si formò, come agglomerato urbano, inizialmente come luogo di sosta, dopo che fu terminato, verso il 220 a.C., il tracciato della via Flaminia, che metteva in comunicazione Roma con il mare Adriatico. Con il tempo, il luogo divenne un centro di aggregazione delle popolazioni residenti nelle località limitrofe.
Il tracciato della Flaminia fu in seguito spostato verso la zona spoletina, determinando il decadimento e l’abbandono del luogo, che aveva subito anche le invasioni barbariche del IV secolo d.C.
Molto resterà ancora a lungo, o forse per sempre, avvolto nel mistero di questi luoghi dove genti e culture in secoli lontani si sono incontrate e hanno dato vita a civiltà ormai scomparse, siti e miti a volte volutamente occultati dal Potere della Chiesa e da chi nel tempo ha dominato in quelle terre.
Solo la Cronaca dell’Akasha, quando un giorno la sapremo leggere, darà risposte a molti interrogativi.
Davide Testa