Tutto ciò che di esteriore viene prodotto, tende a consumarsi. Solo l’essenza spirituale, che vivifica la volontà di operare dell’uomo, si rinnova continuamente. Di conseguenza un sistema economico si logora, decade, se la società non consente la fioritura di forze spirituali autentiche, alle quali fa riscontro un suo spazio sociale assolutamente libero. In questa deficienza può essere identificata la ragione profonda del-le continue crisi in Occidente, ove gli impulsi utilitaristici non rappresentano piú, come un tempo, una spinta produttrice. Se vogliamo che un’economia conservi la sua dinamicità, è necessario pertanto che una nuova luce interiore animi le doti dell’uomo rivolte al mondo economico, ed è opportuno che una parte delle risorse prodotte vadano ad esaudire i bisogni materiali dei partecipanti alla vita spirituale, affinché non siano posti ostacoli esteriori alla sua esplicazione.
Il primo movimento in questa direzione può essere attuato dallo spontaneo impegno del singolo o di una associazione nei riguardi delle attività spirituali, educative, assistenziali. Questo problema però non sarà mai affrontato in tutta la sua interezza se alla donazione (fattore questo quasi ignorato anche se sempre presente in ogni economia) non verrà data la sua logica collocazione. La donazione dovrebbe ave-re una importanza pari a quella attribuita alla produzione, alla circolazione e al consumo, dal momento che da essa deriva lo spazio che una economia concede alla sua forza piú attiva, al suo principio piú dinamico: lo Spirito.
Si può pervenire forse a evidenziare la funzione della donazione affrontando, anche se a grandi linee, la questione monetaria. È evidente che non vi sarebbe produzione, circolazione e consumo di merci, organizzazione di servizi nei modi attuali, se non esistesse la moneta.
Il demonio della ricchezza è qualcosa che appartiene prima di tutto al mondo delle nostre brame. La moneta di per sé è uno strumento indifferente che ci permette di procurarci una particolare merce nel momento che riteniamo piú opportuno, di organizzare una azienda, oppure di esaudire i nostri piaceri piú bassi o di dedicare una parte delle nostre risorse a piú nobili fini. Essa ci ha consentito di superare lo scomodo baratto mediante il conio in metallo prezioso, e per questo riconosciuto da tutti. Il turbinío della moneta che ci circonda, la ridda di valute, l’abbondanza dei mezzi alternativi ci hanno fatto però quasi dimenticare che il denaro ha sempre e solo una funzione di simbolo. Infatti per vivere abbiamo bisogno di scambiarci merci e prestazioni, non ci nutriamo certo di sonanti monete d’oro o di fruscianti biglietti di banca. Vi è però da chiedersi se quanto usiamo oggi come mezzo di pagamento, coincide sempre con le merci e le prestazioni o non risente ancora delle influenze crisoedonistiche che considerano l’oro e l’argento come ricchezze a sé stanti, alle quali in passato veniva attribuito un valore molto maggiore ri-spetto ai prodotti dell’agricoltura e delle attività manifatturiere.
L’enorme confusione monetaria attuale è espressione della perdita della consapevolezza della reale funzione del denaro, resa ancora piú grave dall’azione delle autorità statali, invischiate sia in concezioni che risentono delle suggestioni del passato, sia nella pretesa, mediante operazioni di ingegneria moneta-ria, di stimolare o di frenare il mercato dal di fuori. A nostro avviso una prova di tutto questo ci viene fornita dalla difficoltà a superare il concetto di copertura aurea, malgrado venga ormai riconosciuta da piú parti la fine della importanza monetaria dell’oro.
Il fine da perseguire dovrebbe essere quello di realizzare una “valuta in natura”, come la definisce Rudolf Steiner. Infatti, se noi viviamo di merci e di servizi, la somma che riceviamo alla fine del mese come stipendio, o che incassiamo come profitto, non è che una quantità piú o meno grande di tutte queste cose tradotte in un simbolo monetario.
Argo Villella
Selezione da: A. Villella Una via sociale Società Editrice Il Falco, Milano 1978.